di Valeria Caputo
Si è svolto dal 4 al 9 aprile 2018, nello storico Palazzo Caracciolo di Napoli, la rassegna Campania Stories: un viaggio di scoperta dei territori attraverso la degustazione dei vini locali. Vini che raccontano una storia di persone che non si arrendono innanzi alla deturpazione del paesaggio, che con coraggio e passione, valorizzando il territorio e recuperando l’antico patrimonio vinicolo, sono riuscite a porre un faro di portata internazionale su piccoli borghi. Realtà caratterizzate da innumerevoli elementi che conferiscono ai vini proprietà peculiari.
Proprietà che abbiamo scoperto giocando unicamente con i nostri sensi olfattivo e gustativo, in quanto i tasting ai quali abbiamo partecipato erano alla cieca: ci siamo persi e ritrovati in meravigliosi bouquet dai profumi di frutti, fiori, spezie, corposità varie e pensavamo a quanto avesse ragione il grande Faber quando affermava che “dai diamanti non nasce niente…dal letame nascono i fior”…nel nostro caso, i Vin!
Questo Sud spesso umiliato, mortificato e danneggiato, conserva tesori inestimabili che gli consentono di riscattarsi e di far conoscere delle realtà lontane anni luce dallo stereotipo di Gomorra e similari.
Nella prima giornata della manifestazione campana si è svolta anche la prima edizione di Basilicata Stories, una rassegna nella rassegna che ha debuttato con la presentazione di 18 eccellenti aziende lucane che aspirano a diventare un riferimento della vitivinicoltura del Mezzogiorno.
Lo scenario del viaggio è ambientato principalmente in due terroir, da una parte il Monte Vulture, situato in una zona di intersezione tra la Puglia e la Campania e segnata dalla presenza di terreni lavici, numerosi corsi d’acqua e bacini lacustri che creano condizioni ideali per le attività di viticoltura, e dall’altra la zona di Matera, caratterizzata da territori collinari e in parte costieri.
La nostra attenzione, ça va sans dir, è stata catturata dall’Aglianico, che presenta una maturazione tardiva rispetto ad altre zone d’Italia: per il Doc la commercializzazione è, infatti, consentita dal 1 settembre dell’anno successivo a quello di produzione delle uve; la Docg invece può entrare in commercio dal 1° novembre del terzo anno successivo a quello di produzione delle uve, dopo un affinamento obbligatorio di almeno 12 mesi in legno e altri 12 in bottiglia (5 anni complessivi di cui almeno 24 mesi in botte per la riserva). In particolare:
Aglianico del Vulture 2015 Lògos, Cantine Ripanero: 100% aglianico, prodotto da vigneti di 15 anni, provenienti da un terreno franco sabbioso-argilloso, poco calcareo, ricco di scheletro, vendemmiato nella prima settimana di novembre. Si presenta di un colore rosso intenso, di medio corpo e buona struttura, al palato asciutto e giustamente tannico, con sentori di prugna, cenere e spezie dolci.
Aglianico del Vulture Superiore Riserva 2011 Martino, cantine Martino Armando: 100% aglianico prodotto con uve provenienti da vigneti di 20 anni che crescono su terreni franco argillosi. Vendemmiato nella prima decade di novembre e maturato fino a fine primavera, è stato travasato in barrique e lì affinato per 24 mesi, terminando la vinificazione dopo 12 mesi in bottiglia. Di colore rosso rubino intenso, all’ assaggio si è presentato equilibrato, inevitabilmente caratterizzato da tannini comunque vellutati, regalando profumi di tabacco dolce, liquirizia e frutti di bosco.
Campania Stories rappresenta, invece, da più di un lustro, un appuntamento trasversale, che sposa vino, arte, cibo, cultura e letteratura: la kermesse si è svolta tra il sopracitato Palazzo Caracciolo di Napoli e la maestosa Reggia di Caserta, con visite guidate in loco, assaggi di prodotti tipici campani, seminari, presentazioni di libri ed ovviamente il tasting dei vini delle 86 aziende partecipanti.
Lo scenario campano è decisamente più vasto e difficile da delineare rispetto a quello lucano: ogni provincia ha delle zone completamente diverse tra loro da un punto di vista orografico, varietale e pedoclimatico: vulcani, colline, montagne, fiumi, mari, scogliere, litoranei sabbiosi. Ci sono, altresì, differenze tra i vitigni, sistemi di allevamento, caratteristiche dei terreni, epoche di raccolta, microclimi, annate e così via.
Abbiamo concentrato la nostra attenzione sui bianchi, assaggiandone alla cieca tanti…ma proprio tanti!!! L’alto livello qualitativo ci ha inevitabilmente obbligati a fare una cernita della cernita, ed ecco a voi i nostri Fab Four:
Campania Bianco 2015 Grecomusc’, Contrade di Taurasi: ormai un habitué sulle nostre pagine, ma cosa possiamo farci se non smette di piacerci? Il Grecomusc’, realizzato con uve provenienti da vari vigneti di rovello bianco tra Taurasi, Bonito e Mirabella Eclano, vendemmiato agli inizi di ottobre e lasciato fermentare in acciaio, si presenta erbaceo ed aromatico. Nel bouquet si distinguono fiori, pesche e spezie dolci. Un bianco campano inconsueto, che proprio per queste sue caratteristiche aromatiche e orientaleggianti non smette di stupirci.
Lacryma Christi Bianco del Vesuvio 2015 Territorio de’ Matroni, Cantine Matrone: prodotto con uve provenienti da vigneti trentennali (i cui terreni sono di sabbia vulcanica e lapilli) di Boscotrecase, uvaggio 90% caprettone e 10% falanghina. La vendemmia è avvenuta il 10 settembre, poi 10 mesi in acciaio e 6 in bottiglia. Vino che rappresenta benissimo Sua Maestà il Vesuvio: colore paglierino intenso e luminoso, bouquet franco, che più franco non si può: fieno, agrumi, ginestra e un finale ammandorlato. Al palato caldo, strutturato e armonico. Il tempo sarà un suo alleato per renderlo ancora migliore.
Colli di Salerno Fiano 2mila15, Mila Vuolo, annata 2015: Fiano in purezza, da vitigni, ubicati nella contrada Rufoli di Salerno, a circa 200 metri slm, maturato sur lies per 18 mesi in acciaio, da marzo 2017 in bottiglia. L’impatto è davvero fresco e sapido, l’iniziale frutto scivola poi in sensazioni minerali e floreali.
Greco di Tufo 2016 Miniere, Cantine dell’Angelo: Nomen Omen per questo vino che nasce nella località Miniere di Zolfo (AV), in terreni argillosi con forte presenza di zolfo, ma soprattutto perché la miniera sulfurea la si ritrova pari pari nel calice. Vendemmiato a fine ottobre e affinato in acciaio 12 mesi su fecce fini e 5 in bottiglia, il Miniere ha un carattere deciso e forte: di colore giallo dorato, intensi profumi minerali di zolfo (l’avreste mai detto?), accompagnati da sbuffi agrumati e un finale ammandorlato. Dritto, fresco e avvolgente, non è per nulla piacione…e proprio per questo ci piace!