Dall’undici al sedici maggio scorsi si è tenuta la quinta edizione di Nebbiolo Prima, organizzata da Albeisa, l’Unione produttori vini albesi fondata da Renato Ratti nel 1973. 
L’associazione non è a scopo di lucro e si pone come obiettivo la diffusione e la tutela della bottiglia che sin dal 1700 contraddistingue i vini albesi; nel periodo napoleonico l’impiego dell’albeisa si ridusse a favore di bottiglie di più facile costruzione, salvo tornare nuovamente in auge a partire dal 1973, appunto, quando sedici produttori decisero di associarsi e tornare ad utilizzarla, adattandola alle esigenze moderne e scrivendo in rilievo il nome “Albeisa”.

Quest’anno l’evento è associato all’iniziativa di Albeisa volta alla conservazione della foresta tropicale del Kenya. Il progetto, nato per celebrare i quarant’anni dell’associazione, mira a finanziare il reintegro di quattromila alberi nella zona keniota di Bore, grazie al supporto dell’organizzazione Tree-Nation.
Appunti di degustazione ha inviato i corrispondenti Matteo Capellaro ed Emanuela Pagani in terra di Langa, i quali hanno partecipato per noi ad una retrospettiva dell’anno 2004 di alcuni importanti rappresentanti del barolo. Vediamo come è andata:
È sempre bella e ben organizzata la manifestazione Nebbiolo Prima che ogni anno viene indetta dall’Albeisa. Produttori che si vogliono distinguere per qualità territoriali e tradizioni che si tramandano di generazione in generazione. Tra tutti i produttori presenti abbiamo respirato grande spirito di appartenenza, passione e voglia di esserci. Il genere di atmosfera che ci piace respirare in queste occasioni.
Se dovessimo sintetizzare l’annata 2004 di Barolo, la definiremmo la Bellezza della Perfezione
La classica annata perfetta, ricca di freschezza, tannini e struttura con una caratteristica nota sapida che abbiamo riscontrato nelle produzioni di tutti i Comuni coinvolti, tranne in quelle di Novello: questa discrepanza forse è dovuta al microclima presente in questo piccolo paese, situato in cima a una collina nel crocevia di venti dal diverso gradiente di umidità. 
Ci siamo permessi di fare una selezione di prodotti per descrivere un territorio, non basandoci su importanza e piacevolezza ma in base all’influenza del tipo di terreno presente nelle varie zone di produzione, in modo da trasmettere al meglio le emozioni dell’annata.
Palladino Barolo Riserva 2004 S. Bernardo: nota olfattiva floreale, rosa appassita, cui seguono note fruttate, ma con predominanza dei fiori. In bocca tannico, ancora nervoso, un giovanotto capace ancora di dare tanto. Vino contadino, lascia un bocca pulita e un piacevole retrogusto speziato. Qui Serralunga si esprime al massimo, struttura, eleganza e persistenza. Buon Barolo! 
Serio e Battista Borgogno Barolo Riserva 2004 Cannubi: per chi un po’ mastica di vini delle Langhe, la parola Cannubi rimanda subito a un particolare tipo di terroir e a una caratteristica immediata dei vini realizzati dalle uve di questa collina situata all’interno del comune di Barolo. L’azienda è stata costruita proprio sul cocuzzolo, dove argille e sabbie donano al vino eleganza, corpo. Sensazioni al naso di caffè, note tostate quindi, frutta secca, confettura e chiodi di garofano. Bella persistenza, un vino che si lascia bere ma che al contempo regala forti emozioni per persistenza. 
Camparo Barolo 2004: due particolarità concorrono a dare eleganza a questo vino, i terreni di La Morra, Grinzane e Diano d’Alba e la passione di Mauro Drocco che un passo dopo l’altro negli ultimi vent’anni ha creato un’azienda totalmente biologica. Fruttato al naso, persistente ‘vivace’ come dice lui intendendo complesso, ancora giovane, con una lunga vita davanti, tannino varietale quasi polveroso, tartufi, funghi, terra bagnata, con un buon retrogusto ammandorlato. Davvero bel vino!
Marco Curto Barolo 2004: la passione di Nadia è tangibile come il suo calore umano. Figlia d’arte, impara il lavoro dal padre Marco e dallo zio Elio Altare, sulle cui orme vinifica l’Arborina in un modo molto personale. Nadia ci parla del lavoro duro nelle vigne, fino alla cantina dove cura in prima persona la produzione, ben attenta ai dettagli e ai particolari. Ci piace molto questo Barolo, pulito diretto, autentico, elegante, non troppo fresco, quasi armonico e pronto da bere. Tannini ancora un po’ vegetali lasciano una punta astringente in bocca, ma denota la sua forza, la forza di chi sa esaltare le proprietà tipiche del vigneto. Al naso ha sentori di  confettura, ciliegie sotto spirito, floreale – direi davvero gelsomino – finale quasi sapido e di mandorle salate. Una bella interpretazione!
Le Strette Barolo 2004 Bergera Pezzole: quando si dice un Barolo pronto. Novello, il territorio in un bicchiere. Questo piccolo paese di Langa ha la grande fortuna di avere un’esposizione preferenziale e terreni sabbiosi calcarei ricchi in minerali che donano sapidità ai bianchi, uno su tutti l’autoctono Nascetta, ed esaltano l’eleganza nei rossi. Questo Barolo forse riesce meglio a interpretare l’annata 2004. Pronto da bere, equilibrato, non certo alla fine della sua carriera ma con terziari interessanti che ritornano anche in bocca. Bel naso fruttato di confetture di marasche, spezie, tartufo, in bocca è avvolgente, vellutato, con un finale lungo e un tannino presente e gradevole. Ottimo rapporto morbidezze e durezze. Un bicchiere chiama l’altro non annoia, au contraire manifesta una bella evoluzione della complessità nel calice. 
Poderi Colla Barolo 2004 Bussia: Monforte d’Alba, la Bussia, altra sottozona che – come il Cannubi – è conosciutissima in tutto il mondo. I Colla sono maestri vignaioli, sulle orme del grande Beppe che ha scritto la storia dell’enologia delle Langhe. Un uomo grande, ma umile; alla Prunotto negli anni Settanta era stato il primo ad apporre il nome della vigna sull’etichetta e parlare di zonazione del Barolo. Una persona lungimirante. 
Grande pulizia in questo vino, menta e note balsamiche si alternano nell’evoluzione nel calice a quelle più fruttate di marasca e spezie. In bocca conferma una grande potenza e una nobile freschezza tali di un vino che ha una lunga vita davanti. 
Paolo Scavino Barolo 2004 Bric del Fiasc: non poteva mancare, non capita spesso di poter assaggiare i vini di quest’azienda, specie a Milano, per cui bisogna approfittarne. 
Il vino di Castiglione Falletto, la parte elevata “Bric” di una piccola altura chiamata Fiasco. Un vino di potenza come lo sono tutti i Barolo di questa zona, note di marasche, ma anche floreali di viola e rosa appassita per evolvere nel calice fino a sensazioni più balsamiche e percezioni erbacee. Una bella bocca, ricca di estratti, tannico ma avvolgente, un bel vino da invecchiamento, ma in piena evoluzione come dimostrano i terziari al naso. È sempre una conferma!





Last but not least, un Barbaresco. Ca’ del Baio Barbaresco 2004 Valgrande: la famiglia Grasso è sempre attenta ai dettagli e si vede. Un prodotto unico direi sia per piacevolezza che per bevibilità, al naso note di ribes, melograno, quasi agrumate, con note di pepe, in bocca parte adagio per poi esplodere in una bella persistenza, tannini ancora un po’ verdi e un retrogusto di mandorle amare. Da commuoversi!