Milano ore 19.00, 28 ottobre. Piazza Duomo è un interminabile groviglio di gente che sembra procedere senza meta da una parte all’altra della piazza fra un selfie e un acquisto dell’ultimo minuto. Siamo ancora in zona Expo e si vede…

La mia destinazione però è certa ed è il Mercato del Duomo dove si terrà la degustazione di Cantina Tramin (ne abbiamo parlato almeno in parte qui lo scorso maggio). Il posto c’è, l’ambiente curato pure e vedo perfino qualche faccia conosciuta…
È bene sapere che Cantina Tramin è una cooperativa le cui origini risalgono al 1898, anno in cui fu fondata da un parroco. Oggi è una potenza commerciale che annovera 250 e più soci produttori che conferiscono le proprie uve.

Non confondiamoci però per favore. Qua si parla di alta qualità, di territorio, di cultura del vino, di investimenti e di passione.

Un esempio virtuoso di cantina sociale una volta ogni tanto!
La serata è ricchissima e vede avvicendarsi l’impressionante numero di 14 vini in verticale per saggiarne l’evoluzione nel tempo. Un aspetto più che fondamentale soprattutto perché parliamo di uve a bacca bianca.
Pinot Grigio, Gewurztraminer e Chardonnay, in purezza o assemblaggio.

Oggi siamo qui per comunicare un nuovo protocollo di produzione dei vini della linea Selezione (Unterebner, Stoan, Nussbaumer e Terminum) che vede una permanenza sui lieviti prolungata di tre mesi rispetto al passato.

Non è arabo , giuro

Una scelta non dovuta alla famigerata annata 2014 o alla voglia di sperimentare ma frutto della convinzione dell’enologo Willi Sturz che il potenziale del terroir potesse esprimersi ancora meglio “e rendere quei vini indimenticabili”.

Come potete vedere a sinistra gli appunti sono tanti e ancora da decifrare… vediamo allora cosa mi è rimasto di questa serata.

Partiamo con il nuovo Pepi 2014 da 100% Sauvingon blanc.
Unico vino da bere nell’immediato, perché tale è. Teso, quasi nervoso con evidenti sentori erbacei, bosso dicono i sommelier seri, peperone/foglia di pomodoro e pesca (dopo qualche minuto).

Un vino verticale che sia al naso che al palato offre elevata freschezza e carattere minerale; riassumendo in due parole, estremamente gradevole.  

Lo Stoan è un assemblaggio di Chardonnay, Sauvignon, Pinot Bianco e Gewurztraminer.
Partendo dal vintage 2014 il profilo olfattivo è piuttosto neutro dove solo l’erbaceo del Sauvignon e pesca bianca emergono. Affinato in botte grande è stato pensato per essere equilibrato nelle sue caratteristiche.

Non si può dire che non sia un buon vino ma sicuramente è inespresso.

E ciò emerge andando indietro nel tempo con l’annata 2013 e molto più con la 2005.
Siamo di fronte ad un giallo sole.

L’evoluzione al naso è notevole e  inaspettata e non a caso la temperatura di servizio è più alta.

Spezie dolci, toni terrosi, balsamicità al mentolo. Al palato è caldo e pervaso da note di bacca di ginepro, frutta secca quali noci, nocciole e mandorla amara, e successivamente frutta esotica su ananas e frutto della passione. Qui lo chardonnay sboccia in tutto il suo potenziale e mi regala un’esperienza inimmaginabile, se penso al 2014.
Ci tenevo anche a menzionare l’Unterebner da 100% Pinot grigio. Chi legge Appunti di Degustazione si sarà credo accorto della mia avversità viscerale per il pinot grigio italiano che nella stragrande maggioranza dei casi considero un vinello da bar (di periferia) di una città provinciale… Capirete quindi il mio lievissimo scetticismo.
La verticale che dal 2014 ci ha portato indietro fino al 2006 mi ha tuttavia mostrato che è importante non farsi prendere dai pregiudizi e dalle convinzioni, anche se ponderate, e soprattutto a non lasciarsi andare agli assoluti (“tutti i pinot grigio italiani sono inutili”).
No. Dal 2014 quello che meno mi incontra, oleoso, muscolare con lievi sprazzi di spezie dolci, pepe bianco e lieve piccantino al palato con ritorni sapidi, passiamo al 2010 dove si apprezza un tratto più erbaceo, da frutta esotica e legni aromatici che al palato aprono ad un palette quasi dolce, per chiudere con un 2006 che rappresenta un’impennata esponenziale dove il piccante si fa esplicito ed il sorso tridimensionale, solare, tostato, secco, con un’ampia varietà di profumi terziari di vernice e smalto.
Il medesimo discorso vale per il Nussbaumer, con un 2003 (Gewurztraminer) poderoso ma beverino e per il Terminum 2009 (Gewurztraminer da vendemmia tardiva) che si mostra come un guanto di velluto in chiave acida; un invito al sorso che non stanca mai.
È chiaro che la forza di questi vini, il filo conduttore, è un’innegabile e quasi necessaria propensione all’invecchiamento che estremizza fino quasi a stravolgere il profilo gusto olfattivo elevando a potenza carattere, eleganza, facilità di beva e presenza complessiva. Punto.
Ogni altra considerazione sarebbe superflua.