La Terra Trema. 
In questi giorni, tuttavia, mi vien da pensare che l’unica terra che voglio vedere tremare è quella del Leoncavallo, nei giorni della fiera che anche quest’anno è tornata mettendo insieme 92 vignaioli e più di 600 vini, da ogni parte d’Italia e Francia, 3 birrifici artigianali, 26 artigiani e agricoltori e chi più ne ha più ne metta.

L’evento di quest’anno ha come claim “Vini – Cibi – Cultura materiale” ed è bene sottolineare che La Terra Trema non è solo un banco degustazione. È un evento formativo e di aggregazione, costituito da momenti di riflessione, come La terra è bassa, dove si è parlato di bracciantato e  capolarato nonché di nuove forme di auto-organizzazione contadina.

Quest’anno, poi, mi è sembrato più ricco, più bello, diverso dall’edizione passata. Forse l’anno scorso ero preso male, non so, oggi dico ben fatto!
Ne approfitto il primo pomeriggio, che è ancora presto e l’afflusso è limitato. È bello ritrovare anno dopo anno colori profumi, persone, amici. Nello spirito della naturalità. Almeno si spera… nel senso del naturale ecco.
Giro di ricognizione e partiamo.

Tai bianco 2014; il produttore mi dice che ovviamente è stata un annata piovosa e il risultato si sente come una mancanza di consistenza e bassa gradazione. Siamo circa al 12% di alcol ma dovrebbe essere qualcosina in più.
Al naso ha comunque una forte impronta aromatica, molto floreale su polline ma anche fruttata di pesca e paprika dolce. 
A me sembra niente male. 
In bocca però manca di struttura effettivamente anche se sul finale la nota aromatica aiuta ad allungare il sorso. Lo consiglia con il pollo o una carne bianca non molto speziata o ancora su minestre di verdure.
Il secondo assaggio mi sembra il vino del contadino… avete presente? Ma quello fatto bene però con un’impronta naturale tipica ma senza tanfo. 
Il Colli Euganei Gerardo è cosi: easy drinking. Merlot e cabernet sauvignon si esprimono in prugna non ancora perfettamente matura e poco altro che potrei ricondurre ad una nota vegetale di carciofo o similare, non pungente. 
Al palato va via bene con un tannino non troppo ruvido. 
Come dicevo easy, da secchio.
Li provo a raffica.
Verdicchio superiore 2014 Capovolto è wow…
Gomma per cancellare e mineralità in un contesto ben fresco e che sprigiona un grande aroma. Solo acciaio, ma mi pareva di avvertire una lieve affumicatura. In generale interessante, da riprovare in futuro.
Anche la versione sperimentale, in foto, (pinocchio) mi da note di cesto di frutta esotica e spezie dolce in un binomio cangiante acido/morbido al palato. Fermentazione spontanea.
Top performer è invece il Castelli di Jesi 2013 verdicchio riserva Passolento
Intenso e dai profumi amabili di ananas e frutta sciroppata su tenui legni aromatici e cera. Al palato è pieno ricco tridimensionale (ma quanto mi piace dirlo?) e lungo in un rimbalzo continuo. 
Da dimenticare in cantina una bottiglia e da bere subito l’altra.
A questo punto volevo introdurvi, se mi consentite, un discorso sul Merlot vinificato in Bianco 2014 di Foffani.
Si, merlot bianco e allora?
E non fate i disfattisti, i prevenuto o quelli che dicono “un merlot bianco? Sei pazzo? Preferirei mi tagliassero un piede piuttosto.”  
Un’esperienza da fare. 
Raccolta molto matura, lasciato sgrondare, poi portato a bassa temperatura e macro-ossigenato.
Un’erba di campo, non forte, domina ma senza esagerare su un frutto di litchi, e sullo sfondo pesca e pera. 
‘Ma lo senti il tannino’? 
Un bianco che sa di rosso come texture. Setoso ma con quel pizzico di astringenza tannica tipica da uva rossa e la relativa struttura. 
Io dico si. “Ne prendo due grazie”. E mi abbraccio pure la signora Elisabetta. 
Interessante il nebbiolo Ego ma ancor più il Langhe Rosso
Ovvero merlot (ancora? E mica è colpa mia…). Un figliol prodigo. Non sono in molti in Piemonte che fanno merlot, loro invece dal 2005, e si sente.
Tipico su mora di rovo, piena, matura, impronte vegetale non forte, ma caratterizzante di asparago, e anche il colore rubino da manuale. L’ho detto tipico? In ogni aspetto. 
Interessante il tannino che stranamente il territorio austero piemontese non ha accentuato. 
Rimane in definitiva elegante, molto francese se mi permettete. In una parola bello.
Chiudo la mia esperienza 2015 con l’Erbaluce di Piatti Antonella
La tipicità dell’erbaluce sta nell’acidità fissa spiccata e
sapidità anche in presenza di da uve mature. Il Taramot è il metodo classico dell’azienda. Da lieviti selezionati “non possiamo permetterci di rischiare oltre; fra grandinate, annate storte eccetera è già complicato portare l’uva sana a casa”. 
Bolla fine e schiumosa anche al palato. L’aroma è forte e gradevole con un’ottima corrispondenza naso-bocca. Bella la sapidità e il frutto forte. Forse un dosaggio leggermente alto che però lo fa apprezzare per un aperitivo di salumi e formaggi non troppo stagionati.