La Terra trema non è solo il capolavoro di Luchino Visconti, girato ad Aci Trezza nel 1948. Da otto anni, La Terra Trema è anche un luogo di incontro e di scambio culturale.
È al Leoncavallo di Milano infatti che piccoli e meno piccoli produttori, artigiani, contadini, trovano spazio incontrando una variegata tipologia di pubblico in un meltin-pot sociale che rappresenta un unicum.
Immancabilmente, e per il terzo anno consecutivo, anche noi di Appunti di degustazione siamo andati a fare un giro fra i banchi in cerca di vecchie e nuovi amici. E soprattutto vini.
Vediamo com’è andata.
Marilena Barbera ci accoglie con il solito sorriso e si presenta con una carrellata di Sicilia tutta da assaggiare.
Dall’Inzolia dall’aroma intenso per iniziare, al Microcosmo da perricone e nerello mascalese di cui ho parlato qui.
Mi dedico agli sconosciuti (per personale ignoranza) Nero d’Avola e Coda della Foce.
Poche chiacchiere per il Sicilia Doc Nero d’Avola. Sintetizzando in poche parole, come ho detto a Marilena de visu “ci sento la tua mano dentro”.
Colore rubino vivo, pulito e diretto nei profumi e anche leggero al palato, che per un nero d’Avola è quasi un controsenso. Frutto e ancora frutto con chiusura lievemente speziata e tannino setoso.
Lo vedo bene come rosso estivo o meglio in abbinamento a secondi piatti di tonno (forse vi ho parlato della tunnina ca’ cipudda, e se non l’ho fatto leggete questo articolo molto interessante).
Il rosso riserva Menfi Doc Coda della Foce è di ben altra pasta e sostanza.
Di un rubino assolutamente impenetrabile si presenta con eleganti profumi che partendo dai fiori rossi virano su frutti rossi in confettura e toni speziati. Strutturato e potente quanto basta al palato ed in linea col naso.
Riassumendo in una parola, buono.
Un calice tira l’altro in una corsa, senza fretta, per terminare la bottiglia.
Con questo vino conio ufficialmente il termine SUPERSICILIAN (ancora libero da copyright spero) perché se è vero che siamo fortissimi con gli autoctoni, con gli internazionali non babbiamo mica.
Brunnenhof è uno di qui nomi che mi gira in mente da un po’ e che mi ero ripromesso di provare prima o poi.
Gewurztraminer Mazzon
Che sapidità! Che corpo! E che aroma! Come il grande Pavarotti sfoggiava la sua potenza vocale con grazia ed eleganza nel suo frac nero, così il traminer di Brunnenhof danza sulle note di un caldo alcol ottimamente integrato a lavanda e mela cotogna, in una progressione ammaliante.
Blauburgunder Riserva 2011 Mazzon
La nota carnosa e fresca è quel quid che ti lascia piacevolmente sorpreso; poi piccoli frutti rossi di ribes e lamponi al palato, si legano alla delicata impronta tostata dovuta a fermentazione e affinamento in botti grandi.
Un vino di media struttura ma di grande impatto gusto-olfattivo. Ottimo!
Torniamo in provincia di Agrigento per scoprire la piccola realtà di Gueli. Vi consiglio di dare un’occhiata al loro sito dove Davide, Calogero e Giuseppe spiegano la filosofia aziendale e la loro interpretazione del vino. Io riassumo in poche parole: nessuna chimica e vinificazione in piccole vasche di cemento aperte per la fermentazione alcolica e poi tappate e insufflate di gas inerte per i cinquanta giorni di macerazione in assenza di ossigeno.
Siamo alla prima vendemmia di due nero d’Avola provenienti da due diversi terreni: uno calcareo, (erbatini in gergo locale)
l’altro da trubi gessosi.
Nel nero d’Avola Calcareus 2009 “si sente il biologico”, che tradotto vuol dire che non è propriamente pulito. C’è qualcosa che sgomita troppo e anche l’alcol è scomposto. Migliorabile sia al naso che in bocca.
Il nero d’Avola Erbatino 2009 invece beh… è un altro vino!
La mano è la stessa ovviamente ma qui la nota sulfurea è integrata, l’alcol decisamente meno aggressivo e il tannino equilibrato ed espressivo; con in più un tocco di liquirizia che fa da sfondo. Un nero d’Avola diverso che mi piace e mi piacerebbe riprovare.
È molto bello quando due vini all’apparenza identici possano dare risultati anche molto diversi. Stessa mano, stessa cura in vigna, stessa vinificazione, stesse uve, stesso anno. Terreno diverso.
Un salto da Andrea Occhipinti è d’obbligo. Apprezziamo il suo Igt Lazio rosso Alea Viva, da 100% uve aleatico, fin dal 2012 quando portai via ben due bottiglie proprio dalla Terra Trema. La degustazione di gennaio 2013 rivelava un vino ancora in evoluzione con qualche lieve spigolatura. La seconda bottiglia, a distanza di due anni, dimostra invece un carattere molto diverso. Ottimamente integrato in tannino e alcol, le note sono adesso di fiori secchi, lieve appassimento, e leggera confettura. Un altro vino in pratica, che vi consiglio caldamente di acquistare e attendere con pazienza.
Dulcis in fundo, e in chiusura, provo e porto via il Lazio Rosso Lancerio 2006 da aleatico appassito, il nuovo nato di casa Occhipinti… ma questo ve lo racconto un’altra volta.
Menzione d’onore per la Malvasia delle Lipari di Paola Lantieri (azienda Punta dell’Ufala) e per Nino Barraco, sempre super gettonato.