Proprio così. Gli amici di Gowine hanno esagerato e da quest’anno, l’evento volto alla promozione delle nuove annate dei Re delle langhe Barolo e Barbaresco si apre alla riva sinistra del Tanaro e alla Docg Roero in veste rossa e bianca. Un’occasione da non perdere non solo per conoscere o ritrovare artigiani e aziende langarole ma anche per scoprire i vini di un territorio meno noto, almeno per il sottoscritto, forse a causa di un nome che non ha mai convinto fino in fondo il grande pubblico.

Courtesy @GoWine

Giusto il tempo di mettere un piede in sala ed è Alberto Voerzio ad accoglierci, anzi a placcarci. E partiamo a bomba. 
Dovete sapere che Alberto è: figlio, nipote, suocero, fratello, sorella (!), d’arte. Come dice lui  infatti “tutto intorno a me parla la lingua del vino”. E si vede.
“Avrei un solo vino, così ho pensato bene di portare anche il 2011 non ancora pronto”…en primeur! 
Guardando meglio abbiamo due base 2010 e 2011 e poi il cru “La Serra” sempre 2011.
Assaggiando i tre campioni abbiamo ancora una volta potuto constatare come la variabile più caratterizzante per un vino sia l’andamento climatico dell’anno.
Il 2010, annata leggermente più calda rispetto alla 2011 e quindi più mascolina con tanta forza e vigore, regala un naso giovane su viola, radici e frutta sotto spirito. Bel tannino a tutta bocca, austero ma non troppo.
La 2011 ha visto più pioggia e questo ha portato più eleganza e finezza; somiglia ad un ragazzino adolescente tranquillo e garbato solo in apparenza ma dai tratti irruenti. 
In grandissima crescita, soprattutto il cru La Serra che entra in punta di piedi per poi esplodere in un impeto di tannino ruvido-morbido.
Attendiamolo, si farà grande.
Cascina Chicco ha circa 50 ettari, il 90% dei quali in Roero.
Proviamo il Valmaggiore 2011 riserva.
Sa di fragola e ciliegia al palato e offre un naso su mazzo di violette, fragola e ciliegia sotto spirito. Tannino vellutato che sa ammaliare nonostante una punta d’alcol sopra le righe che necessita attesa.
A questo punto è arrivato il momento della “premiazione”; sì, oltre la degustazione la serata prevedeva la Terza edizione del premio “Amici dei Grandi Rossi di Langa e Roero”, un momento di omaggio ai personaggi milanesi che durante l’anno hanno dedicato tempo e risorse alla divulgazione dei grandi rossi di Langa e Roero.
Per il 2015 sono stati premiati al Pont de Ferr, chef Matias Perdomo; Joia, chef Pietro Leemann;  Il Luogo di Aimo e Nadia e Trussardi alla Scala, chef Roberto Conti.

E’ interessante riportare qualche aneddoto.

Maida Mercuri per il Pont de Ferr: sommelier professionista dal 1982 ha preferito per le proprie scelte solo cose che le emozionavano.
Aimo Moroni è definitivo: “bisognerebbe inserire la pasta con le sarde tra i patrimoni dell’umanità.” E qui non posso che fargli un inchino!
Roberto Conti: “ci siamo convertiti a una cucina italiana, passando alla cotoletta meneghina, alla lingua in salsa verde. I riscontri ci danno ragione.”
Pietro Leemann del ristorante Joia sottolinea fra le altre cose l’importanza dei viaggi in Giappone dove ha capito che la propria predisposizione per il vegetarianesimo avrebbe potuto contribuire, come in effetti ha fatto, alla trasformazione della cucina vegetariana, liberandola dall’etichetta quasi punitiva che la caratterizzava in qualcosa di affascinante e attraente.
Oggi, per dire, è il numero uno a Milano…

Interessante dicevo, almeno per un po’… il “momento” di cui sopra però è diventato quasi un’ intera ora, durante la quale, come da regolamento, è proibito degustare (per i visitatori), o mescere (per i produttori).

Com’è finita? Diciamo che dopo un tempo indeterminato, e senza intravedere una fine, la noia ha avuto il sopravvento e le persone hanno iniziato a borbottare prima, a farsi i fatti propri dopo, e infine a ricominciare a degustare. 
Capisco sia complicato gestire i tempi soprattutto quando è importare dare il giusto spazio ai premiati; però mettendomi nei panni della gente divenuta ormai calca, bramosa di degustare, scoprire, confrontarsi (o bere semplicemente a canna) condivido la difficoltà nel prestare attenzione per un tempo prolungato con una sete da deserto, il miraggio dell’oggetto del desiderio a poco più di un passo, e un freddo calice in mano. Vuoto! 
Ebbene è così che con i desk nuovamente “attivi” e straripanti facciamo un salto da Le Strette.
Il territorio è quello di Novello, su una dorsale che riceve aria continentale da una parte e marina dall’altra. L’altra variabile fondamentale: il territorio! I baroli di Novello sono ben più minerali rispetto a quelli degli altri territori della Docg. Sapevatelo.
Da Le Strette no barrique ma botte grande e macerazioni lunghe e a temperatura bassa per estrarre tutti gli aromi.
Nel Corini-Pallaretta 2011, vinificato per la prima volta a sé, ritrovo l’attesa mineralità, spiccata, aggiungo, per un barolo. Un barolo marino, dalla trama terrosa. Quasi un barolo del sud... Si potrebbe quasi coniare un motto… Ancora molto giovane e con alcol sopra le righe.
Il Bergera Pezzole 2011 si sviluppa in un naso più speziato con cannella e piccoli frutti rossi. Importante anche il tannino ma mitigato dalla morbidezza di fondo. Gran bel vino che si fa bere molto bene.
Chiudo con Mauro Veglio e con il suo Barolo Gattera 2011.
Esplosione di fiori rossi, viole e rosa su una speziatura che è un tratto caratteristico della vigna (almeno per quel che ne so). La bocca però è la vera rivelazione. Al palato è fresco e sapido in un perfetto bilanciamento con il tannino, eppure molto pronto già ora rispetto alla media degli altri assaggi. Credo abbia tutte le carte in regola per continuare a migliorare e affinare nel tempo.