Si parla già da tempo delle analogie presenti tra il pinot nero ed il nerello mascalese; qualcuno, qualche tempo fa, ha persino affermato che si tratta dello stesso vitigno, importato dalla Borgogna sull’Etna nel 1800 (http://vino.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/04/01/chambolle-mascales/).
Effettivamente, come Gabriele ha già segnalato in un post dello scorso 8 novembre (http://appuntididegustazione.blogspot.it/2012/11/un-invito-informale-con-2-francesi_8.html#more), vi sono importanti somiglianze, anche genetiche, tra i due vitigni. Entrambi non sono disposti a crescere ovunque, da questo punto di vista hanno un carattere schizzinoso; entrambi, come già scritto, non hanno tutti gli antociani riscontrabili in altre varietà a bacca rossa; entrambi amano poco sposarsi ad altri vitigni, in improbabili blend dall’impronta commerciale, più che votata alla qualità; entrambi donano vini dal tannino setoso, delicato, mai astringente.
Oggi ho la possibilità di provare un nerello mascalese del 1999, vinificato in purezza, della azienda Calabretta: ho trovato questa rarità solo ieri, in una enoteca di Sesto San Giovanni, proprio su indicazione di Gabriele. Nello scaffale più in basso della sezione siciliana, c’era questa bottiglia, semi nascosta: la cercavo da tempo, non credevo ai miei occhi. E ci credevo ancora meno quando ho visto la data di vendemmia! Ero sopraffatto dalla curiosità, tanto è vero che non ho aspettato a lungo per poterla provare.

Etna Rosso VQPRD 1999, Calabretta

Due parole sul nerello mascalese: prende il nome da un paese vicino il più noto Giarre, nel Catanese; si coltiva ad alberello sulle pendici etnee fino ad altitudini impensabili. La combinazione di altitudine e terreno sabbioso/minerale lo hanno reso, in certi casi, immune alla fillossera e comunque lo rendono un vitigno longevo: le stesse vigne da cui proviene il Calabretta hanno fino a ottanta anni.

Vediamo cosa dice il calice.
Servo il vino in un “ballon” ad una temperatura di 18 gradi centigradi.
Limpido rosso granato; luminoso, invitante e consistente. Disegna archetti fitti e regolari. C’è un artista dentro
il calice.
Al naso è ampio, fine e intenso. Floreale, fruttato, erbaceo, minerale, speziato, etereo: fiori secchi, geranio, ciliegie sotto spirito, timo, nota di arancia sanguinella, combinazione di erba secca e fieno, cioccolato, polvere di caffè e goudron. Anice stellato. Balsamico. Grandioso.
In bocca è secco, caldo, morbido, poi abbastanza fresco, tannico e sicuramente sapido. Al limite del salato. Corrispondenza gustolfattiva precisa, lineare: progressione mirabile, alcol potente ma non duro, freschezza inaspettata, tannino sorprendentemente intenso ma ben levigato, sapidità imponente, ritorno gusto olfattivo accademico.
Di corpo.
Equilibrato. Intenso. Molto persistente. Fine.
Finale lunghissimo, ammandorlato e suadente. La bocca è felice del rimpallo perfetto, della danza tra morbidezze e durezze; rimane pulita, forse solo un leggero tannino fuori fase, ma davvero nulla che possa inficiare il mio giudizio.
Pronto. Armonico.
92/100.

Di Francesco Cannizzaro, sommelier AIS