Armenia e vino: ci sono serate in cui sono davvero contenta di far parte di AIS Milano. Perché non è facile poter degustare vini che provengono da stati non ancora abbastanza conosciuti in Italia, presenti con un unico distributore. Strano pensare che in
Francia invece i vini armeni si possano trovare più facilmente. Tanto più evidente se alla serata dello scorso 16 ottobre, presentata da Guido Invernizzi, ha partecipato anche il Console Pietro Kuciukian a significare l’importanza di questo evento.
Caucaso, culla del vino si sa: Azerbaijan e Georgia... ma la recente scoperta di una cantina di 6200 anni fa comunque resta la prima e al momento più grande testimonianza di quanto l’Armenia rappresenta per il mondo del vino. A Vayots Dzor, un gruppo di archeologi ha scoperto infatti un sito, detto Areni-Cave 1 con numerose giare contenenti sacrifici umani ma altre con tracce di malvidina e acido tartarico. Ma nella camera sono presenti presse e altri strumenti di vinificazione. Davvero una scoperta sbalorditiva.
Come ricorda il console, che saluta la platea all’inizio della serata, la Genesi, nell’Antico Testamento, ci racconta:
“Nel settimo mese, il diciassette del mese, l’arca si posò sui monti dell’Ararat […] Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e giacque scoperto all’interno della sua tenda.”
Storia, leggenda, religione…sembra proprio che abbiamo trovato una conferma reale.
La religione che in Armenia è qualcosa di molto sentito ancora oggi, a cui risale comunque la figura di San Gregorio l’Illuminatore. Grazie alla sua opera di conversione l’Armenia è stato il primo paese al mondo in cui il Cristianesimo è adottato come religione di stato nel 301 d.C. La storia ci conferma anche, attraverso Senofonte e Strabone, che gli armeni erano importanti produttori e commercianti di vino. Nel loro vino galleggiavano grano e orzo, probabilmente per favorire la fermentazione. Gli armeni erano anche ottimi “mastro birrai”. Vino e birra erano conservati nei karases.
Altre due tappe nella storia mi sembrano interessanti: la produzione di vini con la flor (forse prima di jerez de la frontera) durante il periodo sovietico e l’incremento produttivo di vino, spumante e brandy dagli anni ’40 agli anni ’80 del secolo scorso.
Per quanto riguarda suolo e zone, poche righe per scrivere che l‘Armenia è un territorio prevalentemente montuoso, ricco di vulcani spenti.
Le zone vitivinicole sono la Valle dell’Ararat, Vayots Dzor, Aragasotn, Tavush eil Nagorno-Karabakh. La temperatura solitamente prevede estati torridi, inverni rigidi e poca pioggia. Quindi le viti sono spesso coltivate oltre i 1000 m. sul livello del mare. Molto più interessante dire che le viti sono a piede franco.
Anche se molti sono scomparsi, l’Armenia ha un elevato numero di vitigni autoctoni. Tra i bianchi Ara
rati, Voskehat, Kangun, Arevar e Burastani. I rossi invece sono: Ararati noir, Areni, Khndogni, Repse, Sateni. Le proprietà dell’Areni sono abbastanza vicine al Pinot Noir: eleganza, un gusto complesso, colore scarso ma gran potenziale di invecchiamento. Il bianco Voskehat, che significa bacca d’oro, considerato vicino allo chardonnay francese, adatto per vini di struttura o vini dolci.
Il vino è parte integrante della vita in Armenia, lungo tutte le strade si possono incrociare baracchini che vendono vino, conservato in bottiglie di plastica. Nonostante questo spesso si tratta di vini di buona qualità.
Ed eccoci arrivati alla degustazione. Tutti i vini provengono dalla stessa azienda, la Karas, che di trova nella regione di Armavir, a ovest, tra i Monti Ararat e Aragats. Proprio per il clima arido, l’irrigazione anche inquesta azienda, è con il sistema a goccia per garantire acqua in maniera programmata e costante. La raccolta è manuale in ceste da 17 kg. Michel Rolland è il consulente enologo per un’azienda che rappresenta l’Armenia alla Cité du Vin a Bordeaux. Vediamo quali sorprese ci aspettano…
Karas Extra Brut – colombard, folle blanche, kangun, chardonnay, 12° vol. – Colore giallo paglierino, bolle fini e persistenti, qualche particella in sospensione. Un profumo di albicocca, di agrume dolce, frutta tropicale e minerale. Sapido e fresco, più agrumato in bocca all’ingresso e un ritorno di frutta più dolce sul finale per un bicchiere da bere volentieri con gli amici.
Karas Blanc – kangun, rkasiteli, chardonnay, viognier, 14° vol. – Un giallo paglierino che vira al dorato, con qualche sedimento. Un naso
intenso, molto particolare, una leggera punta affumicata, pesca bianca, agrume, una spezia dolce e una certa untuosità. Sapido al palato, con sentore di buccia di limone grattuggiata, un finale quasi tagliente e metallico, torna ancora il leggero tocco affumicato. Un mix interessante da proporre anche con un pesce grasso.
Karas Rouge – Syrah, tannat, cabernet franc, petito verdot, montepulciano, khndoghni, 14° vol. – Un bel rubino con sfumature violacee, denso e consistente. In bocca legno dolce,
una piacevole speziatura di pepe verde, leggermento nocciolato, con una punta di rabarbaro, genziana. Il tannino in bocca non disturba, esce il gusto di liquerizia, tornano l’erba e i fiori alpini. Un rosso piacevole e armonioso per un secondo di carne.
Karas Reserve – Syrah, tannat, malbec, montepulciano, petit verdot, 14,5° vol. – Rubino impenetrabile, di grande consistenza. Al naso si apre su tomi speziati e tostati, leggermente fumé per poi allargarsi in una ciliegia matura, nel peperone, e nella liquerizia. Un tannino più evidente ma non sgradevole per una bella bocca cioccolatosa, di materia, che riprende i sentori olfattivi. Da abbinare a formaggi e carne rossa.
Concludiamo la degustazione con:
Karas Dyutich – Moscato, 10,5° vol. – Paglierino con una bolla fine e persistente. Salvia, pesca bianca e fiori d’arancio per un naso classico. In bocca un piacevole pizzicorino e un gusto rotondo di pesca ma senza una dolcezza esagerata, del tutto assente – per fortuna – il finale amaricante che talvolta si riscontra nei moscati. Molto molto gradevole da abbinare a una leggera millefoglie.