I puristi dell’enologia legata al territorio, i soloni che hanno dei pregiudizi nei confronti dei cosiddetti vitigni internazionali storceranno il naso – forse – davanti a questo blend di Nero d’avola e cabernet sauvignon, più altre uve a bacca rossa. In realtà la fusione del più diffuso vitigno a bacca rossa siciliano e di quello autoctono girondino è tra le più riuscite e accattivanti. Del Nero d’Avola abbiamo già parlato un po’ qui,  del celebre cabernet sauvignon cosa possiamo ancora dire? Intanto una curiosità: pur essendo uno dei più diffusi vitigni del mondo, le origini del cabernet sauvignon sono state individuate con esattezza solo nel 1996, allorquando all’Università della California di Davis, due ricercatori scoprirono che la pregiata bacca discendeva da cabernet franc e… sauvignon blanc!  La circostanza è curiosa: nessuno aveva pensato che una bacca rossa, perlopiù prestigiosa e tradizionale come il cabernet sauvignon, potesse discendere da una uva a bacca bianca. L’incrocio ha senza dubbio origine nel territorio di Bordeaux a metà del diciottesimo secolo e fino alla fine del secolo successivo veniva spesso confuso con il papà, il cabernet franc. Il cabernet sauvignon è vigoroso, germoglia tardi e conseguentemente può maturare tardi. Conferisce ai vini colore profondo, caratteristiche note di peperone verde, tannino importante e buona acidità. Queste ultime due caratteristiche, in particolare, donano ai cabernet sauvignon ottime potenzialità di invecchiamento.

Il matrimonio tra Cabernet Sauvignon e il Nero d’Avola, se gli sposini sono stati ben educati ed allevati con amore, è di quelli che durano: un po’ si somigliano e laddove sono differenti, si compensano. Il Tancredi di Donnafugata proviene da vigneti ad alta densità di impianto e potatura corta, la quale regola la produzione per pianta livellata verso il basso, affina sedici mesi in barriques di primo e di secondo passaggio. Questo accorgimento, a mio parere, è determinante nell’equilibrio del prodotto.

Vediamo al calice cosa ci dice: limpido rosso rubino, abbastanza consistente; al naso è intenso, complesso e  fine; floreale, fruttato, speziato e minerale. Subito viole appassite, more e vaniglia, quindi incenso, polvere di caffè, tabacco. L’esame olfattivo rivela la doppia anima del vino, mediterranea da una parte e bordolese dall’altra, legate l’una all’altra da uso attento del legno. 

L’apporto del cabernet è misurato, graduato e armonico. Buona corrispondenza gusto olfattiva, frutto distinto, struttura importante; non particolare evoluzione. Tannino armonico e ancora energico, probabilmente rinvigorito dalla presenza del tannant, sia pure presente in percentuale minore. Finale medio lungo.

Vino ponderato e fine, necessita di una lunga ossigenazione per poter esprimere il meglio di sé. 

80/100

Francesco Cannizzaro