Dopo Ritorno in Borgogna del regista Cédric Klapisch uscito lo scorso autunno nelle nostre sale (e recensito a questo link), vi parliamo di un altro film a tema vinicolo: l’italianissimo Finché c’è Prosecco c’è speranza, diretto da Antonio Padovan e attualmente in palinsesto sulla piattaforma Sky.
Tratto dall’omonimo romanzo di Fulvio Ervas, è una commedia in chiave gialla che può contare sull’interpretazione solida di Giuseppe Battiston, nel ruolo dell’ispettore Stucky, ben sostenuto da un cast ottimamente assortito, nel quale spiccano Roberto Citran, Teco Celio e soprattutto un intenso Rade Serbedzija, la cui parte iniziale, tutto sommato breve, resta impressa nello spettatore per tutto il film, grazie anche a tre brevi frasi molto significative. Completano il cast Liz Solari, una convincente Silvia D’Amico e Gisella Burinato.
Mio nonno diceva “Quando un giorno questa terra sarà tua ricordati che anche tu sarai suo”.
Il conte Desiderio Ancillotto (Rade Serbedzija) è un produttore di Prosecco nella località immaginaria di Col San Giusto, idealmente collocata nel Trevigiano. Una mattina viene ritrovato morto, probabilmente suicida, all’interno del cimitero del paese e le indagini – apparentemente di routine – vengono affidate al neo ispettore di polizia Stucky, della questura di Treviso. Sfortunatamente per lui i cadaveri non si fermano qui: Col San Giusto sarà teatro di una serie di omicidi, il cui unico sospettato è… il trapassato Desiderio. Per risolvere il caso Stucky dovrà immedesimarsi nella realtà locale e soprattutto studiare la personalità del conte Ancillotto, fiero produttore di vino sulla cui bottiglia scrive “prodotto secondo le regole che ci ha dato la terra, senza lieviti alieni, senza pesticidi chimici né colture stressanti. Non facciamo i furbi con la nostra terra, non le chiediamo di più di quello che può darci“.
Aveva quaranta ettari di terreno, ogni anno ne sceglieva uno e obbligava i contadini a lasciarlo incolto. Per non esagerare, per chiedere alle cose un po’ meno di quello che ti possono dare.
Finché c’è Prosecco c’è speranza ha il pregio di mantenere un costante livello narrativo su un doppio binario: quello prettamente mistery, e quello soggettivo, inizialmente sfumato ma in seguito più definito. I ritmi sono tipici da noir italiano, ricordano per tempi e fotografia quelli di La ragazza nella nebbia: zero effetti speciali, sceneggiatura credibile, buona narrazione dei profili psicologici sia del principale protagonista, che dei comprimari. In alcune fasi il film indugia sull’aspetto intimo di Stucky, nel suo rapporto con lo zio materno e nella visione con il passato, lasciato volutamente incerto – per alcuni aspetti – fino alla fine. Ma sono proprio queste scene a rimanere nella memoria, a caratterizzarlo e a fare da contraltare alla prospettiva noir.
In tutto il film non si vede un solo chicco d’uva (i fatti si svolgono in autunno/inverno), non si beve molto e nonostante il Prosecco sia al centro dell’intreccio viene menzionato il giusto. Il milieu tuttavia è ben illustrato e Padovan punta i fari con incisività su un argomento di stretta attualità nella zona del Prosecco: la salubrità ambientale nei territori vitati.
Per ogni cosa sbagliata ci sono dei responsabili. Non bisogna aver paura di odiare.
Le location sono autentiche: le riprese sono state effettuate a Conegliano, Farra di Soligo, Revine Lago, Rolle, San Pietro di Feletto, Tarzo e Valdobbiadene. La villa di Desiderio Ancillotto è Villa Gera Maresio di Conegliano, mentre gli interni sono stati girati a Palazzo Minucci De Carlo, a Vittorio Veneto.
Se non l’avete ancora visto… fatelo, magari in compagnia di un calice di Prosecco! Qui potrete dare un’occhiata al trailer: