Se penso al divertente e popolare testo di Giorgio Gaber che recita
“triste col suo bicchiere di Barbera senza l’amore al tavolo di un bar, il suo vicino è in abito da sera triste col suo bicchiere di champagne”
mi rendo conto di come è cambiato il mondo in meno di mezzo secolo. Nella canzone, infatti, i due protagonisti sono accomunati solo dalle pene d’amore, mentre in tutto il resto sono distanti, uno è disoccupato, l’altro è un direttore. E per sottolineare questa distanza sociale, Giorgio Gaber specifica che il disoccupato beve barbera, l’altro champagne. E come dargli torto. Fino a pochi anni fa, la barbera era un vino da trattoria, un vino-alimento per sostenersi durante le faticose giornate di lavoro nei campi, il vino da bere in compagnia, alle feste di paese. Semplice, immediato, un po’ ruvido e scontroso, economico e alla portata di tutti.
Lo champagne, invece, era altra cosa. Un vino per le feste, per regine e diplomatici, un vino da signori.
Oggi, invece, le cose son cambiate. L’associazione povero-barbera non avrebbe lo stesso significato (e forse neppure champagne-ricco, visto che sono reperibili molti ottimi champagne a prezzi accettabili).
La barbera, oggi, è un vino diverso. Esiste ancora la versione più semplice, immediata, da “vino di tutti i giorni”, ma molto più spesso, la barbera si distingue per altre caratteristiche molto più aristocratiche. In molti casi, le stesse vigne non sono in posizioni meno vocate come avveniva un tempo, non sono male esposte per lasciare spazio al nebbiolo o ad altri vitigni “più nobili”. Anche in cantina, le attenzioni sono maggiori ed i risultati qualitativi sorprendenti.
Per questi motivi Go Wine da alcuni anni non manca di omaggiare questo vitigno – tipico soprattutto del Piemonte – dedicando una intera giornata alla degustazione di alcune delle più rappresentative realtà aziendali che producono la barbera. E in questa occasione non mancano i confronti fra i territori più vocati (Alba, Asti, Monferrato, Colli Tortonesi e Nizza Monferrato), fra i diversi stili produttivi (solo acciaio, botte grande, barriques,) e le scelte aziendali (biologico, convenzionale, biodinamico). E noi non potevamo mancare, come testimoniato dalle annotazioni che seguono.
Il Boschetto Vecchio di Guasti Clemente, anno 2012, già dalla bottiglia racconta la storia dell’azienda che in Nizza Monferrato è presente dal 1946 e da quell’anno produce diversi esempi di barbera. Quello degustato si è distinto per la freschezza del sorso, per le note olfattive di frutta matura, di spezie e per le sensazioni balsamiche, ma anche per l’equilibrio e l’eleganza di un calice che si può degustare con un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Nei Colli Tortonesi non potevamo non assaggiare le barbera di Claudio Mariotto – Vho 2013 e Poggio
del Rosso dello stesso anno. Al naso hanno da subito sprigionato un ventaglio odoroso giocato su note di sottobosco, funghi e grafite, il tutto sorretto da una spinta balsamica. L’ingresso in bocca è pieno ed avvolgente, con una trama tannica finissima, mentre l’alcolicità e la sapidità danzano in perfetto equilibrio, riprendendo le sensazioni avute al naso nel lungo finale.
È l’eleganza che accomuna i vini assaggiati e che si distingue nel Ciabot Contessa, Cantina di Fracassi Ratti Mentone, anno 2014. Una barbera d’Alba che ben rappresenta il territorio in cui nasce per l’acidità sottile, ma ben presente, per il naso piacevole, che invita a risentire i profumi, le note fumé e le tracce di grafite, i frutti rossi e maturi ed i ricordi di spezie.
Generala 2014, di Bersano, è un Nizza Riserva con i fiocchi in cui la sapidità è centrale all’assaggio e il rincorrersi dei piccoli frutti rossi, dei mirtilli e della confettura non si esauriscono al naso, ma continuano in bocca in un finale lungo e soddisfacente.
La Cantina Sociale di Vinchio Vaglio Serra racconta la barbera d’Asti attraverso Sei Vigne Insynthesis, vendemmia 2009, in cui dominano già al naso note minerali, di torrefazione, un pot-pourri di fiori secchi e sentori di amaretto. L’assaggio è intenso, pieno, quasi “masticabile” con una freschezza ancora marcata, ma in fase discendente. Un sorso fortunato che lascia intendere di aver colto la massima espressione. La nota alcolica è ben evidente (14,5 % titolo alcolometrico volumico) e i tannini ben levigati, buono l’equilibrio e la persistenza.
Questi e gli altri assaggi hanno testimoniato la grandezza di questo vitigno piemontese rappresentativo e amatissimo e le parole di Gaber “insieme brindiam col tuo bicchiere di barbera” ben concludono questo banco di assaggi.