Mercoledì 8 febbraio alla sede AIS di Milano si è bevuto austrialiano!

 Un’occasione davvero unica, da non perdere per uno stato tanto lontano, di grande fascino. Quanto mi piaceva il termine “terre rosse di Coonawarra”, mentre studiavo per l’esame di sommelier!
I canguri, gli Austrialian Open, la splendida architettura dell’opera di Sidney, Ayers Rock e un certo modo di fare cinema – tra tutti scelgo Peter Weir, sono alcuni elementi che ci fanno capire quanto l’Australia sia un continente molto interessante, tra culture antiche e architetture contemporanee, tra leggende e tecnologia.

 Guido Invernizzi è la persona giusta per portarci in questo viaggio sottosopra che ci porterà alcune sorprese. Cominciamo subito a dire che le suggestioni che mi erano venute in mente pregustando la serata sono confermate dalla storia di questa nazione-continente.

Perché davvero l’Australia è un paese molto variegato, abitato da coloni provenienti da tutte le parti del mondo: in primis gli inglesi, ma anche italiani, spagnoli, portoghesi, tedeschi ecc. in un melting pot che si ritrova anche nella tradizione vitivinicola. Basta infatti leggere i principali vitigni; oltre a quelli internazionali più conosciuti, tra cui chardonnay, cabernet franc, riesling, troviamo – indiscusso protagonista – il syrah, qui chiamato shiraz, tuttavia al suo fianco appaiono il vermentino, il viognier, il tempranillo, il sangiovese, il semillon, il verdelho, persino il poco conosciuto chambourcin.

Insomma vitigni particolari da tutto il mondo.

Un po’ di storia per sapere che le prime viti furono portate dall’olandese Abel Tasman (tanto per non farci mancare un’altra nazione tra i coloni) dal Sud Africa e dal Brasile nel 1788.

Nella prima metà dell’Ottocento circa, lo scozzese James Busby portò dall’Europa 650 vitigni, di cui 352 sopravvissero al viaggio.

Utilizzata come colonia penale, l’Australia cominciò a popolarsi intorno alla metà dell’Ottocento e il vino – fino allora bevuto fortificato (detto infatti anche il vino delle colonie) – diventò un’alternativa alla birra per la crescente popolazione. Intorno al 1870 i primi viaggi invece, in senso contrario, verso la Francia, in particolare verso la Valle del Rodano, per impadronirsi delle migliori tecniche vitivinicole.

Ormai il vino si produce in tutta l’isola ma sicuramente è il sud che presenta le aree più coltivate. Va aggiunto che la Tasmania produce delle ottime bollicine.

Parliamo ora delle zone.

Prima di tutto Margaret River, ideale grazie all’influsso del mare e per i terreni ghiaiosi, alla produzione del cabernet sauvignon e dello chardonnay, completati da sauvignon blanc e semillon.

Un territorio simile a quello bordolese non a caso.

Nella regione del Gippsland, la produzione è affidata a piccole aziende, spesso a carattere familiare, su suolo argilloso o sabbioso. In Australia abbiamo diverse aree a piede franco! Anche qui sauvignon, shiraz pepati, pinot nero.

Un cenno merita il pinot nero, portato qui da Busby nel 1830. L’MV6 clone (Mother Vine 6) è ancora coltivato. Poichè è un vitigno che predilige un clima più fresco, in Australia è coltivato nella zona di Victoria: Adelaide Hills, Yarra Valley.

La zona più conosciuta è senz’altro Barossa. Qui molte viti produttive risalgono al 1860 e qui è piantato il più antico vitigno di shiraz del mondo: il Langmeil’s Freedon Vineyard risale infatti al 1843. E proprio questa regione è la dimora dello shiraz. Clima mediterraneo con una buona escursione termica, un suolo antichissimo (terreno pre-cambriano), fatto da sabbie alluvionali, scisti, argille.

La MacLaren Vale, a sud di Adelaide, con un clima di tipo mediterraneo, è la casa del grenache. Qui danno buoni risultati vitigni quali il vermentino, il viognier, il tempranillo,  il petit verdot, il nero d’avola. Argilla e terre rosse.

Ed eccoci ai vini e alle sorprese. Mi piace dire che per tutti i vini, l’alcol è stato ottimamente gestito. Nessuna sgradevole sensazione, nemmeno il giorno dopo… Va detto subito che i bianchi sono piuttosto scarichi di colore, un paglierino con striature verdoline, seppur brillanti.

Cape Mentelle Sauvignon Blanc-Semillon 2016 – 57% sauvignon blanc e 43% sémillon, 13° vol. – Un sauvignon più addolcito, che non profuma di bosso ma di pompelmo, frutta tropicale con una nota erbacea aggraziata dal semillon. Intenso e persistente, con un alcol ben dosato, fresco e sapido con un’ottima corrispondenza gusto-olfattiva.

YalumbaY-series riesling 2015 – 100% riesling renano, 12° vol. – Mineralità, accompagnata da un profumo di frutta più matura, nafta e polvere da sparo, attenuati dal profumo di fiori gialli e da pesca e pera.

Fresco e sapido in bocca, gli idrocarburi non si avvertono, intenso e persistente.

E veniamo alla prima sorpresa. Lorena Oddone ci presenta il prossimo vino dell’azienda con la quale ha collaborato in passato. Quindi una zona, un’azienda e un vino che conosce davvero bene.
Bellvale Stony block pinot nero 2013 – 100% pinot nero, 12,7% °vol. – Nella zona del South Gippsland, vicino a Melbourne, dal clima estremamente variabile.
Tanto che un proverbio locale racconta che si possono vivere tutte le stagioni in un’unica giornata. Tempeste molto violente e frequente precipitazioni. Zona di produzione di chardonnay e pinot nero.

L’azienda è stata fondata da un ex pilota di aereo, innamorato della Borgogna, che si è poi ritirato qui per produrre il proprio vino.

 Nel bicchiere il tipico colore del pinot nero. Al naso un ribes acidulo, leggermente ferroso, si sente un legno delicato e l’arancia sanguinella. Sapido con un tannino presente ma non aggressivo, più dolce all’ingresso e leggermente amaricante nel finale.

 I tre successivi shiraz sono tutti di un rubino impenetrabili e di grande consistenza. Agli Australiani piace il vino molto colorato.

 Torbreck The Struie Barossa Valley 2012 – 100% shiraz, 15,45° vol. – Olive nere al forno, erbe officinali e liquirizia, pepe nero e fumo. In bocca fresco e opulento polvere di caffè, persistente e intenso, molto avvolgente. Il  tannino è ben gestito. Un gran bel vino!

 Alpha Crucis Shiraz McLaren Vale 2012 – 100% shiraz, 15° vol. – Più mentolato, tabacco di pipa spenta, fruttato.
In bocca risulta meno mentolato, emerge più la liquirizia, certamente meno intenso e persistente del primo shiraz, il mentolato ritorna nel finale.
Anche in questo caso il tannino dolce non invade ma risulta piacevole in bocca.
Glaetzer Amon-Ra Barossa Valley 2013 – 100% shiraz, 15,5° – All’inizio il naso sembra più chiuso, poi si apre in confettura di prugna, vaniglia, spezie dolci e tabacco. Più mentolato al secondo naso. Al palato, più convincente: si sente il pepe, il tannino la freschezza.
I vini ufficiali, segnalati sul programma sono finiti, eppure sulla tovaglietta sono segnate le sagome di sette bicchieri… e infatti ecco la sorpresa finale!
d’Aremberg Peppermint Paddock – 20% shiraz, 17% graciano, 63% chambourcin, 14,5° vol. – Chi l’avrebbe mai detto??? Uno stranissimo metodo classico!
Un cenno al  graziano e allo chambourcin: il primo, usato prevalentemente insieme al tempranillo, è un vitigno autoctono spagnolo, parente del mourvèdre e del cagnulari.Porta in dote grande acidità e contenuto polifenolico e dà finezza al vino.
Lo chambourcin invece è un ibrido prodotto in Francia nel 1950: di buon tenore alcolico, rinforza i tannino ed è spesso utilizzato insieme a cabernet e shiraz (syrah). Al naso pelliccia, lepre e frutti rossi.
In bocca amaro medicinale giuliani, si perde l’animale, si percepisce comunque il tannino, buona freschezza…
Vini Aussie: un’ottima sorpresa!