Ci siamo! Mancano pochi giorni e la 53ª edizione del Vinitaly prenderà il via: oggi, con le cantine presenti ai padiglioni B, 3, 5, 6,7 e 8 concludiamo i nostri articoli ricchi, ma che dico? ricchissimi di disinteressati consigli per gli assaggi, tratti dal catalogo ufficiale. A questo link troverete il primo dei post Road to Vinitaly, quello con i padiglioni PalaExpo, A, 1,2, 4 e a questo il secondo post, che tratta le aziende dei padiglioni D, 9, 10, 11 e 12. Potrete contare sua una guida ready to use da stampare o tenere a portata di mano sul vostro smartphone. A questo link potrete visualizzare la mappa ufficiale, noi vi consigliamo anche di scaricare la app, disponibile su App Store e Google Play.
Ribadiamo le solite avvertenze: con Road to Vinitaly non intendiamo dare una risposta definitiva, non contiene “The best of” ma ci limitiamo a fornire un’interpretazione su come spendere il tempo una volta giunti in Fiera.
Ultima nota: non abbiamo la certezza che i vini indicati saranno effettivamente in degustazione.
La Campania è nel cuore di ogni appassionato di vino, con le sue specificità, le zone territoriali ben evidenti, l’altissimo numero di vitigni autoctoni. L’Irpinia, con le sue denominazioni classiche, è il distretto più noto e produttivo ed è, tuttavia, in buona compagnia: negli ultimi anni si è messo in evidenza il Falerno del Massico, seguito dal Sannio e dal Cilento. Meno bene i Campi Flegrei e l’Asprinio di Aversa, che hanno registrato una inaspettata riduzione delle vendite.
A proposito di Cilento, Albamarina (stand C2) si trova a Centola, sul versante costiero della regione cilentana: una regione dove la natura incontaminata è regina, tra i paesaggi verdi del Parco nazionale e l’azzurro dei litorali. E dove storicamente si fa dell’ottimo vino. Su imbeccata ho individuato nel fiano Valmezzana il vino da provare: vinificato in acciaio sur lie per tre mesi e successivamente affinato in bottiglia per almeno sei mesi.
Qualcuno l’ha definito “il Barolo del sud”: stiamo parlando del Taurasi, a detta di molti la massima espressione qualitativa per i vini rossi del sud Italia. Gianpaolo l’InviNato Speciale mi ha ha dato una dritta e mi ha indirizzato al Taurasi Appia Antica della Cantina Riccio, allo stand D2.
Per l’ultimo consiglio rimaniamo sia in Irpinia che allo stand D2, dove alberga Colli di Lapio: è una cantina piuttosto nota, semplicemente perché… fa degli ottimi vini. Cercheremo di provarne più d’uno ma la palma del più ricercato va al Greco di Tufo Alèxandros.
È uno spazio con diverse regioni italiane, tra cui il Trentino. L’enologia trentina ha raggiunto valori notevoli con l’espressione spumantistica: per me le bollicine nazionali più buone bevute nell’ultimo anno sono trentine. Tra i rossi passi da gigante per i Teroldego. Allo stand E3 troverete Marco Donati, da Mezzocorona, interprete di una produzione limitata a conduzione familiare che merita di essere provata: tra gli altri consiglio di degustare Sangue di drago, teroldego dal nome evocativo che esprime bene le caratteristiche del terroir e del vitigno.
Vi ho parlato di bollicine eccellenti e allora ecco Revì, allo stand B1. In passato abbiamo provato con soddisfazione Dosaggio Zero e siamo curiosi di degustare anche gli altri spumanti di casa.
Il Lagrein è un vino che può sviluppare profumi coinvolgenti e sapori dalla stoffa inconfondibile. Non posso dirne di averne provati molti ed è anche per questo che allo stand B1 visiterò anche Bellaveder: il Lagrein Dunkel Mansum Riserva ha fama di vino pregiatissimo, balsamico e di carattere.
Ancora tanto Veneto al padiglione 5, con una spruzzatina di Piemonte. All’ultima Anteprima del Chiaretto abbiamo modo di scoprire i rosati di Giovanna Tantini, ospite dello stand A3. Un’occasione per assaporare anche gli altri prodotti, tra cui il Custoza.
E un altro vino bianco di cui si parla tanto ma tanto bene è il Riesling renano Collezione di Famiglia di Roeno, allo stand E3. È una selezione delle selezioni, prodotto solo nelle annate migliori.
Nelle terre del Prosecco non si beve solo spumante: in Tenuta Baron, la produzione è orientata alla spumantistica ma fornisce spunti molto interessanti anche per i vini rossi. Baronico è un cabernet sauvignon di spessore, provatelo, lo trovate allo stand B2.
Nonostante le dimensioni geografiche ridotte l’Alto Adige possiede stile e personalità vitivinicola identificabile, fondata sempre più spesso sulla sostenibilità: particolare non di poco conto, tenendo presente, inoltre, la varietà produttiva altoatesina, capace di spaziare da grandi realtà cooperative a piccoli produttori part time. In questo contesto l’Abbazia di Novacella (stand D3) rappresenta un riferimento senza paragoni: in abbazia si vinifica sin dal 1142, esaltando le coltivazioni autoctone. Il mio suggerimento va in direzione del Kerner, vino di territorio, a torto non sempre premiato dal mercato.
Ignaz Niedrist: un altro must. Lo troverete allo stand C3, disponibile e cordiale, pronto a comunicarvi i suoi vini: il suo Pinot nero Riserva ha un linguaggio inedito per un pinot nero, coniugato come sempre sulle sfaccettature tipiche varietali ma con una maggiore spinta strutturale. Allo stesso stand C3, potrete provare i vini di Baron Di Pauli: sono tutti davvero interessanti ma dovendo scegliere indirizzatevi verso Kalkofen, schiava 100%, manifestazione pura di forza e purezza.
Anche per le Marche il trend è in crescita qualitativa: il verdicchio è sempre più vitigno simbolo regionale, declinato nelle denominazioni Castelli di Jesi e Matelica, affiancato dalle ascese costanti di pecorino e bianchello. Per i vini rossi ai classici autoctoni si sta affermando una produzione importante di vini da vitigni internazionali. Ho il desiderio da tempo di provare i vini di Casalfarneto (stand C5), in particolare il Verdicchio Crisio Riserva, la cui fama ha valicato ormai tutti i confini. Poco più in là, allo stand C6, suggerisco un passaggio alla cantina Marotti Campi, dove si potrà degustare la Lacrima di Morro d’Alba Orgiolo. Nel medesimo spazio Andrea Felici propone una produzione ridotta numericamente ma fortemente intrisa di virtù: da non perdere il Verdicchio Il Cantico della figura riserva.
Chi conosce la Sardegna e magari è andato in giro per cantine, ha sperimentato la sensazione che si percepisce a contatto con la gente. Un filo invisibile, ma pienamente tangibile, che unisce il territorio agli uomini e gli uomini al vino. Una connessione ancestrale che non ho trovato altrove, nemmeno nei lieu-dit più celebri del pianeta. Vermentino, Carignano e Cannonau sono ancora i vini trainanti, ma la pattuglia dei vitigni autoctoni è ben nutrita e si fa apprezzare sul mercato. Vernaccia di Oristano, bovale, monica, cagnulari, nasco e nuragus sono usciti dai confini regionali e nazionali e tracciano nuovi percorsi per gli appassionati di vino.
A Cabras, in provincia di Oristano, la famiglia Contini (stand D1) conduce l’omonima cantina da quattro generazioni, da quando Attilio la fondò nel 1898. Antico Gregori è una rarità, una Vernaccia di Oristano testimone della storia centenaria aziendale. Cuvée da metodo Solera, la cui parte più vecchia è dei primi anni del 1900, affinata in caratelli.
Vi ho parlato di bovale, uva protagonista di un progresso qualitativo eccezionale che lo ha visto trasformarsi da uva accessoria a… guest star! Su’Entu (stand B3) produce il suo Bovale già premiato con i Tre Bicchieri per l’annata 2016: il Vinitaly è l’occasione di provarlo, insieme agli altri vini aziendali.
Concludiamo in dolcezza il viaggio in Sardegna : Orro (stand C3 – C4) presenta Passentzia, passito di vernaccia di Oristano, una produzione limitata a meno di mille bottiglie.
Avete preso nota? Fateci sapere se i nostri consigli sono stati apprezzati! Ci vediamo al Vinitaly!