Quando si pensa alla Sicilia enologica e non ci si vuole impegnare troppo, il pensiero va immediatamente al vitigno isolano per eccellenza; è come con il cane di Pavlov: uno vede un calice di vino rosso, gli si dice che è siciliano e subito esclama “Nero d’Avola!”. Parliamone un po’, allora. Le origini sono indubbiamente siciliane: il ceppo fu individuato sin dal 1696 il botanico Francesco Cupani. Nonostante ciò, il Nero d’Avola è iscritto nel Registro nazionale delle varietà di vite come “Calabrese”; nessun mistero: tale dicitura deriva dalla deformazione di “Calaulisi” che a sua volta deriva da “Caia-Avola”, uve di Avola. Il Nero d’Avola è un’uva vigorosa ed ama il caldo, motivo per il quale è presente in quasi tutta la Sicilia, risultando la varietà più diffusa dell’isola.

 La storia dell’uva è simile a quelle di altre specie, dapprima coltivate al solo scopo di dare colore e struttura ad altri vini più nobili e solo successivamente emancipatesi e dotatesi di propria individualità. Negli ultimi venti anni, infatti, i vinificatori siciliani hanno investito nell’obiettivo qualitativo, diminuito le rese e restituito al Nero d’Avola la dignità che gli compete, producendo vini di struttura, dotati di ottima acidità e per questo in grado di sfidare il tempo. 

Passiamo alla degustazione di un campione di Barraco, vendemmia 2010.
Abbiamo già trattato Barraco, clicca qui per maggiori dettagli). Sappiamo che si tratta di una piccola realtà, particolarmente attenta al rispetto dell’ambiente e rivolta quindi ad una vinificazione naturale.

allorquando Gabriele ha visitato l’azienda (http://paroledivino.com/blog/approfondimento-nino-barraco-marsala/)

15 gradi e non sentirli…
Al calice si presenta rosso rubino con evidenti riflessi porpora; l’aspetto mi incuriosisce poiché solitamente è una caratteristica di vini più giovani. La consistenza è notevole, il liquido disegna archetti fitti, numerosi e regolari, quasi macchia il calice. L’esame visivo è sufficiente per stabilire che ho davanti un un vino molto strutturato. Al naso è abbastanza intenso e abbastanza complesso: immediatamente colgo note floreali, rose e fruttate, more sotto spirito. Alle olfazioni successive rivela l’anima mediterranea, polvere di caffè e discreta  mineralità.
Al gusto è caldo, l’impatto alcolico è equilibrato, a dispetto di una percentuale del 15% in volume, abbastanza fresco e sapido, molto sapido. Sento il tannino distinguersi, un po’ irruente ma integrato. Finale medio e lineare, senza particolari sussulti e privo di importante evoluzione.
Vino di gran corpo e piacevole, senza orpelli inutili, si rivela spontaneamente senza veli. Per concludere  riscontro una insospettata bevibilità a fronte di una corrispondenza gusto-olfattiva non perfetta. Senz’altro un Nero d’Avola diverso da quelli omologati che ancora oggi è fin troppo facile trovare sugli scaffali.
80/100