Avete presente quelle uscite in compagnia di nuove persone, amici di amici, in cui la ragazza più timida si rivela poi essere più peperina e disinibita delle appariscenti amiche? Io no, ma spesso ho ascoltato racconti simili capitati ad amici; ok, erano gli stessi amici che raccontavano “ieri ho conosciuto una e dopo mezz’ora eravamo già a letto”, circostanze mai confermate da testimonianze o fatti concreti, ma questa è un’altra storia…
Qualche sera fa è finalmente capitata anche a me una situazione simile, ma con uno champagne (e va beh, forse sarò meno interessante di uno sciupafemmine, ma ricordatevi che siete su Appunti di Degustazione, non appunti di Seduzione!!!). Una mia amica la scorsa primavera era stata in pellegrinaggio in Champagne e mi aveva riportato una bottiglia dal nome poco altisonante, quanto meno per me. L’ho conservata senza quell’irrefrenabile desiderio di tirarle il collo che accompagna i pochi champagne della mia cantina.
Qualche sera fa lo apro e… il mondo d’improvviso sembra più bello.
Tre parole per definire questo champagne: agrume, iodio e mineralità. Il Legrand Latour Extrabrut parte subito fresco, con stuzzicanti pizzicate di mapo e pompelmo, poi la “barriera corallina” fiore-frutto di colpo lascia spazio al mare aperto e sprofonda in un’ondata di iodio, pietra pomice e pietra focaia, note salmastre e sbuffi erbacei. Uno champagne sottile, dritto e diretto.
Non fate gli Sherlock Holmes col naso nel calice, a cercare chissà quale profumo ultraterreno: questo è un vino che paradossalmente fa proprio della sua non complessità il suo punto di forza, della serie poche cose ma buone.
Immediato, piacevole, fa salivare e invita a berlo e riberlo. Ottimo compagno di crudité e pesce al cartoccio, ma la massima goduria è gustarselo vis à vis, senza nessun accompagnamento. Non sarà lo champagne della vita o quello che aprirete in un’occasione speciale, ma di certo vi darà grande soddisfazione e forse vi ricorderete più di lui che di qualche nome blasonato, esattamente come vi ricorderete più della timida peperina che della insipida bambolona di turno.
Non fate gli Sherlock Holmes col naso nel calice, a cercare chissà quale profumo ultraterreno: questo è un vino che paradossalmente fa proprio della sua non complessità il suo punto di forza, della serie poche cose ma buone.
Immediato, piacevole, fa salivare e invita a berlo e riberlo. Ottimo compagno di crudité e pesce al cartoccio, ma la massima goduria è gustarselo vis à vis, senza nessun accompagnamento. Non sarà lo champagne della vita o quello che aprirete in un’occasione speciale, ma di certo vi darà grande soddisfazione e forse vi ricorderete più di lui che di qualche nome blasonato, esattamente come vi ricorderete più della timida peperina che della insipida bambolona di turno.
L’InviNato Speciale