All’inizio del lungo week end milanese, la Bottega dell’Arte del vino di Via Fara ha organizzato un incontro con due realtà piemontesi molto diverse tra loro ma che senza dubbio interpretano le Langhe in modo personale, producendo vini accomunati dalla ricerca della qualità, la fedele espressione territoriale ed il rispetto per l’ambiente.
Dalla voce dei produttori presenti capiremo dapprima le differenze tra le due aziende, salvo poi scoprire, come in un percorso guidato da misteriose entità vinicole, che le due realtà si somigliano, eccome.
Dalla voce dei produttori presenti capiremo dapprima le differenze tra le due aziende, salvo poi scoprire, come in un percorso guidato da misteriose entità vinicole, che le due realtà si somigliano, eccome.
La degustazione si tiene al piano inferiore dell’enoteca, in un ambiente informale e piacevole con una ventina di persone, il numero giusto per la comunicazione da e verso i produttori.
Marcella Bianco conduce Castello di Verduno insieme al padre Franco; la filosofia produttiva è basata sull’intervento dell’uomo ridotto al minimo e sul rispetto dei tempi della natura, concetto -quest’ultimo- che nel corso della serata sentiremo ancora. Marcella ci illustra la genesi dell’azienda, fondata di fatto dall’unione aziendale e soprattutto nella vita dei genitori, sposatisi negli anni Ottanta e con malcelato orgoglio sottolinea di rappresentare la quinta generazione di produttori vinicoli, tenendo in considerazione entrambe le famiglie. La fusione dei due rami spiega il perché Castello di Verduno è divisa in due strutture, una cantina a Barbaresco, dove si vinifica ed una Verduno dove si stocca il vino e lo si lascia affinare nella cantina sotterranea del castello. Otto ettari, tutti dedicati alla produzione di vini rossi, per un totale di circa sessantamila bottiglie all’anno.
La line up della serata prima della degustazione |
Alberto Voerzio è una vecchia conoscenza di Appunti di degustazione, avendolo già citato ed elogiato nel post dedicato alla serata Barolo & Barbaresco organizzata da Go Wine lo scorso 20 febbraio. In quella occasione Alberto disse una cosa, tra le altre, che mi colpì particolarmente, non tanto per il contenuto – di per sé comunque importante – quanto per la determinazione con la quale la affermò: “Il vino si fa nel vigneto e senza un grande vigneto non si può fare un grande vino.”
Alberto ha una storia molto diversa da Marcella: inizia l’avventura nel 2003, appena terminati gli studi fondando l’azienda dal nulla ed esce in commercio la prima volta nel 2006. L’azienda dispone di quattro ettari, di cui una parte nel cru “La Serra”, una nel cru Fossati di Barolo nel Comune di Barolo mentre i restanti vigneti sono situati nel Comune di La Morra.
Dopo una breve introduzione da parte dei produttori, iniziamo a far parlare i calici, in un ordine di servizio deciso dai produttori stessi.
Iniziamo con il Verduno Basadone 2012, di Castello di Verduno, ed iniziamo bene. Vino ottenuto da uve pelaverga piccolo, vitigno di cui si hanno notizie già dal Seicento e che solo a Verduno conferisce al vino caratteristiche aromatiche spiccatamente speziate. Solo acciaio. Piacevole, fresco e leggiadro, ricorda il profilo sensoriale del rossese appena più speziato (e voi sapete quanto io ami il rossese), ravviso al naso una indefinita ma gradevole componente erbacea; struttura e alcol gli consentono di aspirare a tre o quattro anni di longevità. Ottimo compagno di pomeriggi sotto il pergolato, con formaggi freschi e salumi ma anche buon partner per pasti non molto elaborati, anche di pesce.
Proseguiamo e dalla stessa azienda proviamo la Barbera 2012, anche questa vinificata solo in acciaio (e voi sapete quanto io sia del partito “No legno per la barbera, prego”). Porpora molto luminoso cui segue profilo olfattivo non molto intenso e semplice; all’assaggio rilevo alcol importante e ben sostenuto dalla acidità.
Il primo vino di Alberto Voerzio è il Langhe nebbiolo 2011, proveniente da un vigneto sito in La Morra; Alberto spiega: “Da questo vigneto si potrebbe fare barolo ma ho deciso di fare un nebbiolo di spessore, perché non volevo puntare solo a fare bene il vino di punta dell’azienda e vivere di rendita sugli altri“. Rubino tendente al granato, naso franco, fine di fiori appassiti, lampone, leggera nota di cacao, speziatura garbata proveniente dall’uso del legno, agile eppure di corpo, tannino ben levigato ed energico, ideale accompagnatore di brasati e spezzatini.
Il Barbaresco Faset 2008 di Castello di Verduno un bel vestito granato, luminoso, naso abbastanza intenso di frutta matura, fine, nitido ma non ampio, lampone, rabarbaro, note fumé; in bocca è sinuoso, agile elegante, freschezza ancora bene in evidenza, tannino integrato ed ancora energico. A mio parere si accinge ad entrare nella fase di massima espressione, che in un vino di tale stoffa, può durare parecchi anni ancora.
Il Barolo 2009 di Alberto Voerzio proviene da un vigneto la cui esposizione è in pieno sud: la tecnica produttiva di questo vino è la stessa di quella utilizzata per il Barolo La Serra: in questo modo chi prova entrambi i vini – come noi stasera – potrà cimentarsi, se vuole, in un interessante esperimento degustativo, concludendo che eventuali differenze sono date solo dal vigneto. Granato permeabile, naso intenso e balsamico, riconoscibile, imperniato su ciliege mature, violette, accenno vanigliato; gusto potente ed ancora graffiante ma promette grandi risultati tra qualche tempo. In evoluzione.
Concludiamo con il Barolo La Serra 2009: granato intenso e consistente, impatto olfattivo subito balsamico, caramello, frutta spiritata, bocca ancora un po’ vegetale, tannino ruvido, alcol leggermente fuori fase, necessita di un po’ di affinamento; per chi ama la prospettiva è un vino da tenere in cantina ed aprire tra uno o due anni, quando il tempo avrà ingentilito l’anima energica di questo barolo.
Nel corso della serata Marcella e Alberto ci hanno spiegato il loro modo di vedere le Langhe, attraverso la loro interpretazione nel calice; scopriamo così che Verduno e La Morra hanno terreno simile, che Alberto usa la barrique, Marcella la botte grande. Le due aziende, tuttavia, non sono così diverse: il passato, senza dubbio lo è, ma il futuro è per entrambe indirizzato ad una produzione di qualità, territoriale e sostenibile.