In nessun altro luogo, in Italia, lo sforzo e la volontà imprenditoriale hanno così manifestamente variato la tradizione e la cultura del territorio come in Franciacorta.
La regione franciacortina ha una storia fortemente legata alla agricoltura, istituita nel periodo dei numerosi monasteri benedettini che nel periodo di dominazione Longobarda diedero un fondamentale contributo alla bonifica. Compresa, attualmente, nell’area di diciannove Comuni della provincia bresciana, per un totale di circa diciottomila ettari, il quaranta per cento dei quali dedicati alla agricoltura, la Franciacorta deve il proprio nome al termine “franche curtes“, con le quali nel periodo longobardo si individuavano le proprietà ecclesiastiche che godevano di particolari esenzioni sulle tasse del commercio.
Con l’avvento di Napoleone il territorio passò sotto il controllo dei Francesi, che portarono dal proprio Paese barbatelle e cultura enologica che ancora oggi contraddistinguono la zona.

La svolta verso la produzione di vini con rifermentazione in bottiglia avviene nei primi anni Sessanta, con l’azione vigorosa di Guido Berlucchi e Franco Ziliani, che avviarono la coltivazione di pinot nero e chardonnay destinati alla produzione del “Pinot di Franciacorta”. Berlucchi e Ziliani furono dei precursori: in pochi anni molti imprenditori decisero di avviare aziende vinicole per la produzione di spumanti. Stava nascendo un fenomeno e per cavalcare il sogno si capì immediatamente che era necessario puntare sulla qualità: già nel 1967 Franciacorta ottenne la D.O.C. e nel 1995 salì sul trono delle D.O.C.G., la prima per vini esclusivamente prodotti con metodo classico.
Nel 2012 si sono commercializzate quasi quattordici milioni di bottiglie di spumante Franciacorta, in un contesto dove aumenta il consumo interno, l’export ed anche le superfici vitate in ambito DOCG.
Il 27 maggio scorso si è tenuto presso i chioschi del Museo Leonardo da Vinci di Milano il Festival Franciacorta, organizzato dal consorzio. Erano presenti molte aziende del firmamento franciacortino, ecco quelle che abbiamo provato:
Ferghettina.
Abbiamo degustato il Franciacorta Brut, 95% chardonnay e 5% di pinot nero. Naso quasi caramellato, speziato e dolce, in bocca è armonico e piacevole.
Il Mosnel.
Gran bella azienda. Ci è piaciuto il Franciacorta Brut, uvaggio di chardonnay (60%), pinot bianco (30%), e pinot nero (10%): fresco, raggiunge un perfetto equilibrio grazie alla fusione delle caratteristiche varietali. Il Satèn 2009 è un soffio di delicatezza e finezza, perfetto per l’aperitivo o accompagnare risotti alle erbette.
La Montina.
Non la conoscevamo bene, una sorpresa. Il Franciacorta Brut, ottenuto con chardonnay (85%) e pinot  nero (15%), non ci entusiasma particolarmente. Ci fa sgranare gli occhi, invece, il Satèn Argens: ricco e sapido, manifesta al contempo leggiadria ed è molto ben bilanciato. Apporto del legno percepibile e finale ammandorlato. Chiude il giro un atipico Demi sec Rosé (60% pinot nero, 40% chardonnay): sapido e di pronta beva, è un vino da “ti piace vincere facile“.
Monte Rossa.
Questo invece lo conoscevamo benissimo, grazie al Cabochon che, sfortunatamente non era in degustazione. Abbiamo degustato il Franciacorta P.R. Brut, chardonnay 100%. Naso didattico, gusto rotondo, armonico tuttavia forse un po’ corto. Effervescenza non finissima. Comunque un bel prodotto. A seguire il Franciacorta Coupé Non Dosato, quasi totalmente ottenuto da chardonnay, cui si aggiunge una percentuale davvero infinitesima di pinot nero. Piacevole e morbido.
Ricci Curbastro.
Franciacorta Brut (chardonnay 60%, pinot bianco 30%, pinot nero 10%): espressivo e sapido.
Franciacorta Satèn 2008: bella effervescenza, evidente apporto del legno in un contesto di fine pasticceria; in bocca è cremoso e manifesta una buona progressione. 
Villa Crespia Muratori
Chiudiamo in bellezza. L’azienda sta ritagliandosi uno spazio personale e individuabile nel mondo Franciacorta: ricorso alla chimica pari a zero, filosofia aziendale fortemente proiettata al futuro sostenibile e alla qualità dei prodotti ottenuta puntando alla salute delle uve. L’uso della chimica indebolisce le difese naturali della vite, infatti si è calcolato che le viti cui non sono stati imposti trattamenti non naturali hanno fornito uve con il 25% di polifenoli, quindi più autoprotettori e azzeramento della necessità di aggiungere solforosa. Fermentazione con lieviti indigeni, of course.  A Villa Crespia Muratori si difendono dalle malattie delle viti anche attraverso il rinvigorimento delle stesse mediante micorriza: già quindici anni fa i terreni sono stati inoculati di organismi che nel tempo interagiscono con le viti, rinforzandole in un rapporto di simbiosi. 
Da qui il nome del prodotto che degustiamo, Simbiotico Franciacorta Brut, chardonnay 100%. Unico nel suo genere, si presenta fresco e gradevole, bollicina fine, aromi di piccola pasticceria e leggeri sbuffi agrumati. Gusto fuori dagli schemi, progressivo e delicato.   
Conclusione: evento molto ben riuscito, location suggestiva, graziata dalle intemperie che questa strana primavera ci sta spesso riservando. Il mondo Franciacorta si conferma con realtà che tanto hanno detto e che ancora hanno molto da dire: qualcuno metterà l’accento su rispetto della tradizione, altri puntando alla sostenibilità, ma tutti – ne siamo certi – non perderanno d’occhio il sigillo della qualità assoluta.