sangioveseDopo aver trattato il merlot e il cabernet sauvignon oggi a Parole di vino è il turno del vitigno rosso più coltivato in Italia: il sangiovese. Conosciuto anche con il nome di brunello, prugnolo gentile, guarnacciola (nel Beneventano), niella (in Corsica) e tuccanese (in Puglia),  il sangiovese è diffuso oggi in tutto lo Stivale e dimostra una versatilità a molti sconosciuta. È stato uno dei miei primi amori nel calice, specie nelle versioni chiantigiane, e alcuni vini di sangiovese fanno parte a pieno titolo della mia hall of fame di tutti i tempi.

È un vitigno sorprendente e scommetto che alcune cose che riporterò in questo articolo sono ignote ai più.

Origine e prime menzioni

Trattato di Soderini

Il primo a citare il sangiovese fu Giovanni Vettorio Soderini, agronomo toscano, che nel parlò in un trattato di viticultura già nel 1600, con il nome sangiogheto:

…il sangiogheto, aspro a mangiare, ma sugoso e pienissimo di vino

La reale origine del nome sangiovese è sconosciuta: è diffusa più di altre la versione per cui il nome gli fu dato dai monaci di un monastero sul monte Giove a Santarcangelo di Romagna i quali versarono del vino da loro prodotto – evidentemente da uve sangiovese – a un ospite eccellente.

Costui, rimasto favorevolmente impressionato dalla qualità del vino e dal colore rosso acceso, ne chiese il nome. Ma i monaci non avevano mai pensato di dargli un nome, così con un po’ di improvvisazione, risposero “sangue di Giove“.

Parentele

Devo ammettere che io per primo non avrei mai immaginato che le origini genetiche del sangiovese fossero in parte calabresi. È infatti il prodotto dell’incrocio spontaneo tra ciliegiolo e calabrese di Montenuovo, una varietà rara di cui sono state ritrovati pochissimi esemplari nell’area del lago Averno dei Campi Flegrei in Campania. La collina di Montenuovo è relativamente recente, formatasi in una notte dopo un’eruzione vulcanica nel 1538; solo a metà del 1900 la famiglia calabrese Strigari vi si stabilì, dando vita alla cantina e portando dalle terre di origine alcune barbatelle, tra cui magliocco dolce e nerello mascalese. Ma portarono – per fortuna – anche alcune piante del futuro padre del sangiovese.

Successive ricerche genetiche non hanno permesso di stabilire da quali varietà provenisse il calabrese di Montenuovo: non ha a che fare col nero d’Avola (conosciuto come sapete anche con il nome di calabrese) e nemmeno con le più comuni varietà di vite autoctone calabresi. Il sangiovese ha un padre noto ma molto misterioso.

Le ricerche sul DNA sul sangiovese hanno permesso di stabilire la tendenza a mutare e che ha molte più affinità con i vitigni del sud che non quelli del centro: il frappato e il nerello mascalese, per esempio oppure il corinto nero delle isole Eolie, il cui profilo genetico è sovrapponibile al 100%.

Nel 1906 l’ampelografo Girolamo Molon distinse due gruppi: il sangiovese grosso (che include i biotipi brunello e il prugnolo gentile) e il sangiovese piccolo (che comprende il biotipo morellino di Scansano): la natura policlonale del sangiovese, tuttavia,  fa sì che si possa parlare di sangiovesi, e non solo di sangiovese e ridurre la famiglia a solo due tipologie di vitigno è semplificativo.

È sempre più frequente che all’interno dello stesso vigneto di sangiovese si impiantino diversi cloni, dotato ciascuno di caratteristiche e vigoria diverse, e in grado di fronte alla variabilità stagionale di ottenere un prodotto finale più costante. Una peculiarità importante, molto apprezzata dai vignaioli poiché rendono il sangiovese un vitigno versatile e affidabile.

Caratteristiche 

È un vitigno tardivo con buona capacità di adattamento e tendenza a produzioni abbondanti. Ha foglia media, trilobata o pentalobata, di colore verde chiaro; l’acino è medio-grande, ovoidale di forma regolare. La buccia è violacea tendente al nero, molto ricca di pruina. Come molti vitigni a bacca rossa produce meglio se impiantato in terreni argilloso-calcarei e ricchi di scheletro.

Parlavamo della versatilità di questo vitigno: alle giuste condizioni il sangiovese dà vini estremamente fini e di grande longevità, ma è possibile coltivarlo anche per prodotti di uso quotidiano e meno impegnativo. Se ne ottengono anche vini spumanti e passiti. Predilige il passaggio in botte grande piuttosto che in barrique, il cui utilizzo rischia spesso di appiattirne le peculiarità.

I  vini da sangiovese sono alcolici, concentrati e in grado di maturare nel tempo. Nelle annate meno calde, tuttavia, l’acidità e il tannino devono essere tenuti sotto controllo con particolare attenzione, motivo per il quale frequentemente si fa ricorso al taglio, per mitigare alcune irruenze tipiche varietali. Nei rossi l’aspetto olfattivo punta a sentori primari di prugna, ciliegia e mora cui possono aggiungersi quelli derivanti dal legno in cui è maturato, come vaniglia, caffè e cacao.

Presenza sul territorio

Il regno incontrastato è l’Italia, con oltre 80.000 ettari, soprattutto in Toscana (64% della superficie vitata totale), Emilia Romagna (15%), Umbria (20%) e Marche (21%).  Dopo un periodo di appannamento negli anni 80, in cui la tendenza produttiva privilegiava gli aspetti produttivi, negli anni 90 si è giunti a un rinnovamento culturale del modello sangiovese con un aumento significativo del numero dei territori dove il vitigno risulta raccomandato o autorizzato, grazie anche a un impiego più vario delle uve.

Bettino Ricasoli

È protagonista della celebre formula del barone Bettino Ricasoli, che fissò nel tempo la ricetta del Chianti:

… Mi confermai nei risultati ottenuti già nelle prime esperienze cioè che il vino riceve dal Sangioveto la dose principale del suo profumo (a cui io miro particolarmente) e una certa vigoria di sensazione; dal Canajuolo l’amabilità che tempera la durezza del primo, senza togliergli nulla del suo profumo per esserne pur esso dotato; la Malvagia, della quale si potrebbe fare a meno nei vini destinati all’invecchiamento, tende a diluire il prodotto delle due prime uve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoperabile all’uso della tavola quotidiana…

E come dimenticare l’importanza del sangiovese nei celebri Supertuscan, il fenomeno che parallelamente al Chianti e al Brunello ha fatto la fortuna della Toscana enologica? Nei Supertuscan viene vinificato con i vitigni internazionali più diffusi e tuttavia vi è una ristretta cerchia di vini considerati Supertuscan ottenuti da solo sangiovese: tra questi cito il mio vino-totem: Pergole torte di Montevertine.

In Europa il sangiovese non è molto diffuso: si classifica al decimo posto tra i vitigni più coltivati mentre in Sud America è parecchio presente nella provincia di Mendoza, nota zona di produzione argentina. E gli Stati Uniti? Ce l’hanno! specie in California in Napa Valley e Sonoma County.

Al sangiovese è annualmente dedicato un evento, Sangiovese purosangue, curato dall’Associazione EnoClub Siena e che si tiene a Roma.