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Nel mondo degli eno-appassionati è un must. Prova terribile per qualcuno, delizia per il proprio ego per altri, la degustazione alla cieca è una un passaggio che tutti noi almeno una volta abbiamo fatto nella vita, per gioco, per sfida o per professione.
L’argomento è ricco di aneddoti, in alcuni casi al limite del leggendario. Di
Giulio Gambelli,
Bicchierino, si dice fosse in grado di stabilire azienda, cru e filare di provenienza di qualunque sangiovese toscano gli capitasse nel calice.
Altri personaggi sono ugualmente avvolti dalla luce aurea della sapienza degustatoria: Luca Gardini, per esempio, che al concorso per il miglior sommelier del mondo nel 2010 sbalordì tutti indovinando i tre vini proposti (un Sancerrè del 2008, un Moltepulciano d’Abruzzo del 2002 e un Palo Cortado invecchiato 30 anni) e che in un servizio delle Iene qualche tempo dopo fece l’en plein, indovinando sei vini su sei e sbaragliando la concorrenza (a questo link potrete rivedere il servizio).
Non mancano nelle casistiche vere e proprie figuracce. O episodi che fanno quanto meno riflettere, come quando
Alessandro Morichetti di
Intravino portò in giro ad una fiera del vino naturale del Tavernello raccogliendo
più consensi che critiche.
Nel nostro piccolo mondo enomilanese lo sport dell’indovina-cosa-bevi è ampiamente praticato: conosco colleghi sommelier molto bravi che almeno il vitigno lo centrano sempre, altri che individuano bene i sentori senza spingersi al riconoscimento ed altri ancora che fanno dei panegirici impressionanti e sbagliare sistematicamente vitigno e zona.
Qual è la verità? Davvero un buon degustatore riconosce sempre il vino che ha nel calice? E ancora: bere un vino alla cieca è sempre il miglior modo per giudicarlo? Lo abbiamo chiesto a
Matteo Marco Galiano, degustatore ufficiale AIS e tra i fondatori di
Tibevo, il portale che mette in comunicazione gli amanti del vino e della birra alle azienda, attraverso contenuti, informazioni, recensioni indipendenti, un canale YouTube e una massiccia presenza sui social.
Anzi abbiamo fatto di più: abbiamo chiesto a Matteo di poterlo mettere alla prova, sottoponendogli alla cieca alcuni prodotti scelti proprio dal catalogo Tibevo e chiedendogli di dirci quante più cose si sentisse di dire. Siamo stati chiari: sei fai figuracce noi le riporteremo!
Allora Matteo, presto a Milano ci sarà un nuovo esame per divenire degustatori ufficiali AIS cosa consigli a coloro che vogliono avvicinarsi a questa figura e fare l’esame?
Consiglio di degustare e studiare, studiare e studiare ma soprattutto degustare molto. Attenzione degustare molto non significa bere, indiscriminatamente: significa approcciarsi al calice con la tecnica che è necessaria per valutare bene ciò che si beve. Inoltre suggerisco di prepararsi bevendo specialmente vini non blasonati e famosi, aiuta a privarsi dei pregiudizi, che sono nemici del degustatore.
Abbiamo detto che nella degustazione alla cieca si rischia di fare una figuraccia. Ci racconti un tuo errore e – per par condicio – una tua bella performance, in fatto di degustazione alla cieca?
Ah, che domanda! Iniziamo dalla bella figura. Beh… una volta in un famoso bar di Milano mi servirono un calice di spumante: io non sapevo cosa fosse, si trattava del loro white label [il prodotto che un bar o un ristorante può etichettare con il proprio nome pur provenendo da altra azienda, ndr]
ma capii subito che era Ca’ del Bosco: lo chiesi al cameriere ed egli annuì con mezzo sorriso, feci un figurone! Errori comuni… quando devo parlare dei profumi di un vino bianco mi capita spesso di confondere il glicine con il gelsomino: voglio dire una cosa e mi esce di bocca sempre l’altra! Poi ci torno su e mi dico: ma no! non volevo dire gelsomino, volevo dire glicine (o viceversa)!
Qual è il vino che non potresti mai mancare, in degustazione blindata?
Il vino che non potrei mai mancare alla cieca è Pergole Torte di Montevertine, per la complessità olfattiva e per lo splendido corpo, sinuoso eppure di struttura. Questo vino è come una bella donna, davvero: impossibile da confondere.
E quali sono i vini in genere più facili da riconoscere?
I vitigni classici, generalmente, sono relativamente facili da riconoscere, i blend ovviamente nascondono più difficoltà. Attenzione però, perché non è sempre così. La barbera, per esempio: in evoluzione cambia molto, i sentori di gioventù sono molto diversi da quelli di una barbera evoluta, cosa diversa per esempio nel sangiovese i cui tratti caratteristici rimangono per tutta la vita del vino: E queste sono cose che solo l’esperienza può farti assimilare bene.
Tempo fa Armando Castagno disse: “Assaggio a bottiglia scoperta perché non voglio essere condizionato dall’assaggio alla cieca”. Tu cosa ne pensi? Assaggiare alla cieca è il modo più giusto per valutare un vino? O è meglio sapere cosa c’è in bottiglia?
Armando è un mito! La degustazione alla cieca non mi influenza, mi rende più libero e anche più vulnerabile, mi consente di esprimere quello che provo, ma devo dire che mi piace degustare alla cieca ma mi piace anche sapere cosa bevo. Sono due esperienze che dal punto di vista psicologico hanno parecchie differenze, se ne potrebbe parlare per ore.
Bando alle ciance, passiamo alla prova pratica: abbiamo scelto dal catalogo composto da un centinaio di prodotti, tre vini, li abbiamo recuperati e li abbiamo sottoposti al giudizio del nostro Matteo.
Come avete scelto le aziende per il vostro catalogo?
Abbiamo dato la preferenza ad aziende medio piccole che utilizzano vitigni autoctoni e cercano di esprimere il territorio dal quale provengono.
Allora iniziamo con il primo vino, uno spumante.
Perlage fine, giallo brillante, buoni profumi di fiori bianchi, frutta esotica, mineralità. Freschezza notevole, buona persistenza, spostato sulle durezze, potrebbe rimanere anche qualche anno ad affinare. Se aspettiamo un po’ che si alzi la temperatura di servizio si manifesta anche una morbidezza che lo rende versatile e con più possibilità di abbinamento. Va bene come aperitivo e lo vedo bene anche sulle ostriche. Non voglio sbilanciarmi troppo ma… direi che è uno spumante del nord Italia.
Scopriamo la cuffietta e vediamo che si tratta, in effetti, di Se’, di Poderi Cellario, ottenuto da uve nascetta. Ti volevamo fregare con un vitigno un po’ inusuale!
Bene, secondo vino, un vino fermo.
Giallo molto vivo, quello che colpisce è il sentore di idrocarburo, si sviluppano sentori di frutta matura a polpa bianca e gialla matura, bocca in equilibrio, buona sapidità, lunga persistenza. Ipotizzo possa essere un Timorasso.
Bravo! Si tratta del Derthona Timorasso 2013 de I Turri!
Vediamo come te la cavi con un rosso.
Rosso rubino, naso fruttato ciliegie mature, viola appassita e geranio speziatura, tabacco biondo, cacao, pepe e chiodi di garofano. Buona persistenza, in bocca si percepiscono i ritorni del tabacco, delle spezie, del cacao. Bello il finale, molto lungo. Sicuramente un vino proveniente da zone calde.
Matteo, allora sei proprio bravo: si tratta infatti del Primitivo Impavido 2013 di Tenuta Coppadoro
Dunque, Matteo dobbiamo riconoscerlo… sei stato bravo! La prossima volta dovremo essere più cattivi per metterti in difficoltà! Alla prossima!
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