Maggio è un mese ricco di eventi ed il suo ultimo
week end non è stato da meno. Non potendomi clonare ho dovuto fare dolorose opzioni, scegliendo di ignorare le numerose Cantine aperte e di recarmi, per la prima volta, al
Vinissage, ad Asti, la più importante vetrina piemontese sui vini naturali provenienti da agricoltura biologica e biodinamica.
L’evento ospita vignaioli che credono fortemente alla centralità di una vendemmia sana, ottenuta da un buon lavoro in vigna e seguita da un lavoro in cantina fondato sul massimo rispetto per la naturalità dell’uva.
Il salone astigiano è l’ennesima rassegna dedicata ai vini cosiddetti naturali (ma su questa espressione si potrebbe discutere all’infinito), a testimonianza di una sempre maggiore attenzione del mercato verso questo genere di prodotti.
Possiamo tranquillamente affermare che, all’inizio del boom del biologico – dal 1990 al 2001 – chi sospettava una mera operazione di marketing, beh… si sbagliava.
Senza giungere a disturbare mostri sacri come il Domaine de la Romanée Conti (in biologico dal 2008), un gran numero di aziende certificate dimostrano che quando si parla di “produzione bio” non si sta più facendo riferimento ad una tendenza passeggera o a un vezzo del produttore.
Basti pensare a Jacques Selosse o a Louis Roederer in Champagne, al Domaine Leroy in Borgogna e – tra i confini italici – a Soldera ed Emidio Pepe.
C’è tuttavia da considerare che molti conducono la propria azienda con criteri strettamente biologici senza sentire il bisogno di richiedere una certificazione che – oltre ai costi da sostenere per ottenerla – significherebbe sottostare a dei vincoli che non desiderano, senza per questo intaccare la qualità del proprio prodotto (un nome su tutti: Valentini).
Dal punto di vista della produzione biologica la questione certificazioni è comunque più chiara dopo le ultime risoluzioni in ambito comunitario: a partire dalla vendemmia 2012, infatti, è il vino a poter essere definito biologico e non soltanto le uve dalle quali proviene; sull’etichetta, inoltre, si dovrà apporre il simbolo europeo che ne garantirà la provenienza.
Ma per il consumatore qual è il risultato più immediato, scegliendo dallo scaffale un vino biologico? In generale questi prodotti sono meno omologati all’olfatto e al gusto, senza tralasciare che qualcuno potrebbe anche essere alla vista meno limpido dei vini prodotti con metodi convenzionali. I vini biologici hanno però il vantaggio di essere potenzialmente più aderenti al territorio e dal punto di vista organolettico possono (possono, non devono) differire da una annata all’altra anche di parecchio. Questo per qualcuno è uno svantaggio, per altri una virtù.
Un’ultima considerazione: nella produzione di un vino biologico è consentito l’aggiunta o l’utilizzo di un alto numero di prodotti, tra cui dicloridrato di tiamina, fosfato diammonico, diossido di silicio, la famigerata bentonite e persino pezzi di legno di quercia. I pesticidi sono vietati, ma solo quelli di sintesi, mentre sono ammessi quelli origine naturale. Lo avreste mai detto?
Tornando al nostro Salone, i vignaioli presenti a Vinissage presentano vini unici a livello organolettico, che vogliono uscire dall’omologazione dei vini “costruiti” preservando la natura, il territorio e la biodiversità. Vediamo cosa ci hanno offerto.
Il Calamaio
Piccola azienda sulla collina di San Macario, a Lucca. Samuele Bianchi, che abbiamo già conosciuto qualche tempo fa, cura con coraggio e passione due ettari in forte pendenza, coniugando tradizione, innovazione e rispetto per la natura.
Il Soffio 2013: chardonnay e petit arvine. Naso di fieno bagnato, uva passa, erbaceo in bocca ha una bella sapidità. Paga il fatto di essere stato imbottigliato da poco ma ha una prospettiva di grande qualità.
Poiana 2012: sangiovese da tre vitigni diversi, tre cloni diversi, tre esposizioni diverse. Samuele prova insieme all’enologo proporzioni dei tre vino scegliendo la proporzione in base all’annata. Successivamente affinamento dell 40% in legno e del 60% in acciaio. Rubino luminoso, naso pulito di ciliegia, viola, speziatura da legno, fresco, armonico e super piacevole.
Antenato 2012: da vitigni di settanta anni a piede franco di buonamico, ciliegiolo, mazzese, bersaglino e sangiovese. Naso ampio e ritmato di viola, pot pourri, caffè, mora, erba cipollina, bocca sapida, croccante eppure agile, finale armonico. L’azienda sarà pure piccola ma fa grandi vini.
Azienda nata nel 1985 dall’impegno della famiglia Nardi, precursori dell’agricoltura biologica.
Canah: naso classico di glera con sentori di mela, gelsomino, bocca fresca, rapida, agile.
Col di Manza Rive di Ogliano 2012: naso non molto complesso che verte su spartito agrumato e accordi di fiori bianchi; residuo zuccherino percepibile – si tratta di un extra dry – e gusto completo ne fanno un vino dall’ampio spettro di abbinamento.
Animae: senza solfiti aggiunti; naso indistinto e tuttavia particolare, erbaceo quasi sulfureo. In bocca è molto difficile, ha personalità, freschezza e persistenza. Il vino di chi cerca qualcosa di diverso.
Azienda di Cognola di Trento appartenente alla famiglia Tomasi.
Terre basaltiche 2009 rappresenta l’esordio con il metodo classico, chardonnay in purezza con trentasei mesi almeno sui lieviti. Impronta di prodotti da forno distinta, evidente vena minerale, molto secco, sapido, morbido, austero. Una sorpresa piacevole.
Massimiliano Croci.
L’azienda di Massimiliano ed Ermanno Croci è in forte ascesa nel panorama vinicolo nazionale. Non avevo mai provato un loro prodotto e sono stato ben contento di assaggiare il Monterosso Val d’Arda, un blend di malvasia, moscato, trebbiano, ortrugo e sauvignon, tradizionalmente coltivati sui colli piacentini Il vino presenta una piacevole effervescenza dovuta alla presa di spuma sur lie: naso intenso di frutta candita che si rimpalla la scena con i sentori di prodotti da forno; in bocca è solido, quasi tannico ma senza nulla togliere allo scatto del gusto, fresco e sapido. Lo definirei intensamente beverino.
Marilena Barbera non è più una sorpresa: la sua azienda, incastonata tra terra, cielo ed il mare di Menfi, ha gettato le basi sul
sapere tradizionale e sulla viticultura sostenibile, il connubio di chi guarda al futuro senza perdere di vista quanto di buono il passato ci ha dato.
Dietro le case 2013: è prodotto da vecchie vigne di inzolia. Aromi nitidi di ciclamino, albicocca, camomilla, lieve sbuffo erbaceo, cui segue banana matura e ricordi salmastri. Bocca rotonda ed elegante, finale ammandorlato.
Coste al vento 2013: proviene da uve grillo, uno dei vitigni più versatili dell’intero universo ampelografico. L’interpretazione di Marilena ha naso agrumato ed erbaceo, cui segue frutta secca, finale lungo, amaricante.
Nero d’Avola 2013: naso erbaceo, salmastro e di prugna, frutta sotto spirito, bocca pulita ed armonica ben supportata da freschezza.
Infine il Microcosmo 2011, da uve perricone e nerello mascalese coltivate nel medesimo vigneto e trattate come una sola entità. Mi sorprende per immediatezza e pulizia del frutto, privo di orpelli legnosi; gusto in linea con il naso, eternamente elegante.
Reginin
La famiglia Laiolo conduce Reginin da oltre settanta anni in quel di Vinchio, nel cuore del Monferrato, a un passo dalla Riserva Regionale Val Sarmassa.
Da sul 2012: barbera da un vigneto centenario. E’ il tipo di barbera che piace tanto a me: naso franco e pulito, visciola, leggera speziatura, bocca agile e piacevole, freschezza infinita e sempre nei ranghi.
La Mora 2012: anche questa barbera non scherza! rosso rubino invitante, naso di ciliegia matura, bocca molto agile, pulita, nervosa, profumata, immediata.
Varaldo
Rino e Michele Varaldo conducono l’azienda di famiglia a Barbaresco, continuando l’opera iniziata dal nonno e proseguita col padre.
Dolcetto d’Alba 2011: naso netto di marasca, violetta, croccante, bocca fresca, agile, molto beverino.
Barbera d’Alba 2011: versato da magnum, naso di frutta matura rossa, gusto sapido e strutturato.
Barbaresco 2007: naso molto interessante, pulitissimo di violetta e fragola mora, ribes, sapido e minerale, terroso, bocca dalla perfetta corrispondenza. Mi è piaciuto molto. Chapeau. Un ottimo modo per chiudere le degustazioni qui a Vinissage.
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