È giunto il momento di tracciare un bilancio per Bottiglie Aperte, l’evento clou della Milano Wine Week prodotto e organizzato da ABS Wine & Spirits e Aliante Business Solution. Quest’anno – l’ottava edizione – le aspettative erano alte, dopo i quasi cinquemila operatori ho.re.ca. presenti l’anno scorso. “Abbiamo alzato l’asticella e i risultati sono dalla nostra – ha commentato Fabio Dossena, Managing Partner di Aliante Business Solution – da due anni a questa parte proponiamo ai nostri espositori un allestimento di design e una location di livello, ai nostri visitatori offriamo invece la possibilità di incontrare eccellenze del settore provenienti da ogni parte d’Italia. Il feedback positivo di chi sceglie Bottiglie Aperte sia come espositore che come visitatore è il motore di tutta la nostra macchina, la spinta per fare ancora meglio il prossimo anno.”. I numeri non mentono mai: ben 5.334 le presenze in questa edizione con una crescita del 9% rispetto al 2018. Sempre più alto.
L’evento ci è piaciuto, ha manifestato un accento fortemente business oriented, con una fetta importante di privati appassionati, presenti specialmente domenica. Super Studio Più si conferma una location versatile e funzionale e l’allestimento, minimalista ed espressivo al tempo stesso, con una struttura aerea in legno che richiama la rappresentazione del DNA: un’onda morbida e rotante, un passaggio ideale dalla tradizione al futuro. La disposizione degli stand è stata armonica e pratica, con l’area food separata e ben isolata. L’organizzazione interna (security, servizi e stoccaggio bottiglie) non ha mai scricchiolato, nemmeno nei momenti di maggiore afflusso.
I nostri assaggi migliori
La prima segnalazione dai banchi di degustazione arriva da Sala, in pieno Monferrato. Uvamatris è una realtà piccola, se vogliamo: quattro ettari vitati, a più di duecento metri sul livello del mare. Un territorio tradizionalmente dedicato alla viticoltura, favorita da terreni di natura calcareomarnoso, declinata specialmente alla produzione di vini rossi. A sorprenderci, invece, è stato un bianco: Monferrato Bianco Aurora 2016, chardonnay in purezza. Il calice sin dal profumo grida subito alla tanto celebrata mineralità, nell’accezione più sapida possibile. L’intensità salina si conferma in bocca, dove scorre rapido e deciso, sulle note di una texture armonica e riconoscibile.
Il secondo vino che vogliamo segnalarvi ha già una propria visibilità, e spesso genera pareri discordanti, non tanto per la qualità intrinseca – indiscutibile – quanto per l’approccio concettuale: produrre vini di chiara impronta borgognona in Oltrepò. Corvino San Quirico, sede di Tenuta Mazzolino, e Mersault sono divise da 580 chilometri: la famiglia Braggiotti, proprietaria della Tenuta, ha inteso ridurre questa distanza. Ha intuito le potenzialità dei luoghi, delle vigne di pinot nero e chardonnay e si è affidata al winemaker Kyriakos Kynigopoulos per indirizzare la produzione verso lo stile desiderato. Nascono così Noir e Blanc, semplicemente. Provammo il Noir, in una splendida verticale, in occasione dell’ultimo Vinitaly. E a Bottiglie Aperte è stato il turno di Blanc, annata 2018 e 2012. Quest’ultima è risultata potente, specie all’esame olfattivo, dove emergevano i sentori di crema al limone e vaniglia, frutta esotica e timo, con un’evidente traccia boisé. Complessità olfattiva, dunque, ben affiancata al sorso, che si dipana scandendo con precisione le componenti ne costituiscono il nucleo. Più immediata, e non solo per la giovane età, l’annata 2018 che perde l’austerità della 2012, guadagnandone tuttavia in agilità.
Segnalazione anche per la Barbera d’Asti La Bogliona 2013 di Scarpa, pensata non già per sfidare il tempo, ma per esserne amica. Proveniente dall’omonimo cru, diviso in tre appezzamenti, La Bogliona è frutto di un affinamento simile a quello previsto per il Barolo. Scarpa, lo sapete, è un’azienda che fa della tradizione la propria stella polare: questo vino è una gemma che – colpevolmente – non avevo mai provato. Ho gusti precisi, persino radicali sulle barbera vinificate in legno. La Bogliona è una delle poche che resetta il retro-pensiero, ridisegna il concetto del vitigno, senza allontanarsi dall’autentico concetto di vino “semplice” e gastronomico ma anzi arricchendolo, con uno stile identificabile. Il naso nel calice viene accarezzato da un caleidoscopio netto di peonia e iris, poi i tocchi di frutti rossi, more di rovo e confettura di ribes, seguiti da un’ispirazione di vaniglia e cannella. Il sorso è avvolgente, caldo, preciso nel tratto balsamico e dal tannino smussato. Se avete passato una brutta giornata e volete fare pace col mondo, un calice di La Bogliona è il giusto rimedio.
Dopo tre segnalazioni dal nord… Etna. Già, Etna: la nuova El Dorado, la meta più ambita dagli investitori di mezzo mondo, che hanno individuato nelle terre da Muntagna il sentiero verso un sopraffino futuro enologico, a partire dal maître à penser del vino italiano Angelo Gaja. Non avevo mai provato i vini Fischetti, per cui mi sono avvicinato al banco con grande curiosità. Apprendo dalla signora Angela le informazioni base dell’azienda: sorta attorno alla seicentesca Tenuta Moscamento, può contare su un vigneto di pochi ettari a 650 metri sul livello del mare, naturalmente allevato ad alberello. Molteplici le varietà presenti: nerello mascalese, innanzi tutto, a cui si affiancano nerello cappuccio, carricante e catarratto, minnella, moscatella dell’Etna, ma anche il grecanico e la coda di volpe. L’Etna Rosso Muscamento 2014 si propone testimone fedele di un’annata che contrariamente alla maggioranza delle altre regioni d’Italia, è da considerarsi una delle migliori degli ultimi dieci anni. Chi conosce le caratteristiche della denominazione, tuttavia, ne riscontra le differenze dalle annate più calde: meno opulenza al naso e in bocca a favore di sfumature inedite, esaltate dalle consuete note minerali e balsamiche. Il finale in progressione è sorprendente. Segnatevelo.
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