Non ho mai nascosto la mia predilezione per la barbera, specialmente quando ben rappresentata da vini che fanno della freschezza e della semplicità di beva la propria forza. Quando ne provo una sapendo che è ha fatto passaggio in legno, beh, sento un inspiegabile prurito che mi spinge a valutare con maggiore severità quello che sto degustando: troppe volte ho bevuto spremute di Pinocchio, per dirla come Andrea Scanzi, e nel caso della barbera l’uso spregiudicato del tonneaux o addirittura della barrique è per me una violenza inaccettabile.


Faccio questa premessa per giustificare a me stesso la faccia interlocutoria che devo aver fatto quando un amico – titolare di una enoteca – mi ha consigliato la Barbera d’Alba Bricco delle Olive 2011 di Palladino, nonostante io gli avessi espressamente chiesto una barbera fresca e diretta, una barbera “no legno, grazie”. Visto che l’amico di cui sopra è un grande esperto di vini in generale ma soprattutto di vini piemontesi, ho superato facilmente la diffidenza ed ho accettato il consiglio. Ebbene aveva ragione: Bricco delle Olive ha dimostrato di possedere tutte le caratteristiche che chiedo alla barbera “popolare” con in più quei tratti di sopraffina finezza che solo mani sapienti possono trasmettere. Da questo punto di vista la famiglia Palladino offre ampie garanzie di tradizione e qualità. 
Rosso rubino, con bei riflessi granati, un colore che mi piace definire invitante.
Naso di ribes, amarene in confettura, leggera tostatura, gusto piacevole, fresco, mediamente lungo, buon compromesso tra acidità gioviale e corpo da vino maturo. L’apporto del legno è equilibrato, conferendo al naso tocchi speziati e al palato una certa rotondità che non dissipa – per fortuna – la caratteristica varietale.
Un vino che può facilmente accompagnare salumi e primi piatti con ragù e che fa la sua parte anche con altri piatti più strutturati o dalla lunga persistenza, come i tajarin al tartufo o le costine di maiale.