Fino a non molto tempo fa, persino nel nostro Paese – che pure è terra di immensa cultura enologica – si tendeva da più parti ad assegnare ai vini bianchi e a quelli rosati il ruolo di vini beverini, obbligatoriamente freschi, inevitabilmente semplici. Da aperitivo o tutto al più da cena a base di pesce.
Quando si regalava una bottiglia ad un amico mai e dico mai – a meno di regali “mirati” – la scelta ricadeva su una bottiglia di bianco, ritenuto quasi figlio di un dio minore. Le cose per fortuna sono cambiate, già da parecchi anni: la produzione ed il consumo di vini bianchi in Italia dal 2005 al 2011 è aumentata del 6%, in controtendenza rispetto ad una diminuzione della produzione totale.
Quando si regalava una bottiglia ad un amico mai e dico mai – a meno di regali “mirati” – la scelta ricadeva su una bottiglia di bianco, ritenuto quasi figlio di un dio minore. Le cose per fortuna sono cambiate, già da parecchi anni: la produzione ed il consumo di vini bianchi in Italia dal 2005 al 2011 è aumentata del 6%, in controtendenza rispetto ad una diminuzione della produzione totale.
I motivi per cui gli Italiani hanno scelto più spesso una bottiglia di vino bianco si possono ricercare in tre fattori determinati e determinanti: il prezzo (generalmente più basso rispetto a un rosso di analoga qualità), tasso alcolico non eccessivo con conseguente maggiore bevibilità e – terzo fattore – maggiore duttilità e quindi notevole varietà di abbinamenti, dalle minestre alle carni bianche, dalle pastasciutte a piatti sofisticati di pesce.
I vini bianchi sanno trasmettere il territorio almeno quanto i rossi ed analogamente possono sfidare il tempo. Con l’intento di trasmettere questa filosofia Gowine, d’intesa con il Consorzio Tutela Vini Soave e Recioto di Soave, ha promosso la sesta edizione de “Tutti i colori del Bianco”, forum nazionale sul vino bianco italiano, tenutosi all’Hotel Michelangelo di Milano martedì scorso.
Numerosi i produttori presenti, tutti molto rappresentativi. Una occasione speciale per i bianchisti accorsi all’Hotel Michelangelo. Appunti di degustazione ne ha testato qualcuno.
Proviamo uno dei prodotti più rappresentativi dell’azienda tortonese, il Derthona, da uve timorasso. Il 2010 ha un olfatto definito, erbaceo, minerale e di buona intensità, gusto sapido, armonico e sopratutto lunga persistenza. Il 2005 sorprende per l’impatto olfattivo immediato di idrocarburo, cui segue frutta tropicale matura; in bocca manifesta bella salinità in equilibrio con la freschezza.
Due espressioni di Est!Est!!Est!!! Scelta vendemmiale: l’annata 2011 è contraddistinta da naso mediamente intenso su pesca sciroppata e mela, sapido in bocca e finale medio lungo, non trascendentale. Il 2009 da magnum ha sferzata olfattiva espressiva di litchi, miele di acacia, erbe officinali, funghi; in bocca è sapido, buona morbidezza, avremmo preferito provarlo a temperatura più bassa, in ogni caso una gran bella interpretazione di questo blend di trebbiano e malvasia.
Interpreti di uno dei vitigni più sottovalutati, a nostro parere, dell’intera ampelografia nazionale; presentano la Cuvée Soleil, prodotta con metodo Martinotti, dal naso classico di fiori bianchi e frutta fresca, bocca fragrante e finale un po’ amaro ed il Metodo classico Goccia d’oro, caratterizzato da una bollicina non finissima e spumosa e dal bel naso fragrante, incentrato su classici sentori di prodotti da forno. Prodotti interessanti dal rapporto qualità prezzo molto favorevole.
Paolo e Gianni Petrussa hanno riannodato un filo con la tradizione, portando avanti il percorso tracciato dal nonno Giuseppe e proseguito dal padre Celestino e la madre, Giustina. L’azienda di Prepotto offre in degustazione il Friulano 2013, dai nitidi e piacevoli sentori di timo e menta, bocca morbida, dal caratteristico finale ammandorlato. Il Friulano 2010 ha toni dolci di miele di castagno, frutta gialla, pesca ed ananas, nota tostata di mandorla; in bocca si dispone elegantemente, mediando piacevolmente corpo e tensione gustativa. Quando penso a un Friulano, penso a Petrussa.
Di Marisa Cuomo riusciamo a provare soltanto il Fiorduva 2009, essendo esaurito il 2012. Giusto un anno fa avevamo recensito l’annata 2008 (recensione che si può trovare qui).
Blend di fenile, ginestra e ripoli, vitigni tipici della sottozona di Furore, il Fiorduva si conferma un top wine in senso assoluto, magnifico ambasciatore della storia amalfitana e della sua viticultura eroica. Le uve sono raccolte surmature, e sono combinate in proporzioni tali da enfatizzare ciascuna le proprie caratteristiche, quando le andiamo a ricercare nel calice. Il risultato è un vino luminosissimo, il cui olfatto rimanda a fiori bianchi, miele, tono erbaceo molto distinto, cui segue netto tono di pesca gialla e sbuffi minerali e di idrocarburi. Al naso ammaliante corrisponde preciso e fiero un gusto perfettamente bilanciato, croccante e nervoso al tempo stesso, indirizzato ad una illimitata persistenza.
Di Angelo negro e figli proviamo solo il Metodo classico Giovanni Negro 2008, sessanta mesi sui lieviti: è una sorpresa. Il perlage è spumoso e ricco di finissime bollicine. Naso complesso di frutta bianca, brioche, cipria, pesca sciroppata, leggera e persistente nota erbacea che ricorda il finocchio, e poi burro salato, indefinite nuances di prodotti di pasticceria. In bocca ha perfetto volume carbonico, non aggressivo né evanescente, ha corpo ed eleganza, non stanca, anzi, invita a nuovi sorsi. Ottenuto da uve arneis, vi garantisco non ha nulla da invidiare ad altri spumanti italiani più blasonati. E’ la dimostrazione, casomai ce ne fosse bisogno, che bianca o rossa che sia, chi sa trattare l’uva ottiene sempre un risultato di qualità.
Sono completamente d'accordo i vini bianchi d'Italia sono così diverse e ci sono così tante note meravigliose da scoprire.