Non sono molte le zone in Italia vocate per la produzione di Riesling Renano di qualità.

Le caratteristiche uniche del vitigno hanno scoraggiato molti viticoltori dal cimentarsi in una coltivazione che, laddove non presentasse determinate caratteristiche che lo identificano in modo netto, rischierebbe di generare un vino privo di personalità.

C’è un’area tuttavia che nel tempo si sta rivelando un terroir particolarmente favorevole al Riesling Renano.

Di forma triangolare, proprio come un grappolo d’uva, dove la Lombardia si incunea tra Emilia e Piemonte e la pianura cede il passo a rilievi dolci ma sempre più elevati man mano che si procede verso sud. È l’ Oltrepò Pavese.

In questo splendido panorama verdeggiante, dove si alternano vigneti e boschi, sorge la tenuta del Marchese Adorno. 

Presenti come viticoltori a Retorbido dalla prima metà dell’Ottocento, hanno iniziato a produrre vino di qualità dal 1997, creando un’ azienda che oggi è punto di riferimento per tutto l’Oltrepò.
Vengono coltivati vitigni caratteristici del territorio come Bonarda e Barbera, e gli “internazionali” che  ormai da molto tempo hanno trovato territorio d’elezione in Oltrepò, in particolare il Pinot noir e Riesling Renano.
All’interno della loro varia ma non dispersiva produzione, abbiamo degustato il Riesling superiore ‘Arcolaio’, annata 2012, presentato nella sua classica bottiglia alsaziana.

Si mostra con un bel colore vivo, molto luminoso, paglierino con riflessi dorati. Stupisce la consistenza, nel bicchiere si muove placido, quasi solenne, ad evidenziare un’ottima componente polialcolica.

Essendo coltivato ad altitudini di circa 350 metri s.l.m. su suoli bianchi con importante componente calcarea, viene favorita l’espressione di sentori olfattivi piuttosto complessi. Al naso spicca la frutta arancione per lo più, come il mango e la pesca, sovrastando una delicatezza agrumata che si manifesta più timidamente nel retrogusto.
So bene che la percezione della mineralità al naso è un argomento controverso, talvolta il rischio è lasciarsi suggestionare dal vino; ma senza addentrarci troppo nell’accademia e passando quindi all’aspetto gusto-olfattivo, senza dubbio quella percezione o influenza culturale trova il suo fondamento: le sostanze minerali sono ben evidenti anche ad un palato poco avvezzo.
La ricerca di equilibrio che il vino compie all’interno della bocca è davvero interessante e continua; ad una morbidezza avvolgente, quasi cerosa, ottenuta anche con il procedimento della doppia maturazione delle uve (in cui a qualche settimana dalla vendemmia un tralcio viene tagliato, facendo appassire le uve del ramo reciso, e al contempo stimolando la surmaturazione nella parte attaccata alla pianta, per poi vinificarle insieme), si contrappongono acidità e mineralità, con grande contributo di quest’ultima. La sensazione gessosa, quasi talcata, contrasta ottimamente la grassezza polialcolica.
Il finale è lungo, quasi pacificatore in cui lo scontro tra durezze e morbidezze si trasforma in un abbraccio.
E sembra che i profumi ritornino a portare grazia ed eleganza.
È senza dubbio un bel vino fine, già pronto ma con discrete doti di longevità.
Abbinabile a piatti di discreta struttura, oltre al facile accostamento con preparazioni di pesce, l’ho provato, quasi per sfidarlo, con ravioli ai funghi porcini e il risultato è stato ottimo, un abbinamento molto equilibrato in cui la persistenza del vino ha saputo contenere l’esuberante aromaticità dei porcini, mentre le caratteristiche acide e minerali ben bilanciavano la tendenza dolce e un po’ di grassezza presenti nel piatto.