Com’è andata?

Che ci crediate o meno ve lo posso garantire. Quest’anno mi sono trovato particolarmente bene al Vinitaly!

Non ho avuto quella sensazione di calca, di claustrofobia da concertone del 1°maggio, di necessità di sgomitare o appiattirsi tra la folla per muoversi all’interno degli stand. Qualcosa ha funzionato a dovere. O almeno, meglio che in passato.

Pare e dico pare che anche la questione parcheggi, grazie anche all’apertura di altre zone sosta, sia stata meno impegnativa del previsto. Con i dovuti distinguo ovviamente.

E gli smartfonini? Chiamate ok, Internet e 4g ok… insomma non mi pare di aver avuto problemi anche sotto questo profilo.

Sembra incredibile poi ma, sarò stato fortunato, quest’anno non ho assistito a nessuna, e dico nessuna, scena memorabile di gente barcollante/vomitante/vergognosamente ubriaca/senza dignità. Insomma poca roba! Una noia.

Credo che queste e altre piccole limature organizzative, una dietro l’altra, abbiano portato ad una percezione qualitativa complessiva medio/alta, se non altro migliore, dell’evento fieristico sul vino più atteso in Italia.

Persino la concessione degli “accrediti” agli operatori della comunicazione è stata sicuramente più precisa anche rispetto agli standard già restrittivi dei precedenti due anni.

E che dire poi dei pass di ingresso concessi, o acquistati, dai produttori? Ho visto con i miei occhi scene di panico di “tizio” che chiama il produttore amico supplicando di fargli recapitare il pass ai tornelli e questi rispondere che dovrà comunque attendere un’ora almeno fuori dai cancelli perché il pass è appena stato usato da “tizio2” arrivato solo 10 minuti prima…

Capisco la necessità dei produttori di muoversi liberamente all’interno e all’esterno della fiera per recuperare bottiglie o semplicemente gestire un imprevisto… Capisco anche che siamo in Italia e come spesso accade, si tende a piegare o ad approfittarsi fin troppo di talune regole come questa.  E non ditemi che non è vero.

Invece un aspetto su cui vorrei far riflettere, l’altra faccia della medaglia, è rappresentato dall’impossibilità di garantire un ingresso superagevolato (ad un prezzo simbolico) a chi il business lo porta avanti tutti i giorni per davvero, ovvero gli operatori di settore come le enoteche, per esempio. Anche qui, non sono gli 80 euro che fanno la differenza per carità ma forse, che so, si potrebbe pensare di includere l’ingresso per più giorni o magari concedere un singolo accredito per enoteca. Una quadra andrebbe ricercata.

 

Numeri

Vediamo alcuni numeri interessanti di questa edizione 2018.

Oltre 4.380 le aziende espositrici a Veronafiere (130 in più dello scorso anno) da 36 paesi e più di 15.100 vini proposti tramite la Vinitaly Directory online.

Il 52esimo Vinitaly chiude contando 128 mila visitatori da 143 nazioni con un forte incremento del 6% dei buyer esteri ovvero 32 mila presenze. Niente male davvero.

Andando più nel dettaglio, in forte crescita il mercato cinese con 34% e statunitense con +11%. Fra gli altri anche Nord Europa – Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca (+17%), Paesi Bassi (+15%), Polonia (+27%). Non dimentichiamo anche Germania, Regno Unito e Giappone.

 

Affrontare il Vinitaly

Ci vorrebbe un piano strategico, una programmazione, un percorso, segnato sulla mappa con i segnaposto disposti in fila, che idealmente dovrebbe iniziare dagli ultimi padiglioni in fondo alla fiera quelli del Vivit per intenderci, per poi procedere a ritroso, verso l’uscita. Un’ottimizzazione di tempi e risorse fisiche per minimizzare spostamenti e massimizzare il tempo a disposizione.

Molto interessante la verticale di Morellino di Scansano dove attraverso i millesimi si è potuta notare un’evoluzione non solo di gusto ma anche di metodo produttivo

E c’è chi il percorso lo fa per davvero. Voi non lo sapete ma sono in mezzo a noi, si aggirano per i padiglioni con lo sguardo basso con il duplice scopo di ricercare il prossimo obbiettivo ed evitare di incontrare conoscenti o chiunque possa fargli perder tempo. Sono i “serial taster” che in un giorno si prefiggono di assaggiare tutta la Sicilia, l’Abruzzo e almeno metà Trentino, o meglio l’Alto Adige. Non si possono permettere di fare pipì e hanno la sveglia sul telefonino impostata in modo che dopo 10 minuti e 45 secondi si ricorda che è giunto il momento di passare oltre.

Sono quelli che sanno esattamente quali assaggi fare. “Provo il vermentino grazie“. Centrifuga nel calice. Due note sull’annata, Un’annusata e via giù. Gargarismo, leggera aspirazione e avanti un altro.

La mia verità è che il Vinitaly è il momento giusto anche per rivedere amici, conoscenti, produttori che non hai mai la possibilità di incontrare, vuoi per mancanza di tempo o per eccessiva distanza. Da qualche anno lo vivo più “slow”, cioè gli spostamenti sono sempre veloci, certo, ma provo a prendermi i miei tempi al desk, a scambiare più di quattro chiacchiere, ad andare a salutare chi non vedevo da tempo. Insomma me la godo per quanto possibile.

Il fatto è che due giorni diventano pochini… e sì perché il primo lo passi per appuntamenti fra conferenze e degustazioni organizzate, il secondo scivola via saltando da un padiglione all’altro salutando a destra e a manca fra un calice fugace e l’altro. Mancano gli assaggi giusto? Ecco l’inghippo sta lì, negli assaggi compressi fra due impegni.

Per questo motivo occorre trascorrere [almeno] un terzo giorno di Vinitaly.

Lo dico da anni e ormai non ci credo più nemmeno io.

Chissà, magari l’anno prossimo me lo preparo ‘sto benedetto percorso. E punto pure la sveglia sul cellulare…

 

E i vini?

I vini comunque ci sono. Vi lascio con una carrellata fotografica dei miei migliori assaggi.

Il Millesulmare 2015, grecanico dorato di Santa Maria La Nave si aggiudica il premio come MIGLIOR assaggio del Vinitaly 2018 in assoluto. Un enorme (e doppio) complimenti a Lucia

 

Poche migliaia di bottiglie ma il Comitissa di Lorenz Martini, VSQ altoatesino da 40% pinot bianco e 30% chardonnay e pinot nero, è probabilmente uno dei migliori spumanti d’Italia. Fresco e sapido, profumato e complesso gode di una beva invidiabile e quel senso di profondo appagamento che solo i grandi vini sanno dare. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Taurasi di Borgodangelo e anche il rosso sono di quei vini che non dimentichi facilmente. Ti entrano in testa e non se ne vanno più.

 

Mai provato il frappato, o meglio ancora il nero d’Avola di Feudi del Pisciotto? No? Peccato perché vi state perdendo un grande frappato che vuole fare il Brunello e un nero d’Avola di un’eleganza e una grazia uniche.

 

E che dire del pecorino “Giocheremo con i fiori” di Torre dei Beati? Potremmo dire che mai nome fu più azzeccato perché l’impatto primaverile floreale è completo. E’ un po’ come trovarsi su di un prato in fiore in piena campagna, con la sua erba, i fiori di campo e la brezza marina che sa di iodio che fa da sfondo a tutto.