Siamo stati alla presentazione del nuovo nato di Tenuta Luce, il Lux Vitis che completa l’offerta dell’azienda di Montalcino.

La volontà del produttore è quella di spostare il focus dal prodotto icona al più esteso concetto di brand Tenuta Luce.

Un progetto iniziato nel 1995 che vede porre un’importante pietra miliare nel 2015 con l’acquisizione dei terreni dell’azienda Logonovo, adiacenti a quelli del Luce, e relativa cantina ora ristrutturata secondo canoni moderni, molto ben integrata nel territorio di Montalcino.

Lo sapevate? Noi prima d’ora no ma il motivo c’è ed è riferito alla volontà del fare, ma sottovoce, senza eventi di grido o proclami urbi et orbi. Una comunicazione composta, d’élite se vogliamo, come d’élite si pone il posizionamento commerciale del Lux Vitis, ultima frontiera di Tenuta Luce con le sue circa 6000 bottiglie.

Ad ulteriore testimonianza, vi è questo lancio pubblico al Savini a Milano, venue piuttosto esclusiva, con la dozzina di giornalisti di settore di livello nazionale e internazionale a seguito.
Vedo di fronte a me Gigi Brozzoni e Antonio Paolini, a destra Alessandro Torcoli, Marco Gatti e pochi altri insieme al Marchese Lamberto Frescobaldi e all’Enologo e Direttore Tecnico, Stefano Ruini.

E poi ci siamo noi, unici blogger presenti, come rappresentanti di una comunicazione esigente, sicuramente alternativa, mi piace pensare più vicina a un pubblico non per forza elitario ma appassionato (anche molto competente in certi casi) e bramoso di conoscenza, sempre alla ricerca di novità, che vuole sbirciare dall’altra parte della famosa medaglia,.

E vi prego NON dateci degli “influencer” non abbiamo più vent’anni da un pezzo e all’epoca non ve n’era per fortuna traccia…

Lux Vitis 2015, cabernet sauvignon e sangiovese in piccola parte.

Dalla sperimentazione, o dall’eresia sotto un’altra prospettiva, di un piccolo vigneto di 3 ettari piantato a cabernet sauvignon nasce pian piano, vendemmia dopo vendemmia, una nuova espressione di quel territorio che è sinonimo di Sangiovese in purezza.

Uno stravolgimento, un mondo sottosopra.

Evocativa l’etichetta, bellissima per quanto mi riguarda, sembra un Big-Bang, un’esplosione accecante a testimonianza di un nuovo inizio, il reset di visione che passa per la nuova via.

Non un punto di arrivo ma di ri-partenza e di completamento. D’altronde, lo sappiamo, Tenuta Luce non è nuova alla diversità di interpretazione di quel territorio.

Chi fra gli appassionati non ha mai anche solo intravisto l’etichetta del Luce, il sangiovese merlot portabandiera della Casa e simbolo della cantina stessa? Un vino-icona antesignano e progenitore del Lux Vitis con il quale condivide lo spirito della ricerca e dell’innovazione.

I puristi forse storceranno il naso ma senza questo spunto state pur certi che oggi mancherebbe all’appello più di qualche eccellenza italiana.

Lux Vitis all’interno di questo nuovo corso si colloca come vino di nicchia elitario, anche per via dell’esigua quantità.

Il Marchese in persona ci racconta la bellissima vendemmia del 2015 e alcune curiosità come il fatto che la pur piccola percentuale di sangiovese “gli dà una piccola dose di attaccamento al territorio”.

Terreni eterogenei con presenza di argille, calcare e anche un po’ di sabbia sono la base per portare la pianta a produrre bacche piccole a favore del rapporto buccia/polpa.

Si pone l’accento sulla massima attenzione in vigna poiché “non utilizzando diserbi chimici si tende a risvegliare l’energia della vigna e conseguentemente i suoi caratteri dinamici”. Tradotto vuol dire freschezza a tutto campo.

Sì, freschezza naturale figlia del territorio, un luogo particolare, dove esposizione, altitudine, fresche notti e brezza marina pomeridiana conferiscono a preservare acidità, qualità, complessità e sanità.

Poca la tecnologia in cantina: vetro-cemento, pressa verticale e infine barrique di terzo passaggio, assecondando un concetto che speriamo prenda sempre più piede ovvero quello di ricercare e preservare l’unicità dell’annata!

Non più di una cantina-ospedale “dove rianimare il paziente” ma il luogo dove lasciar lavorare i lieviti spontanei, curando solo gli aspetti principali della produzione come la temperatura di fermentazione evitando strane derive.

La degustazione è un divenire di freschezza palatale dinamica, protagonista di un sorso dove anche il tannino, aggrappante ma veloce e snello al contempo, può dire la sua.

Croccante nei profumi e nei sapori, con quel un pizzico di austerità che ne fa un gran vino.

Un naso profondo che va dalle note di resina alla macchia mediterranea, poi di nuovo al balsamico aromatico e alla terra. Una complessità che non è quella esclusiva del cabernet.

Ecco perché il sangiovese è così importante qui, per ricordare il territorio!

Un vino maschio, chiaramente, con tannini potenti ma comunque levigati. Un’analogia che riporta ai Bordeaux dove si mette il morbido merlot per bilanciare.