Lo aspettavamo con impazienza. Nel piccolo circuito di appassionati e professionisti che frequento in tanti eravamo desiderosi di entrare al Palazzo del Ghiaccio di Milano per la quinta edizione del Live Wine. Perché? Presto detto: è una fiera-mercato che seleziona i vignaioli secondo alcuni importanti criteri, già utilizzati da altre associazioni e spesso – quasi sempre ma non sempre – garanzia di qualità. I vini che troviamo al Live Wine, per esempio, sono prodotti e imbottigliati da vignaioli protagonisti in prima persona in vigna e in cantina, provengono da uve raccolte a mano e
da vigneti non trattato con prodotti chimici di sintesi e – last but non least – non contengono additivi non dichiarati in etichetta: qualcuno li potrebbe chiamare “vini artigianali” e devo dire che l’accezione positiva del termine – semmai ve ne fosse una negativa – ci piace. Ma non basta: il Live Wine ci affascina per la capacità di presentare vignaioli veraci, persone e non personaggi, come già scrivemmo quattro anni fa. Donne e uomini che sanno parlare di vino, hanno spesso le mani segnate dal lavoro in vigna e hanno sempre – e dico sempre – gli occhi brillanti, quando parlano dei loro vini.
Siamo sempre stati al Live Wine, sin dalla sua prima edizione: possiamo dire, non senza orgoglio, di averne compreso le potenzialità: era il 2015 e si avvertiva pienamente l’importanza di comunicare un vino relativamente salubre, oltre che buono. Un vino sostenibile. Oggi non c’è fiera, mercato, evento grande o piccolo che sia che non dedichi spazi ai vini naturali, nelle sue diverse sfaccettature. Al Live va dato il merito di aver proposto a Milano un evento dedicato a queste piccole grandi realtà. Ve ne raccontiamo brevemente due: