La storia del nebbiolo in Valtellina è una storia di fatica, di impegno, di fronti sudate sotto il sole agostano, e gambe doloranti per il continuo su e giù dai terrazzamenti. Eppure osservando la posizione geografica della valle, incastonata quasi interamente nella provincia di Sondrio, non è facile immaginarla terra da vino. Ma il fascino della natura e, se vogliamo, anche del mondo enologico è che nulla è scontato e piccoli spicchi di territorio apparentemente inadatti a viticulture di qualità diventano invece pepite d’oro da rimirare.

Alcune caratteristiche ambientali e morfologiche, infatti, contribuiscono in modo determinante al ribaltamento di una condizione viticola altrimenti disperata: intanto l’esposizione delle superfici vitate, sapientemente indirizzate al Mezzogiorno; poi la naturale “conca” ove la Valtellina si trova, protetta da complessi montuosi a nord dalle Alpi Retiche e a sud da quelle Orobiche. Infine il non secondario apporto dell’Adda e del bacino del lago di Como, che fungono da naturale (ed insuperabile) regolatore termico. Il suolo è di tipo sabbioso con presenza di limo e – raramente – tracce di argilla; solitamente molto permeabile, è perfetto per la vite in quanto non manifesta fenomeni di ritenzione idrica.

Infine il clima, caratterizzato da temperature idonee nel periodo vegetativo, con buona umidità e soprattutto ventilazione costante ed ottima luminosità, in aggiunta a precipitazione atmosferiche non eccessive. I terrazzamenti costruiti dall’uomo fanno la loro parte: le grandi quantità di sassi utilizzati per i caratteristici muretti in pietra permettono un aumento ulteriore della temperatura in vigna. Pensate che i muretti dei terrazzamenti della Valtellina hanno una estensione lineare di ben 2.500 km, una meraviglia che concorre ad essere nominata Patrimonio Mondiale Unesco.  
Il ruolo dell’agricoltura in valle ha avuto momenti di alterna fortuna: a partire dal 1200 con il contributo dei monaci si impiantarono i primi vigneti che si svilupparono ulteriormente sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, specialmente sul versante retico. Dalla fine del 1800 fino al secondo dopoguerra si assiste a una profonda e progressiva crisi della viticoltura: cala la superficie vitata e molti piccoli produttori rinunciano, cedendo spesso l’attività alle grandi aziende vinicole.

L’azienda Triacca nasce dall’impegno dei due fratelli Pietro e Domenico che già nel 1897 acquistarono un piccolo vigneto nella zona della Valgella per vinificare in proprio; nel 1950 convertiva la produzione da vino sfuso a vino imbottigliato.

Da qualche anno l’azienda è impegnata nel riassetto dei propri vigneti, attraverso la selezione clonale e la sostituzione dei vecchi impianti, facendo sempre ben attenzione al rispetto del territorio, quanto mai fondamentale in Valtellina.

Non credo di voler introdurre la degustazione del Prestigio senza aver prima esposto il minimo indispensabile sul nebbiolo, o chiavennasca, come viene chiamato in Valtellina. In realtà alcune scuole di pensiero identificano il nebbiolo come una convarietà avendo spontaneamente generato nel corso dei secoli numerose cultivar, tra cui la stessa chiavennasca, che è ritenuta distinta dal nebbiolo piemontese e genuinamente autoctona valtellinese.   

La prima menzione scritta del nebbiolo è datata 1266, contenuta in un documento contabile dei Conti della Castellania di Rivoli, attualmente conservato presso l’Archivio di Stato di Torino; di certo il nebbiolo è tra le più antiche varietà presenti in Italia. Ha un carattere molto particolare: necessita del giusto terroir per dare il meglio ed ha esigenze colturali precise, come le giuste distanze tra i filari al fine di assorbire la idonea quantità di luce. Le caratteristiche che cede ai vini prodotti sono eleganza e finezza, accompagnate da adeguata struttura, tannino importante e quasi mai amaro, freschezza invitante, specie in gioventù; con l’affinamento lo spettro aromatico si amplifica, manifestando aromi terziari sempre ben integrati. Può dar luogo a vini di grande longevità. 
Il nebbiolo matura tardi e questa caratteristica, specie in Valtellina, lo espone alle escursioni termiche decisive per l’aspetto olfattivo dei vini che verranno; nonostante sia indubbiamente in grado di regalare eccellenti vini non è molto diffuso: in Italia è coltivato in Lombardia e – ça va sans dire – Piemonte, oltre a Val d’Aosta (con il nome di Picoutener) e Sardegna. In Europa è una rarità, mentre lo si trova più spesso in Messico, Stati Uniti e soprattutto Argentina, ove sono presenti condizioni più simili al nostro terroir prealpino in cui il nebbiolo, lo sappiamo bene, si trova a meraviglia.       

Prestigio 2006. Aristocratico e suadente. 
In un contesto geograficamente variegato come quello valtellinese e con un protagonista alquanto sensibile al terroir, la creazione delle sottozone appare accorgimento logico e funzionale: la valle si estende in linea longitudinale e vi sono differenze microclimatiche che condizionano le caratteristiche organolettiche dei vini che vi si producono. Le cinque zone, Grumello, Inferno, Maroggia, Sassella e Valgella corrispondono a cinque diversi territori che conferiscono alla chiavennasca caratteristiche diverse. 

Il Prestigio 2006 Valtellina superiore si presenta limpido, di color rubino impenetrabile e abbastanza consistente; al naso è intenso e complesso, avverto evidente l’apporto del legno, nonostante non vi sia ingerenza; è un gran bel bouquet. Sentori di  rosa e lavanda, ribes, alla seconda olfazione emerge la speziatura: cannella, polvere di caffè, tabacco dolce e poi ancora scorza di agrume, sottobosco, muschio. Sferzate erbacee duettano con una percepibile nota alcolica. Naso straordinario. Chapeau!
In bocca è ricco, caldo e morbido; tannino centrato e sapidità che lo accompagna; freschezza non più esuberante ma comunque presente. Finale non lunghissimo, impreziosito da armonici riverberi di frutti e spezie e stemperato da lieve accenno di residuo zuccherino. 
Affinato dodici mesi in barrique, sei mesi in acciaio e sei mesi in bottiglia, è il compagno perfetto per piatti di carne stufati.  Si trova intorno ai 25 euro e per un vino del genere sono proprio spesi ottimamente.
86/100