Un vecchio detto recita che di amici e di soldi non ce n’è mai abbastanza.
Tralasciando i problemi finanziari che è meglio, vi presento Emma Assi, nostra amica e giovane sommelier Ais, che come noi condivide la fortissima passione per il vino e per il buon cibo.
Tralasciando i problemi finanziari che è meglio, vi presento Emma Assi, nostra amica e giovane sommelier Ais, che come noi condivide la fortissima passione per il vino e per il buon cibo.
Godetevi questi suoi appunti per ora; noi siamo già all’opera per i successivi.
Per il primo viaggio con Appunti di Degustazione ho fatto visita al Podere Pradarolo a Varano de Melegari in provincia di Parma; questo è il regno di Alberto e Claudia che fanno vino in completa armonia con il territorio.
I loro vini sono la dimostrazione che se si lavora bene a partire dalla vigna sino all’imbottigliamento, non c’è bisogno di alcun intervento “esterno”, chimico o fisico che sia; solo così nasce un prodotto che incarna tipicità e unicità del territorio ed esprime la passione e dedizione di chi lo produce.
Tutto ha inizio nel 1989 quando Alberto, tecnologo caseario e produttore di Culatello, decide di assecondare la sua passione per lo studio dei metodi antichi e di dedicarsi alla produzione vitivinicola, sposando fin da subito il metodo biologico.
Dopo una lunga osservazione del comportamento delle piante, gli internazionali cabernet sauvignon, sauvignon blanc e semillon, sono stati sovrainnestati con vitigni autoctoni quali malvasia di Candia aromatica, barbera, croatina, e soprattutto la poco conosciuta termarina.
Varietà antichissima questa, tipica del parmense, recuperata e reimpiantata negli ultimi anni, che possiede grappoli formati da acini molto piccoli ed apireni (cioè privi di semi) tra cui, ogni tanto, ne spicca uno di maggiori dimensioni e dotato di vinaccioli… Che meraviglia la natura!
Resta solo di assaggiare la malvasia odorosissima di Parma, ultimo esperimento di Alberto, che sarà produttiva nei prossimi anni.
Una coltivazione della vite nel rispetto della biodiversità, al fine di portare la pianta, per quanto possibile, verso una crescita autonoma e senza l’ausilio di irrigazione e concimazione poiché, come dice Alberto, “se devi usarli allora hai sbagliato a piantare la vite”.
Per proteggere le viti sono in uso solo zolfo e poltiglia bordolese fatta in casa, che non vengono assorbite dalla vite e non entrano nel circolo linfatico, a differenza di quelli industriali.
Solo così si ottiene una materia prima naturale e di qualità, requisito imprescindibile per poter ottenere un ottimo prodotto in cantina.
Da queste uve biologiche vengono prodotti vini con lunghe, a volte lunghissime, macerazioni, senza solforosa aggiunta, solo con lieviti autoctoni, senza filtrazione ed altre stabilizzazioni chimiche, fisiche o meccaniche. Ogni anno esperienza, intuito e creatività dei produttori si fondono e si adattano abilmente alle caratteristiche dell’uva dell’annata per esaltarne al massimo qualità e rivelarne le potenzialità. E così, attraverso questa sperimentazione continua, nascono sempre nuovi prodotti, e quelli ormai già rodati non sono comunque mai uguali a quelli delle annate precedenti.
Durante il pranzo abbiamo avuto la fortuna di assaggiare diversi vini, proposti in abbinamento a piatti tipici della zona e della Garfagnana, sapientemente preparati dalle mani di Claudia e della signora Maria Luigia.
Per iniziare “con il botto” ecco arrivare in tavola il cavallo di battaglia della Casa: Il Vej 2011, metodo classico di malvasia di Candia Aromatica, non dosato. La sua unicità sta nella lunga macerazione del vino base sulle fecce (60 giorni) che donano un caratteristico colore ambrato.
La vivace intensità olfattiva rivela immediatamente la nota aromatica della malvasia, per poi evolversi verso profumi di fiori appena colti. L’assaggio non lascia dubbi, il Vej è secco, fresco e sapido e l’abbinamento con il culatello, prodotto dallo stesso Alberto, è perfetto. Non solo; il Vej mi sorprende destreggiandosi con maestria anche tutto pasto.
La Malvasia viene prodotta anche nella versione ferma secca, il Vej 2005 che ben si abbina ai testaroli con pesto di menta e mandorle.
L’assenza di effervescenza rende meno impattanti i profumi di questo vino, permettendo, però, di apprezzarne freschezza e sapidità, nonché una chiara e definita nota tannica. Le lunghe macerazioni dei vini del podere, infatti, lasciano traccia tangibile dei tannini anche nei vini bianchi, rendendoli capaci di accompagnare anche piatti a base di carni rosse o persino formaggi.
Passando ai rossi, ci vengono proposti il Velius 2005 e 2006 (90% barbera, 10% croatina) e il Libens 2011 (100% croatina). Entrambi sapidi e abbastanza freschi, con un tannino presente, ma non aggressivo, e con buon corpo e persistenza sono l’ideale per bilanciare grassezza, tendenza dolce, struttura e persistenza dello stinco di maiale servito con patate arrosto.
Alberto apprezza molto il nostro interesse per i suoi vini e ci regala un dégrogement a la volée di un metodo classico 2004, rinfrescato con mosto del 2012. Nato da un esperimento per migliorare il 2004, a detta dei produttori un po’ “troppo macerato”, il risultato è sorprendente. Vi ritroviamo infatti tutte le caratteristiche del Vej metodo classico, ma con un perlage finissimo e persistente che regala un tocco vellutato in bocca.
Per finire, ecco arrivare il dolce seguito prontamente dai passiti del podere.
La mia attenzione è puntata sul tanto atteso Canto del Ciò, passito a base di termarina (estrazione 2011, annate 2007-2008). Non è solo il vitigno a fare di questo vino un passito unico nel suo genere, altre sue particolarità sono la produzione in ossidazione, in barriques esaurite tenute scolme, che si unisce all’invecchiamento con metodo soleras.
E’ così che, anno dopo anno, le nuove vendemmie si fondono con le precedenti per produrre un vino complesso che ci racconta il territorio. Al naso è intenso con note di cacao e spezie, mentre i sentori ossidativi si rivelano con profumi che ricordano il marsala. Il sorso è caldo e deciso con una freschezza e tannino che ben equilibrano le morbidezze tipiche dei passiti e ne rendono piacevolissima la beva. Forse un po’ troppo complesso e strutturato per la crostata che ci è stata servita, a mio parere trova l’abbinamento perfetto con formaggi stagionati o erborinati e perché no? con il cioccolato.
Anche oggi abbiamo trovato un filo conduttore, il “marchio di fabbrica” dei vini del Podere che, tra nota sapida, colori, profumi, sapori e perfino tannino, riconduce alle lunghe macerazioni applicate.
Vini sorprendentemente beverini e digeribili che sembrano invitarci ad assaggi e riassaggi senza sosta.
Un successo figlio di un utilizzo consapevole del metodo biologico di cui Alberto e Claudia sono ottimi esponenti.
Vini sorprendentemente beverini e digeribili che sembrano invitarci ad assaggi e riassaggi senza sosta.
Un successo figlio di un utilizzo consapevole del metodo biologico di cui Alberto e Claudia sono ottimi esponenti.