Lo scorso 7 febbraio il Buttafuoco storico ha compiuto ben 22 anni. Per l’occasione, l’omonimo“Club” ha deciso di festeggiare l’evento con una serie di iniziative tra cui un convegno tenutosi proprio a casa del festeggiato, ossia presso la suggestiva enoteca dalle volti a botte sita a Vigalone, piccola frazione di Canneto Pavese.

Il tema oggetto di discussione è stato il confronto tra il territorio internazionalmente noto dello Champagne e il territorio decisamente meno noto del Buttafuoco Storico. L’argomento incuriosisce se non altro per la difficoltà di individuare a primo impatto dei punti di contatto tra queste due realtà enologiche distanti, non solo geograficamente, ma anche per tipologia di vino prodotto e per metodi di vinificazione.

Ma procediamo per ordine… prima di parlare della festa, prestiamole dovute attenzioni al festeggiato.

Il Buttafuoco Storico è un vino fermo ottenuto da un uvaggio di Croatina (circa 50%), Barbera (circa 25%), Vespolina (detta anche Ughetta di Canneto) e Uva rara. All’interno di ciascuna vigna le quattro uve vengono vendemmiate tutte insieme, sicché ogni etichetta di Buttafuoco storico è in qualche modo assimilabile ad uno specifico cru.

Non si tratta di una DOC specifica, in quanto la denominazione di appartenenza è pur sempre “Buttafuoco dell’Oltrepò pavese”, bensì di un vino che, per volontà degli aderenti al consorzio oggi costituito da 14 produttori e noto per l’appunto come“Club del Buttafuoco storico”, è soggetto a una regolamentazione più restrittiva volta a garantire un elevato livello qualitativo del prodotto e una sua maggiore tipicità.

Vediamo allora in cosa si sostanziano le principali“restrizioni”del Buttafuoco storico:

  • uve provenienti esclusivamente dalla zona storica di produzione delimitata a Ovest dal torrente Scuropasso, ad Est dal torrente Versa, a Nord dalla Pianura padana e a sud dai confini dei comuni di Castana e Pietra de Giorgi;
  • raccolta esclusivamente manuale delle uve;
  • vinificazione in unico tino delle quattro tipologie di uve che lo compongono;
  • maturazione in botte per almeno un anno e successivo affinamento in bottiglia per almeno altri sei mesi;
  • utilizzo della caratteristica bottiglia col simbolo del veliero;
  • indicazione sulla bottiglia della qualità dell’annata in base al numero di “fuochi” (da tre, con punteggio minimo di 80/100, a sei).

Il vino che si ottiene, di un rosso rubino intenso e compatto, è animato da un deciso tenore alcolico e sostenuto da un corpo possente; è un vino con cui, come una morbida e calda coperta, ci si può coccolare davanti al camino in una sera d’inverno: appagante, forte, senza esitazioni, vellutato.

Peccato che un vino di questa portata sia ancora troppo poco conosciuto in ambito nazionale e quasi del tutto sconosciuto all’estero.

E veniamo al punto oggetto del dibattito: è proprio la divaricazione tra la realtà del Buttafuoco Storico e quella delle celebri bollicine francesi il motivo stesso del gemellaggio. Lo Champagne è infatti un vino che nel mondo non solo identifica la regione vitivinicola entro la quale è prodotto ma che incarna uno dei simboli della Francia stessa. Esso compatta al suo interno vigneron e maison e quindi è senz’altro un modello da seguire in fatto di capacità di rappresentazione e valorizzazione del territorio; un grande esempio che i produttori del Buttafuoco storico dovrebbero ben avere in mente se vogliono che il loro vino inizi pian piano ad essere conosciuto e apprezzato anche oltre i limitati confini dell’Oltrepò pavese.

Come evidenzia il Presidente uscente del Club, Giulio Fiamberti, non si tratta di focalizzare l’attenzione sul vitigno in sé quanto sull’area di produzione, soprattutto.

Convergono sull’argomento gli interventi di alcune rappresentanze delle Istituzioni locali, oltre che di alcuni esperti del settore enogastronomico tra cui Antonietta Mazzeo, editorialista e sommelier Ais, Luisito Perazzo, sommelier Ais di lunga data insignito di diversi riconoscimenti tra cui quello di Miglior sommelier d’Italia 2005, e Federico Gordini, ideatore di eventi ed iniziative quali Bottiglie Aperte e Milano Food Week.

Dall’insieme dei contributi emerge che il Buttafuoco storico ha tutte le carte in regola per diventare uno dei vini simbolo dell’Oltrepò pavese, della Lombardia, dell’Italia.

E tuttavia per conseguire questo ambizioso progetto è chiaro che non basta l’impegno individuale dei singoli produttori alla realizzazione di vini che tendano all’eccellenza; i vini devono essere senz’altro ottimi ma è evidente che occorrono ulteriori indefettibili ingredienti, quali il gioco di squadra tra i produttori, tra i produttori e le istituzioni, oltre all’attivazione e all’alimentazione continua di un circuito di formazione e comunicazione semplice e chiara, capace di veicolare interesse per questo straordinario vino e la sua bellissima terra.

Anche solo considerando la capacità di catalizzare gli enoturisti, risulta che in Oltrepò pavese c’è ancora molto da fare: servono strutture ricettive con offerte diversificate per tipologia di cliente e cantine aperte nei weekend per la visita e le degustazioni. Io stessa avevo provato nei giorni precedenti a contattare alcuni produttori della zona per una visita mattutina e domenicale delle cantine ma la risposta nella quasi totalità dei casi è stata: oggi siamo chiusi…

La consapevolezza dei propri limiti è ad ogni modo un primo fondamentale passo per l’inizio di un percorso diverso e in tal senso l’incontro in questione ha messo in evidenza questa volontà e la necessità di un cambiamento.

Il confronto con lo Champagne e il suo territorio è quindi tutt’altro che un accostamento bizzarro e privo di senso. Anche in campo enologico, infatti, il dialogo e la comparazione con esperienze virtuose non ostacolano anzi, al contrario, possono favorire il processo di formazione della specifica identità di un vino. Se qualcuno sa fare bene qualcosa, non è certo motivo di disonore cogliere spunti dalla sua esperienza. In quest’ottica, i produttori del Buttafuoco Storico non dovrebbero avere paura di “copiare” dai produttori di Champagne la salda e tenace capacità di operare uniti verso l’obiettivo di far conoscere e riconoscere il frutto della loro terra come espressione di classe ed eccellenza.

L’interessante discussione non poteva che avere come epilogo un banco di degustazione di Buttafuoco storico e di Champagne.

Dopo avere fatto onore alle bollicine di Champagne Delamotte Brut Le Mesnil Sur Oger di Delamotte, Blanc de noirs brut di Alexandre Bonnet e Royale Reserve Non Dosé di Philipponat, special guests dell’evento, sono passata all’assaggio di alcuni dei Buttafuoco presenti.

Posso dire di essere rimasta quasi stregata dal profumo strepitosamente intenso del Buttafuoco Vigna Sacca del Prete 2012 di Fiamberti: viole e mele rosse si fondono in un soave mix odoroso arricchito da una delicata nota di talco. Il tannino è levigato e l’alcol non fa alcun ingresso prepotente in bocca trovando un adeguato contrappeso in una decisa freschezza. La persistenza è senz’altro buona.

Col Vigna Costasera 2010 di Maggi si passa invece ad un ventaglio aromatico diverso, vira più sui profumi di tostatura, tabacco e castagne, incorniciati da una affascinante nota fumé. Al sorso mostra una bella muscolatura con un tannino ben presente ma comunque privo di eccessiva e fastidiosa irruenza. Un bell’equilibrio che  è possibile riscontrare anche nel Buttafuoco Vigna Montarzolo 2011 di Davide Calvi e nel Vigna di Frach dell’Azienda Carla Colombo il cui spettro olfattivo è maggiormente incentrato sulle note di ciliegia matura e di roccia.

La diversità geologica dei suoli della zona storica e le piccole variabili nella composizione dell’uvaggio sono alcuni dei fattori che fanno sì che il Buttafuoco possa esprimersi in diverse e interessanti sfaccettature sensoriali. In tutti i casi, non dimentichiamo, la sua qualità è legata a doppio filo alla sua “storicità” ossia al suo tradizionale modo di venire alla luce come figlio di un’unione di uve e non di un taglio di vini.

Il suo punto di forza è però anche il suo punto di debolezza; attenzione, quindi, a che la vendemmia venga svolta quando il livello di maturazione è adeguato per tutte le uve. Ma del resto, ai vignaioli del Buttafuoco storico non piace vincere facile ma piace fare bene e ancora meglio.

Allora ancora auguri Buttafuoco storico, cin cin e Champagne per tutti!