Comm. Lino Maga

Un fiume che scorre, imperterrito, pacato sì; ma non cambi direzione al fiume…

E’ così che il Commendatore della Repubblica Italiana Lino Maga mi racconta la sua vita, il suo vino e la sua terra. Lentamente, senza fretta, come volesse scandire ogni singolo istante.
Anch’io non ho intenzione di stravolgere questi appunti, cercando di modificare il testo per migliorarne la leggibilità; probabilmente al Commendatore Maga non piacerebbe…
L’Azienda Agricola Barbacarlo nasce a Broni, azienda storica Oltrepadana. La produzione consta di due etichette in rosso, esportato (quasi) in tutto il mondo. Il Deus Ex, il creatore, Lino Maga, mi regala qualche ora parlandomi di luoghi, persone, fatti che hanno attraversato la sua vita dedicata alla cultura del vino.
Semplicità. Nulla più.
Il banco di degustazione

Un vino per collina: tre colline, tre vini.

 Adesso una collina è andata e con esso il suo vino.” Ho conosciuto brevemente Il figlio Giuseppe lo scorso anno a Golosaria (di cui ho perso tutti gli appunti…) ma purtroppo non era presente all’incontro. Mi è dispiaciuto considerando che sarebbe stato ancora più interessante sentire i suoi commenti e magari le stesse storie vissute con un altro occhio… Senza contare che Giuseppe rappresenta il presente ma soprattutto il futuro dell’Azienda.
Fa tutto, dice il Comm. Maga, meno il necessario.
Scherza…
Barbacarlo è una collina di 4 ettari che prende il nome a fine 800 circa; “si usava dire ‘zio barba’ a quel tempo; i nipoti dedicarono il nome della collina allo zio Carlo nel 1886“. Usa date molto precise il Comm. Maga.
Poi il nome è stato abusato” da chiunque facesse ottimo vino chiamandolo proprio Barbacarlo.
Pensa“, mi dice, “che esisteva un unico disciplinare per 45 comuni!
E’ qui che Lino decide di intraprendere la sua lotta per il riconoscimento del Barbacarlo. Seguono beghe legali che possiamo solo immaginare fino a quando trova “la persona giusta che ha sposato la causa.
Ricorso al Tar del Lazio e ragione ottenuta. Si parla degli anni ’60 e da quel momento il Barbacarlo è diventato tale anche sulla carta. Ma siamo in Italia e, lo sappiamo bene, le cose non sono mai facili. Dopo il ricorso, “il consorzio creatosi per contrastare questa decisione ha impugnato la sentenza.“.
Avevo contro tutti. Ministero, organizzazione sindacale, avvocatura di Stato.” Alla fine dopo mille prese in giro all’Italiana e 22 anni di guerra, “il tempo mi ha dato ragione. Ho avuto l’appoggio di illustri personaggi come Veronelli e Gianni Brera.
Una domanda d’impeto mi scappa ingenuamente: ne valeva la pena?
“No quando uno fa 10000 bottiglie. Ora ne faccio 6000… Era una questione di principio.
Il concetto che vuole esprimere è cristallino: la burocrazia li distrugge.
L’Italia non ha capito niente. Bisogna capire l’esigenza del produttore. È importante creare l’interesse sul vino!
I ricordi sono molteplici, forti, autentici, vividi, che quasi ti danno l’impressione che gli avvenimenti siano contemporanei. E continua.
Non accetterei mai di bere un vino con il nome dell’uva senza sapere dove la vite viene coltivata, senza sapere dove cresce. Uva Rara in punta di collina, poi Ughetta dove il sole batte, e poi la Croatina che in Oltrepò cresce ovunque.
Vinificazione e raccolta contemporanea delle varietà. Si pigia e va nel tino; solo gli acini senza graspo.
È la terra che fa il vino. Basterebbe copiare il modello francese e saremmo i primi al mondo…
Mentre il Comm. Maga mi racconta mi accorgo che il Barbacarlo 2010 che mi ha versato 10 minuti prima è finito. Non mi sono reso conto… Sono assolutamente rapito dalle sue parole.
E poco importa se non ho trascritto nulla in questo caso; non si può capire un vino fino in fondo senza capire la persona che lo fa! Penso mi abbia ipnotizzato… Vero è che non tutti riescono a trasmettere i propri pensieri allo stesso modo. E’ una questione di carisma, e la persona che ho di fronte ne ha da vendere! Prende una bottiglia di Barbacarlo 2007; “imparate ad aprire una bottiglia… perché ci sono fatti culturali e colturali. I vini importanti vanno sboccati. Io sbocco pure l’acqua…
E’ stato un attimo, un battito di ciglia, un movimento velocissimo e preciso. Se non avesse sottolineato il concetto non me ne sarei nemmeno accorto…
E“, continua, “l’ultimo sorso andrebbe riservato (cioè non andrebbe versato, ndr). Eccetto per alcuni come Veronelli che invece beveva solo l’ultimo sorso per saggiare la genuinità del vino.“.
Caspita se ne racconta di cose. Potrei stare a scrivere per ore ma inizia a farmi male la mano, e prendere appunti sul telefonino non è nemmeno facile. Un fiume senza fine i cui ciottoli sono i punti cardine, i fili conduttori di una memoria decennale.
Il vino deve essere problematico per essere genuino. Il vino è nutrizione diceva Veronelli…Non sono mai riuscito ad esportare in America perché dovrei scrivere quello che dicono loro in etichetta. Dovrei scrivere che il vino fa male alle donne incinte quando mia madre mi allattava aggiungendo del vino al latte, in quanto alimento.
Ne ha per tutti Lino. Dai portainnesti consigliati dai cultori e dagli universitari che mal si adattano alla geologia del luogo, ai politici che “si imboscano” le eventuali sovvenzioni…
Ho il 2007 nel calice e qualcosa stavolta riesco a scriverla.
La sala ‘tempio’ di degustazione
Vino-frutto corposo di frutta masticabile; al naso radici, nota verde e bacche. Affatto secco, ci vorrà tempo. La bocca si riempie di una grande struttura.
È aperto da un mese“…
Lui, il propositore della Doc Oltrepò Pavese verso la fine degli anni ’60, si è esonerato dalla sua creatura dopo la mancata approvazione del consorzio dell’annata 2003… Ultimo ‘Sole’ di Gino Veronelli.
Io ho dato la possibilta all’Oltrepò di avere un nome unico nel 1968. Purtroppo questo fatto non è stato recepito. Ho avuto tanti nemici alcuni dei quali sono diventati amici. Questa è la soddisfazione dell’uomo.
Che ci crediate o no sono passate quasi tre ore. Tante, tantissime parole e poco, pochissimo vino.
Provo tanto rispetto e, sebbene creda che in gioventù non sia stato affatto facile avere a che fare con quest’ uomo fiero, testardo, pratico e verace, non nascondo che avrei ancora passato molte ore ad ascoltare i suoi racconti fiabeschi.
Dalle mie parti si direbbe un “impirugghia piedi”… uno ‘scomodo’.