Oltre la storia è un format vincente e goloso, al quale mancavamo da un po’. In queste occasioni il ristorante Prato Gaio di Montecalvo Versiggia, nell’Oltrepò pavese più bello e puro, si trasforma in ambasciata dei vini del territorio presentando vini rappresentativi di vecchie annate, in godibile matrimonio con i piatti creati da Giorgio Liberti e Daniela Calvi.
Lo scorso 31 marzo vi abbiamo fatto ritorno in occasione della ventiquattresima edizione, attratti da un nome prestigioso tra i tanti che caratterizzano la produzione vitivinicola oltrepadana: stiamo parlando di Bruno Verdi. Siamo stati ben contenti di tornare e lo siamo stati ancora di più quando abbiamo saputo che in degustazione ci sarebbero state cinque annate di Cavariola, il vino di punta dell’azienda.
È un blend di croatina, barbera, uva rara e ughetta di Canneto; negli ultimi anni sta emergendo prepotentemente, attestandosi tra i migliori assaggi delle degustazioni cui partecipa. Un cavallo di razza, un Varenne nel calice in grado di allungare e sbaragliare la concorrenza. Un nuovo mito per il palcoscenico oltrepadano, ma non solo.
Paolo Verdi attualmente rappresenta la settima generazione di viticoltori a Vergomberra: fu l’avo Antonio a trasferirvisi per primo nel diciottesimo secolo dal Ducato di Parma. Paolo, che Lino Maga ha definito “un ragazzo molto appassionato“, ha un motto. Una frase che è filosofia, strada maestra, guida:
Il rispetto della vigna, della vite e del vino uniti a cuore, passione e testa.
Un’indicazione di equilibrio, se vogliamo, perché esplicita la necessità di usare passione e ragione e non solo una delle due. I vini Bruno Verdi sono la sintesi di questa filosofia e il Cavariola più di tutti ne rappresenta il compendio: per la forza, la finezza, la bellezza vitale che vi si può percepire e – non per ultimo – l’equilibrio.
Andiamo con ordine. Usando un’espressione prettamente calcistica, il Prato Gaio è pieno in ogni ordine di posto: sono presenti – tra gli altri – Francesco Beghi che come di consueto illustrerà i vini in degustazione e Vito Intini, presidente nazionale ONAV.
La vigna Cavariola negli anni ’30 era di proprietà della famiglia Bassani e già allora il vino prodotto veniva venduto a un prezzo superiore alla media. Achille Bassani aveva lavorato in Francia e lì aveva acquisito tecniche che per il periodo erano innovative. Fu Achille a gettare le basi per rendere Cavariola quello che è oggi.Negli anni successivi noi iniziammo a comprare le uve, poi ci affittarono il vigneto e infine ci proposero di acquistarlo.In seguito abbiamo aumentato la superficie vitata e forse avremo la possibilità di aumentarla ancora.La vigna è impervia, è difficile lavorarla: quando iniziammo a vinificare mai avrei pensato che ne avremmo bevuto una bottiglia trent’anni dopo. Questo è un vino fatto senza alchimie, come tutti i nostri. Non facciamo filtrazioni o aggiunte: cerchiamo sempre la via più breve.