Si commentava in sala degustazione, quando c’era ancora poca gente, quasi tutti “addetti ai lavori”: Trento Doc ha definitivamente spiccato il volo, ha tracciato il solco che lo differenzia da altri spumanti italiani non solo dal punto di vista puramente stilistico. Lunedì primo ottobre al Westin Palace di Milano Ais Milano ha presentato la consueta giornata dedicata alle bollicine di montagna, metodo classico italiano che – non ce ne vogliano gli altri – sta facendo passi da gigante, sotto tutti i punti di vista. La declinazione del non dosato, in particolare, ha trovato numerosi profili di qualità, e tutti noi sappiamo come è difficile ottenere un pas dosé eccellente, occorre partire da uve sane, vinificate a regola d’arte e con un obiettivo sempre in mente: il raggiungimento della qualità.

Il livello qualitativo medio riscontrato – le aziende presenti erano oltre trenta – è stato parecchio elevato, fondato su un canovaccio espressivo comune e territoriale. Non si può più confondere un Trento Doc con altri metodo classico, anche se proveniente dalle stesse uve. Verticalità, finezza olfattiva e gustativa, e – spesso – una straordinaria sapidità hanno spinto gli assaggi che abbiamo fatto verso le vette del piacere. Chardonnay grande protagonista, certo, con interpretazioni a volte molto differenti, ma tutte associate a riconoscibilità mai banale. Come il Dosaggio Zero 2014 di Revì, con la partecipazione del 25% di pinot nero: perlage esuberante, un bel colore invitante e profumi di roccia, iodio e agrumi. In bocca spontaneo, dritto, drittissimo e molto, molto piacevole.

Subito dopo proviamo una cantina che non conoscevano e alla quale ci approcciano con grande curiosità. Tenuta Maso Corno si estende ad Ala, attorno ad un maso secolare sulle pendici dei Monti Lessini, a oltre cinquecento metri sul livello del mare. Giulio Larcher si identifica nei vini che produce, li fa propri inseguendo l’obiettivo di dichiarato di farne prodotti da medio-lungo affinamento. Gli spumanti non sono il core business dell’azienda, eppure gli riescono molto bene.  Crede molto in ciò che fa, si vede dalla luce che ha negli occhi, da come presenta i vini. E provandoli si capiscono molte cose. Il suo Pas Dosé 2014, chardonnay in purezza, ha tutto ciò che serve per conquistare il winelover: effervescenza fine, cristallino e luminoso, suggerisce subito aromi minerali, di pomice e gesso, vegetali di felce, poi note di frutta secca e bergamotto. Un naso intenso e variegato, non c’è che dire. Il sorso mantiene le promesse del naso, scattando con dinamismo e lasciandosi dietro una lunga scia minerale.

Terzo assaggio per un sorprendente e personalissimo Per Nilo Extra Brut 2013 dell’azienda Bolognani, fondata nel 1952 a Lavis da Nilo Bolognani e condotta oggi dai suoi figli Diego, Sergio, Renzo e Lucia. Ci è piaciuto parecchio, pur seguendo il filo conduttore della denominazione, per una marcata riconoscibilità, sciolta nella finezza olfattiva di frutta secca e meringa, miele e zagara. Il volume carbonico è equilibrato, un mix tra carezza vellutata e sferzata fresco sapida: sorso intenso, eccitante, molto energico, con una coda lunga, impreziosita da ritorni agrumati e di vaniglia. Appagante e – ripetiamo – sorprendente: può andar bene come aperitivo per le doti di freschezza e bevibilità, ma un prodotto del genere nasce per accompagnare piatti anche sofisticati.

Chiudiamo con un cenno al seminario di approfondimento su Trento DOC tenuto dal bravissimo Roberto Anesi, miglior sommelier italiano 2017 e formidabile comunicatore delle bollicine trentine. Una degustazione tecnica e passionale allo stesso tempo, come la migliore tradizione AIS impone. Uno spaccato sulla denominazione tra le più antiche per i Metodo Classico e che è già il nuovo must delle bollicine italiane.