Nell’opera la Bohème, quattro giovani, un po’ squattrinati, brindano alla vigilia di Natale con del Bordeaux. Brindano a casa e mangiano fuori… segno che il vino era comunque piuttosto costoso da consumarsi al ristorante…

Su Luigi Moio c’è poco da dire: professore di Enologia presso l’Università Federico II a Napoli, Presidente di OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), è una delle eccellenze italiane di cui certamente ci possiamo vantare. Immensamente simpatico, abbiamo passato quattro ore in un attimo, una vera lectio magistralis imperdibile! E infatti la sala era davvero strapiena di un pubblico veramente attento e curioso.Francia: senza dubbio l’ordine e la chiarezza comunicativa sono elementi vincenti del vino d’Oltralpe. Grande rispetto poi dei produttori per la classificazione del 1855. Nessun produttore del Rouissillon si metterebbe a denigrare i grand cru. I grandi terroir fanno da traino a tutto il resto. Mi piace qui fare un’altra citazione. Nel film “Fra Diavolo” di Stanlio e Ollio, una delle scene più divertenti è quando si ubriacano entrambi. Indovinate cosa bevono? Uno Château Lafite del 1729!
Mai come a Bordeaux l’uomo è stato fondamentale. Qui non è il terroir – almeno non solo, ma la capacità dell’uomo di interpretare il territorio, di fare dell’assemblaggio un’arte raffinatissima.
Bordeaux attraversata dal 45° parallelo, Bordeaux che diventa colore, Bordeaux che è sede del più importante Istituto di Enologia del mondo. Clima oceanico, tuttavia l’umidità è frenata dalle foreste a sud. E tutti gli Château sono sempre circondati da un piccolo boschetto, come abbiamo visto nel corso della degustazione. La produzione è conteggiata in casse (da 12).
Il nostro viaggio comincia dal Médoc, la riva sinistra della Garonne. Suoli pietrosi, molto filtranti. Le pietre riscaldano e quindi prevalenza di cabernet sauvignon, circa il 75%. Seguono il merlot, il cabernet franc e il petit verdot.
A destra della Dordogne invece i suoli sono poco ciottolosi, più argillosi, adatti al merlot quindi, che a Pomerol e a Petrus viene lavorato praticamente al 100%.
E adesso parliamo dei vitigni.
Il merlot è un vitigno precoce che ha bisogno di suoli freschi per non rischiare di essere scottato dal sole, non resiste troppo all’invecchiamento perché tende all’ossidazione: è insomma molto delicato. Dà più colore ma è meno tannico rispetto al cabernet franc, dona una maggior dolcezza e il tipico gusto di piccoli frutti rossi e neri, prugna e talvolta fico, violetta, rosa, tabacco, cacao, caffè torrefatto. Si combina perfettamente con il cabernet sauvignon e franc ma nella zona di St. Emilion e Pomerol rimane protagonista assoluto.
Il cabernet sauvignon è più tardivo, più tannico con profumi di pepe verde, peperone verde, liquerizia, foglia di pomodoro stropicciata, ma anche talvolta buccia di patata e baccello di piselli, dona eleganza, struttura e finezza. Ha acini piccoli e buccia spessa: la raccolta deve essere molto attenta perché si corre il rischio di profumi e gusti troppo “verdi”. Insomma poi in bocca troppo pepe verde diventa una caratteristica negativa se non è armonizzata con il gusto dei frutti rossi e balsamico.
Il cabernet franc sta un po’ nel mezzo, dona freschezza, finezza ma anche un gusto mentolato, di caffè di torrefazione e di violetta.
Il petit verdot viene utilizzato per dare colore e struttura perché poi non offre una grande ricchezza aromatica.
A questo punto non resta che degustare i vini, cercando di ritrovare questi profumi e di riconoscere le varie zone. Il Professor Moio è fiducioso sul fatto che d’ora in avanti non avremo più dubbi… Speriamo di avere presto un’altra bella occasione per poter degustare nuovamente questi campioni!
Assaggiamo i vini a due a due, per “memorizzare” meglio le caratteristiche di zona. Seguirò quindi qui la stessa impostazione.
Diciamo subito alcune cose: vini mediocri non ne abbiamo assaggiati. Grande pulizia, ribadita anche da Moio, in tutti i bicchieri.
Quindi si tratta solo di decidere quali di questi profumi e gusti soddisfa di più il nostro palato.
Indubbiamente tutti grandi vini da accompagnare, questo sì, a piatti diversi, a seconda delle sensazioni che ci creano.
Partiamo con il Médoc, da sud a nord.
Margaux: grande eleganza e raffinatezza. Ingresso morbido e persistenza. Tra i due preferisco il primo più equilibrato e armonico, mentre il secondo risulta più chiuso, più “ostico”. Entrambi trosième cru classe.

Pauillac: il villaggio più alto nella classificazione e l’aspettativa non viene tradita. Grande potenza, tannino importante, densità e concentrazione.Retrogusto mentolato e grande persistenza. Qui più evidenti la liquirizia e la nota verde.
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Château Pichon Longueville Baron |
Château Lynch Bages 2013, 75% cabernet sauvignon, 15% merlot, 10% cabernet franc e il resto petit verdot. Un cinquième cru che vale, come dice anche Moio, un deuxième, ed effettivamente non fa certo la figura di un vino… meno interessante.
Château Calon-Ségur 2013, un troisième cru, 53% cabernet sauvignon, 38% merlot, 7% cabernet franc, 2% petit verdot. Con un tannino ancora aspro e meno persistente, un equilibro gustativo non centrato.Passiamo alle Graves.
Graves-Pessac Léognam: qui abbiamo meno frutta e un gusto più “animale”, anche in questo caso come St. Estèphe, tra i meno apprezzati.
Château Canon La Gaffelière 2013, 55% merlot, 40% cabernet franc, poco cabernet sauvignon. Confettura di frutti rossi, largo e morbido in bocca, il tannino è impercettibile, gusto di caramello e cioccolato. Mi è piaciuto molto.
