Agli incauti amici o anche ai semplici conoscenti che mi chiedono quale sia il vino più buono che abbia mai bevuto impongo un pistolotto in cui cerco di spiegare in cinque minuti (se non mi interrompono) i basilari concetti di gusto individuale, alternando nozioni di degustazione a pensieri di spicciola filosofia enologica. La riflessione che più di tutte mi pare faccia effetto è la seguente: è facile spendere cento euro e comprare un ottimo vino: riprendendo gli Articolo 31, l’impresa eccezionale è, invece, spenderne cinque volte di meno e portare a casa un prodotto che nulla ha da invidiare a quelli più blasonati (e costosi); è strano che questo assunto origini successo tra i miei interlocutori poiché a pensarci bene, sfiora la banalità.
Il vino che ho bevuto oggi rappresenta uno di quei casi, sporadici nella carriera di un bevitore/degustatore medio ma non rarissimi se si tratta di un serial drinker come me. Uno di quei vini per i quali anche scervellandosi non si trova un motivo – anche uno soltanto – per non riacquistarlo.

Quattroenne è prodotto da una piccola azienda messinese, Le Casematte, nella frazione di Faro superiore, in una lingua di terra tra il Mar Tirreno ed il Mar Ionio; l’azienda prende il nome da due fortini ancora presenti, un tempo destinati al rifugio delle sentinelle del secondo conflitto mondiale. Gli ettari coltivati sono quattro, dedicati ai quattro vitigni che costituiscono questo blend: nerello mascalese, nerello cappuccio, nocera e nero d’avola, le quattro “N”, per l’appunto. 
La DOC Faro, costituita nel 1976, è stata a lungo una DOC immaginaria, in quanto il pur vasto potenziale enologico messinese è andato incontro ad progressivo depauperamento che in realtà era già iniziato da tempo; pensate: all’inizio del ventesimo secolo gli ettari vitati della provincia messinese erano circa quarantamila, scesi drasticamente a meno di mille odierni. Solo negli anni Novanta si è registrato un ritorno alla viticoltura di qualità, con risultati, oggi, molto apprezzabili. Va sottolineato il coraggio dei viticoltori messinesi che hanno resistito alle sirene del cosiddetto “gusto globale”, mantenendo i vitigni autoctoni e salvandoli dall’espianto a favore dei vitigni internazionali
Quattroenne: campione di qualità/prezzo

Rosso granato impenetrabile, consistente; naso di visciole mature, pot pourri, sbuffi iodati, china, leggera trama vegetale; il palato è all’insegna dell’equilibrio, segno di un ottima conoscenza delle caratteristiche dei quattro interpreti di questo vino. Morbido ma non ruffiano, tannino appena vegetale, fresco e sapido, sorso pieno, carnoso, finale su toni mediterranei. La forza di questo vino, nella bottiglia, è la complessità olfattiva unita alla bevibilità appagante e senza compromessi. La forza di questo vino, fuori dalla bottiglia, è il prezzo: si trova comodamente a meno di venti euro, il che lo rende una stella piccola, forse, ma molto luminosa nel firmamento vinicolo.  

84/100

(function(i,s,o,g,r,a,m){i[‘GoogleAnalyticsObject’]=r;i[r]=i[r]||function(){
(i[r].q=i[r].q||[]).push(arguments)},i[r].l=1*new Date();a=s.createElement(o),
m=s.getElementsByTagName(o)[0];a.async=1;a.src=g;m.parentNode.insertBefore(a,m)
})(window,document,’script’,’//www.google-analytics.com/analytics.js’,’ga’);

ga(‘create’, ‘UA-40013332-1’, ‘appuntididegustazione.blogspot.it’);
ga(‘send’, ‘pageview’);