di Giovanna Russo

Sommelier e Degustatore AIS

Golosaria 2018Si è appena conclusa la dodicesima edizione di Golosaria, momento d’incontro dal vivo tra il pubblico e il mondo dei piccoli e medi produttori di cibo e vino che popolano la guida “ilGolosario” di Paolo Massobrio.

L’evento, tenutosi a Milano presso il MiCo, è definito nella stessa guida una rassegna di cultura e gusto, in quanto l’esposizione dei prodotti è animata da talk show su tematiche d’attualità legate alla cultura del cibo e del vino, show cooking, degustazioni guidate di vini, nonché dall’attribuzione di riconoscimenti come quelli relativi ai Migliori Vini d’Italia (Top Hundred 2017).

“Oltre il buono” è stato iI tema e il titolo scelto per quest’anno. Alla presentazione inaugurale, nel corso della discussione aperta guidata da Paolo Massobrio ed Elisabetta Soglio del Corriere della Sera, è stato illustrato lo spirito della manifestazione attraverso le storie degli ospiti presenti.

Golosaria quest’anno si è proposta di accendere i riflettori sul fatto che oggi, in vista del domani, non basta esaltare il gusto dei cibi e preservare le tradizioni enogastronomiche, ma occorre dare spazio all’innovazione e alla creatività; è necessario prestare attenzione alla salute, rispettare l’ambiente e, se possibile, far sì che la cultura del buon cibo e del buon vino sia veicolo di integrazione delle culture e degli individui.

Che sia chiaro, non che il gusto sia diventato un aspetto trascurabile o da porre in secondo piano, tutt’altro. “Oltre il buono” significa proprio che, data come assodata l’eccellenza per il palato, il futuro in campo enogastromico non può più prescindere da una profonda riflessione sull’impatto che il nostro modo di produrre e consumare il cibo ha a livello sociale, ambientale e anche sulla salute delle generazioni successive.

In ordine a quest’ultimo aspetto, emblematico è stato l’intervento del Prof. Francesco Trevisani dell’Ospedale San Raffaele che ha illustrato sinteticamente il progetto Re.Me.Diet., un’attività scientifica di studio volta a dimostrare come la dieta mediterranea possa interagire con il nostro patrimonio genetico e fungere da fattore deflativo per le malattie del rene correlate all’obesità, al diabete e all’ipertensione arteriosa. Per fortuna non ha parlato del fegato di cui mi sono occupata io con le successive numerose degustazioni!

Riso di NoriSul fronte dell’innovazione e della sperimentazione nel campo dei tradizionali prodotti alimentari è d’esempio l’esperienza della giovanissima Eleonora Bertolone dell’azienda vercellese “Riso di Nori” che è andata a fondo nell’esplorazione del mondo del riso: coltiva varietà particolari come il “violet”, caratterizzato, oltre che da un colore accattivante, anche da una significativa componente di antociani con proprietà antiossidanti e antiradicaliche. Proprio a partire dal “violet”, ha elaborato un fermentato di riso, il Violet Royale, una bevanda alcolica e spumeggiante che profuma intensamente di lievito e che sembra collocarsi a metà strada tra una birra e un sakè.

E ancora, esclusivamente sul fronte vino, l’esperienza di Elena Casadei, under 25 figlia di rinomati viticultori, si svolge nel segno della riscoperta e dell’approfondimento di particolari pratiche enologiche. Elena ha deciso di seguire un proprio percorso all’interno dell’azienda di famiglia, creando una linea di vini con fermentazione e maturazione svolta interamente in anfore georgiane. I vini della linea Le anfore sono il frutto di una selezione tra i migliori vini prodotti in anfora nelle tenute di famiglia (Toscana e Sardegna). In degustazione al banco ho provato il Cannonau e il Syrah: vini agili e scattanti. La magia della terracotta, con la sua porosità e permeabilità, sta non solo nel preservare le caratteristiche originarie del vitigno e del territorio ma addirittura nell’amplificarle ed esaltarle.

Ma “Oltre il buono” proposto da Golosaria è anche coraggio di ripartire da zero, dal nulla creato dal terremoto che ha colpito Umbria e Marche il 30 ottobre 2016. Fabio Cerri de l’Albero del Pane di Visso ha trasformato la propria rabbia per l’empietà della natura e per il senso di abbandono da parte delle istituzioni in forza attiva e desiderio di continuare a fare il pane e i dolci bene come li faceva prima, anzi, ancora meglio.  A Visso, in un container allestito a negozio, ha ripreso a vendere l’ottimo pane locale che adesso profuma non solo di buono ma anche di solidarietà e di desiderio di rivalsa, di rinascita e di vita.

Temi importanti, quindi, quelli trattati a Golosaria, dove però le parole non volano ma riescono a farsi concrete trasformandosi  in un assaggio. E la possibilità di fare degli ottimi assaggi non è certo mancata: dal cibo di strada ai formaggi, dalle confetture ai panettoni, dal cioccolato alla manna non caduta dal cielo ma proposta in degustazione al banco.

Tornando ai vini, della classifica Top Hundred 2017, che ogni anno guarda al nuovo e non ripropone i vini già premiati negli anni precedenti, riporto alcuni di quelli che mi hanno lasciato il segno.

Franciacorta Brut Qblack di Quadra, un’azienda in cui lo spirito giovane e proteso in avanti è sorretto dalla solida esperienza di Mario Falcetti, già enologo della Contadi Castaldi: lo spumante è un blend di chardonnay, pinot nero e pinot bianco che affina sui lieviti per trentasei mesi e che si contraddistingue per l’esuberanza del profumo, un fresco bouquet di fiori bianchi arricchito da una delicata nota di pane tostato. Un vino che coniuga in maniera sapiente la componente fresco-sapida con una morbidezza che rende cremoso il sorso; l’assaggio… reclama di continuo l’ulteriore l’assaggio. Interessante anche la scelta dell’azienda di creare dei vini dedicati al consumatore vegano quale il Green Vegan Brut: una cuvée con prevalenza di chardonnay, che sosta sui lieviti per ben 60 mesi e la cui brillantezza non contempla chiarificazioni con sostanze provenienti dal mondo animale.

Aglianico del Vulture 2013 Quarta Generazione  di Giovanna Paternoster: vino che nasce da un’azienda adesso declinata al femminile ma che fa tesoro della lunga esperienza familiare volta alla valorizzazione del territorio e di quello che è il suo vitigno più espressivo e rappresentativo. Di un aristocratico e vivace color rosso sangue, il vino si scioglie in sentori di confettura di amarene, sottobosco e spezie delicatamente pungenti come il pepe rosa. In bocca la sua corposità è quasi masticabile!

Chianti Classico 2014 dell’azienda Vallepicciola: realtà in fermento che si avvale della collaborazione di Riccardo Cotarella: il vino è di un rosso granato intenso, con un ventaglio olfattivo che si compone di piccoli frutti neri, ginepro, pepe bianco, tabacco, cioccolato fondente. Il sorso è deciso e il tannino comincia a mostrarsi addomesticato. Promettente anche l’annata 2015, in cui peraltro l’etichetta è stata rivisitata con una bellissima immagine in formato maxi del “Re ubriaco”.

Greco di Bianco Passito 2013 di Mariolina Baccellieri: questo vino calabrese del colore dell’oro incanta sia per l’intensità olfattiva (frutta disidratata, miele di castagno, noccioline tostate, carruba, cedro e limone candito), sia per quella gustativa. Un vino la cui pienezza colpisce dritto al cuore! Della stessa azienda ho provato anche il Mantonico Locride IGT Passito 2013 (da non confondere con il diverso Montonico dell’Italia centrale): anche qui un’esplosione di frutta essiccata e secca, ravvivata da sfumature agrumate e da una soffusa nota eterea; un vino di estrema eleganza e con un’ottima persistenza.

Moscato di Siracusa Don Nuzzo 2014 di Cantine Gulino (in realtà il premiato in guida è il 2013, non presente al banco): quello di Golosaria non è il primo riconoscimento ricevuto da questo vino prodotto a partire da uve moscato bianco. Esibisce uno sfavillante giallo topazio, sprigionando profumi di fichi secchi, di uva sultanina, di miele e datteri, lasciando sullo sfondo una lieve nota di smalto. In bocca la morbidezza e la dolcezza sono in perfetto equilibrio con la freschezza e la sapidità. Roba da urlo!

Vino Nobile di Montepulciano Burberosso 2014 della cantina Metinella: rosso rubino intenso, dal profumo di fiori secchi e visciole macerate, di cacao e di selvatico, impreziosito da una nota fumè. In bocca scorre caldo e morbido con un tannino di tessitura elegante. Molto curate le scelte a livello di packaging: la bottiglia è una bordolese troncoconica dal design contemporaneo. Concludo con quest’ultimo vino e con la frase riportata sul suo retro-etichetta

Vino inchiocciolato, e sospeso, amoroso, marino, non sei mai presente in una sola coppa, in un canto, in un uomo, sei corale , gregario, e , quanto meno, scambievole” (Ode al Vino di Pablo Neruda).