Per chi – come me – è costantemente proiettato al futuro e non ama volgersi indietro, no. Era il 2006, quindi più di dieci anni fa. Uno dei miei mentori sulla strada del Vino, Antonio, mi prese per mano conducendomi verso una realtà che era facilmente comprensibile persino per un quasi eno-neofita come me, tanto erano buoni i vini di Gulfi che mi fece provare clandestinamente nel suo negozietto: la mescita -nel suo locale di allora – era vietata e ogni sorso rubato alla burocrazia imprimeva un carattere carbonaro a quelle micro degustazioni riservate a pochi eletti.
Proveniente da un cru di tre ettari coltivati ad alberello, affina in legno per due anni per poi sostare in bottiglia ulteriori due anni.
Il palato ringrazia per la disposizione ordinata seppur impudente del sorso: un’onda di grazia e forza, meravigliosamente e armoniosamente insieme. Piacere assoluto, nel nome del Nero d’Avola.