Il nome di Bartolo Mascarello, per esempio, ha la forza dirompente di un tuono, con la luminosità assoluta del lampo. Chi si è avvicinato al mondo del vino dopo il 2005 ne ha sentito parlare – ahinoi – che già non c’era più, senza nemmeno poter sperare di poterlo un giorno conoscere.
Chi calca il palcoscenico dell’enomondo da più tempo invece ne ha un’idea più diretta ed i fortunati che lo hanno conosciuto di persona ne tracciano un profilo univoco e senza ambiguità. Sarebbe riduttivo associare Mascarello produttore solo a colui che ebbe l’ardire di scrivere No barrique no Berlusconi sull’etichetta di un proprio barolo, anche se innegabilmente è l’episodio legato al suo nome che più si ricorda e tra poco ne parleremo. Mascarello era molto di più: era custode della tradizione contadina, fatta di sacrificio e rispetto per la Natura, per i suoi tempi, profondamente contrario a scorciatoie e mode. Era un uomo capace di difendere il proprio territorio ed il modo di fare vino ne è la testimonianza più forte. Il padre Giulio, fiero antifascista, fu uno dei primi a vinificare in proprio nel 1918, nell’Italia ancora stravolta dal primo conflitto mondiale.
Una sera di malinconia cerco e trovo nella mia cantina la sua Barbera d’Alba 2012: la stappo con cura, controllo la temperatura. Perfetta. Verso un calice e lo osservo, dipinto di rosso rubino molto intenso e solo qualche bagliore violetto. Ha una bella consistenza e mentre faccio ruotare il calice cerco di capire come sarà quella barbera. Affondo il naso e trovo fiori di lavanda e violette, tratto erbaceo, terroso e fine, finissima balsamicità. Vorrei trastullarmi e giocare a trovare altri sentori ma forte è la voglia di bere, così mi tuffo senza esitare. Caratteristico e caratteriale, acida sì, ma con criterio; vigorosa sì, ma con delicatezza. Il sorso traccia il palato, disegnando un percorso nitido, riportando i frutti e i fiori percepiti al naso, integrandolo con un tannino certamente maschio ma mai fuori posto. Che dire del finale? Lungo e variegato, un po’ spigoloso e sincero. “Doveva essere così Bartolo“, penso. E mentre bevo, l’anima sorride.