Volevo parlarvi di questa serata dedicata al Lambrusco che si è tenuta la settimana scorsa in un’enoteca Milanese in zona Spontini. Non sono avvezzo alle verticali e non avevo troppa voglia ma ho deciso ugualmente di partecipare perché in generale mi sento piuttosto incuriosito dal lambrusco e poi per il prezzo modico. (Mi vedrei bene anche in una verticale di Masseto comunque, io la butto lì…).
Ho provato diversi lambrusco di recente, alcuni validi e altri meno, e questa serata ha rappresentato per me un’ulteriore passo avanti nella conoscenza del lambrusco.
Siamo in sette e con noi è presente anche il produttore che ci illustra le tre annate in degustazione 2011, 2010, 2008 (scelta voluta per evidenziare l’evoluzione nel tempo).


Ca’ De Noci è un’azienda emiliana a conduzione familiare, biologica dal 1993, che consta di circa dieci ettari ai piedi dell’appennino reggiano. I fratelli Alberto e Giovanni, a parte il lambrusco grasparossa e di montericco, coltivano altre varietà autoctone come malbo gentile, sgavetta, malvasia aromatica, moscato, spergola e, come eccezione, cabernet sauvignon.
I calici sono in tavola e anche i piatti di salumi assortiti che fanno da compagno.
Mentre apriamo il 2011 Giovanni ci racconta di come sia difficile gestire un uva come il lambrusco. 1,5kg per grappolo dice; “Con 2 grappoli abbiamo fatto una bottiglia!”
La filosofia di questo vino è lontana anni luce dall’interpretazione moderna del lambrusco, ovvero un prodotto che va bevuto giovane.
“Lo trattiamo come prima delle mode, con metodo artigianale: macerazione sulle bucce per 7,8 giorni. Oggi si sta riscoprendo questa tecnica ma in campagna si è fatto sempre così, nulla di nuovo”.
Non è un vino conformista, non è un vino adatto a tutti i palati, non è un vino facile.
Al momento della mescita un aneddoto che mi ha colpito è quello relativo agli antociani, il pigmento che rende rosso il vino. “Nelle cantine sociali si arriva ad un colore rosato anche senza macerazione perché si usa l’ancillotta che ha gli antociani anche nella polpa. Quì la macerazione è necessaria perché usiamo solo lambusco e anche per conservare meglio il vino poiché non vi sono solfiti aggiunti; solo quelli della fermentazione naturale sui lieviti in bottiglia.”
E’ il momento di assaggiare il 2011 non ancora disponibile.
Rosso carico impenetrabile presenta una bollicina finissima e rossa e forti sentori di lieviti al naso (non è sboccato).
Fortemente sbilanciato sulle durezze lo sento ruspante, rustico, acidissimo, amarognolo, con un tannino “erbaceo” e una leggera sensazione fruttata sul finale. A detta di molti fra noi giovanissimo, anzi non pronto, dovrebbe riposare ancora parecchi mesi prima della commercializzazione.
Mi ha veramente spiazzato…
Sembra avere ancora un residuo di alcol non svolto e sebbene Giovanni ci assicura che le analisi dicono il contrario è d’accordo con noi.
“Nasce da terreni misti le cui diverse varietà sono pigiate insieme in uvaggio. E’ una scelta difficile e radicale. Bisogna bilanciare bene la maturazione delle diverse uve.”
Ulteriore curiosità… viene venduto solo nei mesi invernali per sgrassare i cibi tipici della zona, molto grassi.
Il 2010 ha un naso più bilanciato, meno erbaceo in valore assoluto, con note animali e frutta cotta. Bella freschezza e tannino più centrale, deciso e ben avvertibile.
Qualcuno avanza un sentore più marcato di solfitaggio… a me sembra solo ossidazione dovuta alla macerazione. In generale pronto e ben più armonico del precedente (non ci voleva molto cmq).
Il 2008 infine si presenta con il medesimo colore un pizzico meno carico e un forte sentore animale. Sembra il migliore di primo acchito…
“Il rischio di omologazione è sempre dietro l’angolo per i vini iperossidati. Dopo un certo lasso di tempo infatti, qualsiasi vino prodotto nel medesimo modo assumerà il medesimo gusto. Si accumula acetone in pratica, un ossidativo che appiattisce tutto.”
Riassaggiando il 2010 e il 2008 trovo quest’ultimo più piatto in generale e meno tannico; il 2010 ha più verve e sebbene un pò esuberante resta il migliore fra i tre.

Personalmente mi trovo più confidente in un lambrusco stile “moderno” tipo il Chiarli Enrico Cialdini oppure l’Ottanta Vendemmie (ricordate l’ancellotta) di Cantina Sociale di Quistello anche se è un pò come paragonare mele con pere…anni luce di distanza appunto.

P.S. della serie non tutti sanno che
Il lambrusco nasce frizzante perché anticamente la fermentazione non finiva mai… terminato il periodo invernale infatti riprendeva spontaneamente in primavera all’aumentare della temperatura.