Volevo raccontarvi la bella serata organizzata dall’Enoteca Diapason a tema riesling renano; ho preso un po’ di appunti interessanti e credo valga la pena di condividerli.
La Mosella è un fiume enorme, affluente del Reno, un serpentone con le vigne attorno che da Koblenz porta a Trier e oltre. Un posto freddissimo dove la vitis vinifera riesce a fruttificare solo sui vigneti esposti a sud (come in Valtellina per dire) mentre le altre povere viti del versante nord fanno solo foglie.
Courtesy http://rieslingarten.blogspot.it/ |
Il terreno, soprattutto a nord, è quanto di più inospitale ci si possa aspettare, costituito principalmente da ciottoli di ardesia. Avete presente le lavagna che si usava (e forse si usa ancora) a scuola? Ecco, ardesia e null’altro; un suolo talmente orribile che perfino la famigerata fillossera ha ignorato, un suolo che drena, drena da matti, e costringe le viti a recuperare i nutrienti in profondità.
Sembra che perfino la patata, sinonimo per eccellenza di coltura globale e omnipresente, non cresca bene.
L’ardesia però ha svariati pregi, specialmente in relazione alla latitudine del luogo.
Essendo nera, attrae calore, “arde” e, facendo da volano termico, da un lato conserva il poco calore sufficiente poter far fruttificare la vite e dall’altro rilascia potassio che contribuisce all’arricchimento del corredo aromatico dell’uva. Se a ciò aggiungiamo che la vite riesce a dare il meglio di sé in terreni inospitali, abbiamo il mix perfetto per un terroir unico in grado di regalare di vini unici.
Ma come è arrivata la vite fin lassù nella fredda Valle della Mosella?
Dobbiamo tornare indietro nel tempo fino all’epoca romana.
Si sa che i romani a parte la guerra e le donne amavano allo stesso modo il vino. E per non farsi mancar nulla, erano avvezzi a viaggiare con le barbatelle, ad esempio durante le lunghe guerre o per raggiungere i nuovi insediamenti dell’Impero. Niente di più facile considerando che attingevano direttamente dalla Campania Felix che allora come oggi è la regione che da sola copre (si dice) più del 90% del patrimonio ampelografico mondiale con almeno 300 varietà di viti, molte delle quali ancora senza nome.
Ebbene si narra che a Trier fosse stata portata una barbatella di falanghina e che nei successivi 2000 anni questa sia finalmente diventata riesling.
Il riesling della Mosella si vendemmia verso ottobre-novembre ed è nato originariamente come vino dolce, parzialmente fermentato.
Dovete sapere infatti che i lieviti saccaromyces cerevisiae in uso correntemente per la fermentazione alcolica dei vini, per loro stessa natura muoiono sotto i 12 gradi e anche sopra i 38 gradi circa. Il risultato di un tale processo fermentativo in un ambiente non controllato, è dunque un vino parzialmente fermentato, dall’elevato residuo zuccherino (che in alcuni casi eguaglia e supera quello di molti vini passiti) ma, per i riesling almeno, anche dalla fortissima acidità.
È chiaro che all’uomo moderno, “occidentale” diciamo, questo vino così dolce risulti perlomeno particolare per non dire strano. E infatti fino a poco tempo fa nessuno o quasi considerava i riesling grandi vini.
E’ per questo motivo che i pragmatici tedeschi hanno inventato il riesling trocken, cioè secco, quale bigliettino da visita per un pubblico ampio; un ariete per sfondare il pregiudizio sui riesling tradizionali dolci ai quali, è vero, ci vuole un po’ per abituarsi.
Un excursus era necessario ma adesso si fa sul serio ed è tempo di tarare il palato con l’Herzù 2012 di Ettore Germano che, sapevatelo, è fra i migliori riesling renani dello stivale.
Qui c’è più o meno tutto quello che ci si aspetterebbe da un trocken, anche se italiano: buona acidità, mineralità sulfurea con cenni di idrocarburo (no, i diesel non lo sento).
Fresco, sapido e dall’avvolgente morbidezza propone un sorso armonico che chiude proprio sul finale con una nota dolcina appena accennata di agrume in marmellata.
La bocca è pronta ma tornando sui riesling tedeschi è importante notare come la pragmaticità del popolo germanico abbia dato vita ad un disciplinare molto semplice basato sul peso specifico del mosto ed espresso in gradi Oechsle.
Per semplificare, un grado Oechsle è la differenza di massa fra un litro di acqua e un litro di mosto. Quindi ad esempio, sapendo che 1 litro d’acqua pesa 1 chilogrammo, se un litro di mosto pesa 1050 grammi, avremo 50 gradi Oecshle.
In base a ciò possiamo classificare i vini tedeschi di origine protetta (Prädikatswein) in questo modo:
– Trocken.
Traduzione letterale “secco”. Contiene al massimo da 4 a 9 grammi litro di zucchero residuo.
– Kabinett
Ovvero “vino da dispensa” (i kabinett sono piccoli armadi in legno). E’ prodotto da uve surmature e può contenere fino a 60 grammi litro di zucchero residuo.
– Spatlese
“Vendemmia tardiva” (spat- “tardiva”, -lese “vendemmia”). Fino a 80 grammi litro circa di residuo zuccherino circa.
– Auslese
“Vendemmia da grappoli selezionati” (aus- “selezionata”, -lese “vendemmia”) attaccati anche da muffa nobile. Fino a 100 grammi litro di zucchero residuo circa.
– Beerenauslese
Letteralmente “vendemmia da acini selezionati” (beeren- “acini”, -aus- “selezionati”, -lese “vendemmia”) attaccati da muffa nobile. Fino a 200 grammi litro di zucchero circa.
– Trockenbeerenauslese
Vini da“vendemmia da acini appassiti selezionati” (trocken in questo caso significa “appassito” riferito all’acino, -beeren- “acini”, -aus- “selezionati”, -lese “vendemmia”) attaccati da muffa nobile. Contiene fino a 270 grammi litro di zucchero residuo.
Fuori da questa classificazione abbiamo anche i QbA (Qualitätswein bestimmter Anbaugebiete) che possiamo annoverare alla pari dei nostri Igt.
Ecco dunque gli assaggi:
Muller Catoir Riesling 2013 QbA
Nonostante sia un trocken presenta un’elevata acidità di 5.9 grammi litro.
La frutta è preponderante ma acerba appunto. Banana acerba, pompelmo, pera.
In bocca è tagliente scalpita tipo mandria imbizzarrita e, come potevamo aspettarci, con una forte sensazione sapida lasciando quasi assenti i sentori morbidi e alcolici. Il tutto si traduce in bevibilità estrema. Fantastico sui crostacei tipo gamberoni, pasta con i ricci o vongole oppure, essendo cosi acido, su qualcosa di grasso ma molto grasso.
Karlsmuhle Lorenzhofer Riesling Kabinett 2013
Sento una nota di asparago ma anche qualcosa di inaspettato su zafferano. È un vino che evolve nel bicchiere e adesso le note sono più sulfuree e calcaree, sintomo di fortissima mineralità. Sgrassante più della coca cola al palato e con una sapidità talmente spiccata da far passare quasi in secondo piano un’altrettanto forte acidità. Zero morbidezze e basso alcol uguale vino da tutte le ore. Con la cannuccia.
Markus Molitor Graacher Domprobst Spätlease 2008
Forse qualcuno non ci crede ma mi sta facendo salivare già al naso… purtroppo la bottiglia servita è fallata e non va oltre un naso a tratti anonimo e monocorde di fragoline e bocca dolcina su zabaglione. Il secondo assaggio da bottiglia in forma mostra un naso migliore che si definisce su quanto già scritto rimanendo però nel complesso un po’ deludente.
18 grammi litro di residuo zuccherino.
Inizia ad esser strano perché il naso diventa più complesso e insieme alla mineralità rocciosa e frutta a polpa bianca emergono le note dolci di miele e zafferano misti a crema pasticciera.
Bella la bocca, estrema la bevibilità coadiuvata anche da una micro-effervescenza in un paradossale equilibrio acido/dolce. Ottimo assaggio.
Dr Loosen Broos Riesling 2014
9 gradi alcolici e 39 grammi litro di residuo zuccherino.
Tanta mela, pera, e sento dire, yogurt alla fragola.
In bocca? Succo di frutta, pera soprattutto anche come trama, in un finale sapido/acido su fondo dolce in perfetta corrispondenza gusto-olfattiva.
Condivido la difficoltà nel comprendere a fondo un vino del genere soprattutto se non abbinato. Le cose potrebbero cambiare durante un pasto dove al contrario potrebbe esplodere.
Il più acido della lista con 48,5 grammi litro di zucchero
Pietra focaia, gomma cancellata, zolfo… terme (!).
Acidità estrema; salivi e non finisci. La dolcezza del sorso però è addirittura quasi elegante che in sé è un ossimoro. Lunghissimo ed estremo con un lato acido che dapprima duella con la dolcezza e infine domina per persistenza.
Estremamente buono, permane ad libitum.
Il mio preferito della serata.
Vendemmia selezionata e 48,5 grammi litro di residuo zuccherino.
Siamo ancora di fronte a due bottiglie molto diverse fra loro. Stesso vino risultato estremamente diverso.
Da un lato abbiamo un naso da risotto allo zafferano monocorde mentre dall’altro vernice, agrumi e zafferano tutto in chiave più elegante. Uno più sbracato, l’altro distinto.
In bocca, sebbene vi siano stati pareri contrastanti, si somigliano maggiormente su note agrumate di cedro e mandarino con la sempre presente speziatura allo zafferano.
Karlsmuhle Kaseler Kehrnagel Riesling Auslese 1997
10,1 grammi litro di acidità e 82,5 grammi litro di residuo zuccherino.
Ampiezza a tutto tondo su zolfanello, gasolio, mandorla, miele di castagno, burro e frolla con nota dolcina che esce fuori sul finale.
In bocca ha una possente acidità limonosa astringente su base aromatica di erbe officinali.
Sbavo come un lama e nonostante i tratti siano quelli di un vino oltre l’estremo, lo sento ancora molto bevibile e soprattutto godurioso.
In conclusione da questa serata è emerso un quadro molto interessante sul mondo del riesling:
– Il riesling più invecchia e più sembra acido, esempio, credo unico, nel panorama vinicolo mondiale.
– Il riesling “vero”, quello dolce è tutta un’altra storia…
– Non abbiamo provato Beerenasulese o Trockenbereenauslese il che di per sé è per lo meno drammatico.
– A parità di vigneto, è incredibile constatare come l’unica variabile su quale tipologia di riesling produrre, dal Kabinett al Trockenbeerenenauslese, sia soltanto la scelta del produttore.
E voi? Quale esperienza avete avuto con i riesling?