L’uva non ci regala solo il vino, ma grazie all’umano ingegno, la curiosità e forse il caso sono stati creati prodotti che, nelle loro migliori espressioni, ci regalano sensazioni paragonabili a quelle dei vini più grandi.
Ho avuto la fortuna di ricevere un regalo particolarmente pregiato, un Armagnac, con uve del 1974, imbottigliato nel 2014.
Aggiungo che proviene dal “Bas Armagnac” la zona senza dubbio più vocata delle tre dove si produce tale distillato, grazie al terreno, povero di calcare e ricco di sedimenti marini.
Ma non è tutto, a produrlo è Dartigalongue, Maison nata da Pascal, nel 1838.
Oggi la più antica di tutto il Bas Armagnac.
Qualche cenno: l’Armagnac è probabilmente il distillato di vino più antico al mondo, esiste un manoscritto dell’abate di Eauze, Vital du Four, datato 1310, che attesta la produzione di “aygue ardente” a scopo medicinale.

È prodotto con una sola distillazione “in continuo” nel tipico alambicco armagnacais.

Per tutti i più grandi distillati del mondo, l’ evoluzione assume un’ importanza fondamentale al fine di ottenere un prodotto di assoluta eccellenza.
È un distillato di vino ottenuto principalmente da Ugni blanc ma anche altri vitigni a bacca bianca come il Colombard, il Folle Blanc e il Baco Blanc.
Poi è messo in fusti nuovi di quercia della zona, della capacita di 400 litri, queste diventano il banco di lavoro del maitre de chai, il quale di anno in anno provvede a compiere tutte quelle azioni necessarie per raggiungere il livello ottimale di grado alcolico, equilibrio e armonia.

Consideriamo soltanto, ad esempio, il recupero conseguente alla “parte degli angeli“, ovvero l’evaporazione di una quantità variabile tra il 3 e il 5% di distillato ogni anno.

Il prodotto degustato supera di gran lunga le indicazioni del disciplinare, avendo sostato per ben 40 anni in botte.


Già l’esame visivo mostra inequivocabilmente che si è di fronte ad un distillato di grande pregio: il lunghissimo passaggio in legno ha apportato intense tonalità cromatiche, il colore risulta ambrato piuttosto scuro con una limpidezza davvero brillante, è letteralmente acceso, dotato di una luminosità propria che attraggono anche il degustatore più profano; diverse tonalità  tra il giallo oro e il rosso carminio si rincorrono nel bicchiere, dall’ambra all’oro antico, dal bronzeo al ramato. Basta una leggera quantità in più e il colore vira in maniera improvvisa.
In seguito, pur continuando ad ammirare la splendida luminosità all’interno del ballon (detto anche napoleon) il panciuto bicchiere nel quale è servito l’Armagnac, procedo a fare conoscenza con i suoi sentori olfattivi.
L’analisi olfattiva si effettua in modo molto diverso rispetto al vino, la potenza alcolica di un distillato esige una certa cautela, non dimentichiamoci che potrebbe essere anche quattro volte superiore a quella di un vino, per cui si procede inizialmente ad una prima olfazione con bicchiere fermo e con il naso ad una certa distanza dal bicchiere, in questo modo si percepiscono tutti gli aromi che il passaggio in legno conferisce al distillato, emergono avvolgenti note tostate, fumée, eteree, e solo dopo qualche secondo, ed avvicinando progressivamente il nostro naso al bordo del bicchiere che riconosciamo nuovi sentori, adesso più speziati e fruttati: spiccano in una continua progressione chiodi di garofano, cannella, arancia navel, fiori secchi, frutta candita, fave di cacao, sigaro.

Solo dopo una serie di passaggi graduali si lascia roteare elegantemente il bicchiere, con quel gesto così piacevole ed affascinante.

A tal proposito va detto che si sostiene, sempre più a gran voce, che il bicchiere più adatto per degustare Armagnac (ma anche Cognac) non sia il ballon, bensì quello a tulipano
La bocca più ristretta di quest’ultimo sarebbe più idonea al fine di contenere la volatilizzazione degli aromi.
Tuttavia il fascino del  ballon resta immutato, la sua forma particolarmente ergonomica fa sì che lo si possa letteralmente abbracciare con la mano, per procedere in modo spontaneo e naturale alla humanization del distillato, ovvero il suo riscaldamento al contatto con la mano per renderlo più “addomesticato” e pronto per essere bevuto.
E qui si possono apprezzare tutti gli aromi fusi assieme, e di conseguenza l’armonia con cui si sentono amalgamati. La componente speziata è certamente la più presente, ma ben assortita con sentori tostati, vin brulè con un contorno di agrume arancione e poi ancora tostature, infine il celebre ranciò, termine intraducibile che sta per indicare un aroma che potremmo accostare ai sentori di bosco, legno, terra, muschio.

Poi, finalmente, si beve! ma sempre con grande rispetto verso un prodotto che possiede il 40% di alcol.

Nel “nostro” Armagnac l’alcol non è affatto invasivo o disturbante, gli aromi presenti non si lasciano sopraffare,  questo è un indice indiscusso di gran qualità. Non brucia, non arreca fastidio, ma riscalda la bocca e l’avvolge morbidamente, lasciando che di sorso in sorso emerga la continua evoluzione a cui è soggetto.
Le sfumature tra le varie componenti gusto olfattive sono infatti in continuo movimento e, nella sua infinita persistenza, ci lascia in compagnia di tutti gli aromi avvertiti al naso, in maniera perfettamente corrispondente.
Non finisce qui, perché anche il bicchiere ormai vuoto, si trasforma in un piccolo scrigno di aromi e continua ancora a lungo a regalarne a chi vorrà accostare il proprio naso.