Plinio il Vecchio (23 d.C. – 79 d.C)  è molto noto tra gli appassionati di vino poiché con il suo Naturalis Historia ha ridisegnato il sapere scientifico naturale: ben 37 libri in cui organizza, cataloga e razionalizza argomenti di cosmogonia, geografia, antropologia, zoologia, agricoltura e botanica, farmacia vegetale e animale, geologia e metallurgia.

Viene spesso menzionato nelle aule universitarie di agronomia ed enologia, quindi, per la sua conoscenza e sete di sapere. Oggi ne parliamo perché Plinio il Vecchio fu tra i primi a citare l’asprinio, il vitigno protagonista del nostro #acini di oggi.

Vite Maritata de I Borboni richiama una precisa peculiarità ben descritta anche da Plinio: il sistema di coltivazione dell’asprinio – sin dall’espansione etrusca nell’Aversano – era in arbusta, vale a dire con il sostegno di altri alberi, in particolare pioppi.

Nel resto del territorio la coltivazione della vite era invece a basso ceppo, in vinea: il confine culturale era dunque ben definito e delineava i sistemi di allevamento e vinificazione di origine greca da quelli di origine etrusca.

L’intima e forse la prima caratteristica della vite – il suo essere una pianta rampicante – dava quindi origine in quelle zone al sistema noto come alberata aversana, tuttora utilizzato anche da I Borboni, sia pur in quantità minori rispetto al passato.


La vite si sposa al pioppo e lo risale in tutta la sua lunghezza, senza separarsene mai.
L’asprinio, si intuisce facilmente, ha una elevata acidità di base e ben si presta – tra l’altro – alla spumantizzazione.


Vite Maritata è un vino riconoscibile, di grande e insospettabile pulizia olfattiva e gustativa. Il colore intenso e verdognolo precede una scia prettamente agrumata ma di grande evoluzione: nei pochi minuti in cui è rimasto nel mio calice siamo passati dalla scorza di limone alla macchia mediterranea, dal timo di montagna al fieno essiccato.

Il palato è rinfrescato, rinvigorito e premiato dal sorso scattante, verticale e davvero diritto. Niente complicazioni, niente zavorre: semplicità e freschezza. Quello che si chiede ad ogni matrimonio, dopotutto.