Ebbene sì, è stata una degustazione faticosa. Mi sono dovuta armare di santa pazienza per guadagnarmi un numero di assaggi valevoli del viaggio da Milano.
Mi spiego meglio.
Degli “agli ampi ed eleganti spazi della location” citati nella home page dell’evento, non c’è minimamente l’ombra. I non pochi 130 produttori sono in parte stipati in una stanza assolutamente inadeguata per capienza e in parte confinati in un corridoio. L’affluenza è alle stelle già dall’apertura, e nel giro di poche ore la sala diventa praticamente impraticabile. Raggiungere un banco di degustazione è impresa davvero ardua. Tra spintoni, attese in coda, sputacchiere che cadono, calici che si infrangono (non sono state fornite le tasche), è un miracolo raggiungere il banchetto che si è prefissati di visitare, mentre la maggior parte delle volte ci si ritrova davanti ad un banco degustazione diverso quello scelto.
Iniziamo con i vini di BADIA A COLTIBUONO, letteralmente “abbazia del buon raccolto“, nome datogli dai monaci vallombrosani che piantarono qui le prime viti. Dal 1846 è di proprietà della famiglia Stucchi Prinetti che ne ha fatto un’azienda moderna, divenuta un nome storico importante per il Chianti Classico. Oggi le vigne si trovano prevalentemente a Monti in chianti, nella zona di Gaiole in Chianti.
Chianti Classico 2013, sangiovese con 5% di ciliegiolo. Profumi delicati di fiori, fieno con lo sbuffo animale del sangiovese. Nel sorso troviamo piena corrispondenza, oltre che grande freschezza. Rimane comunque composto e di una bevibilità estrema. Un chianti elegante.
Ottimo interprete di questo terroir è Paolo Cianferoni, dell’azienda CAPARSA, che produce Chianti classico secondo tradizione in soli 12 ettari vitati. Qui facciamo una verticale di Caparsino, il suo Chianti Classico Riserva.
Passiamo al secondo vino e giochiamo a trova le differenze.
Complici l’annata e un anno in più sulle spalle, ed ecco che nel 2011 si manifestano frutta rossa e spezie. Il sorso è più tondo e morbido, sempre conservando il nerbo del sangiovese. Acidità e tannini hanno meno slancio, rendendone piacevole la beva anche ora.
Chianti Classico 2011 e il calice trabocca di frutta rossa fresca appena raccolta. Bocca perfettamente equilibrata in tutto, con piacevole e non stucchevole dolce finale. Acidità e tannini ne invogliano la beva e lasciano la bocca pulita, pronta ad un nuovo sorso.
Nel Chianti Classico riserva 2009 si apprezza la piccola frutta rossa sotto spirito. Un naso reso stuzzicante da una punta di alcool e dal lieve tocco del legno. Il sorso ha sempre il suo quid, quella particolarità che sfugge ai descrittori, ma che lascia il segno e stupisce. Anche in questo caso ottima bevibilità grazie a tannini ponderati, freschezza e sapidità.
Ooops… il Sassicaia 2012 è finito! Finito??? Dopo sole tre ore?
Lo trovo un grave errore di valutazione, ma ci passo sopra e provo con Guidalberto. Finito! Le Difese? Finito anche quello.
Il disappunto sale. E con il mio anche quello di molte altre persone che giungevano allo stand. Non è stato molto carino non aver dato la possibilità a tutti, o alla maggior parte, dei partecipanti di potere assaggiare le anteprime di nomi così importanti del settore.
Considerando il grande afflusso di persone, voglio pensare sia stato un errore di valutazione, anche se qualche dubbio mi rimane.
Qualche nota positiva però c’è stata.
– Ho apprezzato molto il libretto fornito all’ingresso con l’elenco delle cantine e ampio spazio per annotare gli appunti di degustazione.
– Apprezzabile anche la presenza dei produttori che rappresentano il valore aggiunto di queste manifestazioni.