Dopo aver conosciuto meglio il merlot, nel primo appuntamento di questa serie di post dedicata ai vitigni più diffusi (cliccate qui se volete rileggerlo), oggi è il turno del cabernet sauvignon. Personalmente è uno dei miei preferiti e sono diversi i vini di questa varietà che in passato mi hanno emozionato, e continuano a farlo.
Origine e prime menzioni
Conosciuto anche con il nome di Bordeaux in Svizzera, Bordo in Romania e Burdeos Tinto in Spagna, è facilmente intuibile la provenienza. Già, proprio il Bordeaux, la terra mistica che – come abbiamo visto – ha dato i natali anche al merlot. La prima menzione ufficiale appare con il nome “Petit Cabernet” nel Libro delle uve di Antoine Feuilhade, scritto tra il 1763 e il 1777. Nel 1784 Dupré de Saint-Maur ne scriveva in un catalogo chiamandolo “Grande cavernet (sic) sauvignon”. Il nome “Cabernet sauvignon” appare per la prima volta solo dopo il 1840.
Parentele
![Carole Meredith](https://i0.wp.com/paroledivino.com/wp-content/uploads/2017/06/Carol.jpg?resize=300%2C170)
Carole Meredith
Ha una storia centenaria, quindi, ma la sua identità reale è stata scoperta solo di recente, nel 1996 da Carole Meredith, genetista e docente al dipartimento di viticoltura ed enologia della University of California. Meredith e il suo gruppo furono tra i primi a tipizzare il DNA delle varietà più comuni di vite e fu così che scoprirono le origini del cabernet sauvignon, figlio di un incrocio spontaneo di cabernet franc e sauvignon blanc, avvenuto da qualche parte in Gironda nel diciottesimo secolo. Abbiamo visto che anche il merlot deriva dal cabernet franc per cui possiamo affermare che cabernet sauvignon e merlot… sono fratellastri! Adesso si spiegano molte cose!
Il cabernet sauvignon è stato utilizzato per dar vita a numerose altre varietà in tutto il mondo. In Italia, per esempio, è parente dell’incrocio Manzoni 2.15.
Caratteristiche
È un vitigno da media a tarda maturazione, come molti internazionali, e vigoroso. È molto forte, resistente a svariate condizioni climatiche e può mantenere intatte le proprie caratteristiche organolettiche, adattandosi alla perfezione con il terroir. Ama i terreni ghiaiosi e ben drenati ed è molto sensibile alle malattie fungine e all’oidio. Gli acini sono piccoli e hanno un caratteristico colore azzurrastro, la cui buccia è ricca di tannini e pigmenti. I vini possono essere spesso robusti e tannici, motivo per il quale si riscontra spesso l’unione con il più morbido merlot, a formare il più classico taglio bordolese. L’acidità, inoltre, è elevata e – unitamente agli abbondanti tannini – consente di ottenere vini dalla lunga maturazione. Vini in grado di sfidare il tempo.
Si adatta benissimo a fermentazioni e maturazioni in legno. È un vitigno di personalità: imprime la propria identità su qualsiasi vino che lo comprenda, anche in quantità piuttosto piccole.
Nei cabernet sauvignon il colore è spesso rosso rubino o, se meno giovane, granato di buona concentrazione. Le sostanze pigmentanti di cui è ricca la buccia rendono il vino impenetrabile alla luce. I profumi sono legati a ricordi di frutti di bosco, amarena, prugna, muschio, grafite, tabacco, spesso con sbuffi balsamici, pepe nero e inchiostro. La parentela con il sauvignon blanc frequentemente consente di percepire note di peperone, olive e foglia di pomodoro, specialmente se le uve sono state coltivate in territorio dal clima fresco.
Il gusto è spesso fondato sulla struttura che l’uva trasmette al vino. L’elevata quantità di sostanze polifenoliche contenute nelle bucce permette di ottenere vini concentrati e strutturati: per bilanciarne il corpo, nei vini da cabernet sauvignon si riscontra spesso una buona presenza alcolica. Da giovane l’esuberanza del cabernet può risultare qualche volta eccessiva, specie se è in purezza. È un vino che va aspettato perché, se vinificato con intenti qualitativi, col tempo tende a perdere asperità avvolgendo il palato con finezza, esaltando le caratteristiche di spezia e balsamicità, senza perderne in struttura.
Presenza sul territorio
Il cabernet sauvignon è dappertutto: di fatto è il vitigno più coltivato sul pianeta. In Italia è “solo” al dodicesimo posto ed è presente almeno dal 1820, quando fu introdotto in Piemonte dal conte Manfredo di Sambury. Ma come ben sappiamo, sulla Penisola uno dei luoghi di elezione è la Toscana che ne ha fatto un partner per il sangiovese in numerosi vini di qualità. Per non parlare del celebre Sassicaia, ormai divenuta denominazione, la cui percentuale minima di cabernet è dell’80%.
Non mancano celebri esempi neppure nel nord Italia: il San Leonardo, per esempio, totem dell’enologia italiana dove il cabernet sauvignon si sposa con carmenère e merlot o Lageder, dove invece è tagliato con il cabernet franc.
In Francia è al quarto posto tra le uve più coltivate dopo merlot, grenache e syrah. Molto forte la presenza in Bulgaria dove occupa il 15% di tutta la superficie vitata. In Libano gioca un ruolo fondamentale, basta pensare al successo di Château Musar.
Notevole la presenza anche in Ucraina, Austria, Ungheria e Svizzera. In California è la varietà a bacca rossa più coltivata, con più di 31.000 ettari, specie in Napa Valley, Alexander Valley e Sonoma.
E in Cina, nemmeno a dirlo, dove l’influenza bordolese è fortissima e rappresenta la varietà preferita.