L’evento, giunto alla sesta edizione, ha un format originale che vede protagoniste ventiquattro selezionate enoteche di Roma e Milano che, durante il mese di Ottobre, ospiteranno a rotazione i vini e gli EVO delle aziende socie.
Uno dei primi appuntamenti è l’aperitivo di martedì 6 ottobre dal titolo “DALLA DAUNIA ALLE TERRE DI FEDERICO“, che vede protagonisti il territorio e i vini della puglia settentrionale (Daunia) e centrale (Terre di Federico) raccontati da Doriana Cisonno, esperta in comunicazione e turismo del vino e dell’olio.
Terra minuta 2014, di Valentina Passalacqua è un blend di greco e fiano in parti uguali. Un vino dal naso scherzoso, che si traveste da vitigno aromatico portando con se litchi e frutta gialla, ma che con l’ossigenazione rivela note vegetali e minerali. Frutta e agrumi, insieme ad una discreta sapidità, caratterizzano il sorso, ahimè un pò cedevole sul finale. Nero di Troia 2013, rosso rubino intenso, sprigiona profumi di fiori, marasca, confettura di frutti rossi, e ancora spezie e cioccolato in evoluzione. Bocca corrispondente, ammorbidita e arrotondata dal legno.
Otre 2012, cantine Teanum -100% Nero di Troia- Profumi dolci, di frutta rossa, ciliegia, cioccolato e vaniglia si tuffano e mescolano in un sorso che invece è fresco e vegetale. Rotondità e alcool scaldano il sorso, ma senza appesantirlo. Piacevolissimo allungo finale. In una parola, un nero di troia beverino.
Un tempo, infatti, solo i palmenti, tipiche masserie del Sud Italia, possedevano le vasche per la pigiatura dell’uva e le affittavano per la lavorazione. Tutto doveva concludersi in una giornata per lasciare spazio all’utilizzatore successivo. Pertanto un affittuario toglieva il mosto appena prodotto dalle vasche del palmento (“Cacce“) per portarlo nelle proprie cantine, e un nuovo affittuario versava nelle vasche (“Mitte“) la propria uva da pigiare.
Il disciplinare prevede l’utilizzo di diversi vitigni, con una percentuale maggiore di nero di troia (35%-60%). Nel nostro caso, il Perazzelle è composto da nero di troia, Sangiovese, Bombino Bianco e Malvasia bianca.
Colore rosso rubino, naso ricco ed intenso in cui ritrovare frutta rossa, spezie, viola e anche dei sentori di stalla. In bocca non “toglie”, anzi ci “mette” una grande grinta, supportata da buona struttura. Tannino ancora bambino e nota alcoolica potente rendono il sorso verticale, suggerendo di riprovare questo Cacc’e Mmitte tra qualche anno.
Scaldare l’olio è importantissimo per esaltarne e farne esprimere i profumi, un pò come ossigenare il vino. In bocca, invece, bisogna aspirare fortemente per nebulizzare il liquido e far si che un’esplosione di finissime goccioline pervada tutta la bocca. Mi sento un pò come il primo giorno di scuola, ma la prima “interrogazione” non è andata poi così male.
Per questa “prima” volta ho assaggiato oli derivati dalle cultivar Cellina di Nardò e Coratina, molto diverse tra di loro e quindi estremamente didattiche.