Cantine di primavera?

Sicuramente una buona idea ma se gli impegni costringono a rimanere in città, la Galleria Campari merita davvero una visita.

Vari motivi suggeriscono la visita: per l’architettura della nuova sede, progettata da Mario Botta, a Sesto San Giovanni nel luogo in cui si trovava quella storica, per la storia imprenditoriale di Davide Campari, un tenace e lungimirante innovatore, e infine per la ricchissima collezione di manufatti artistici che caratterizzano da sempre l’immagine di questa azienda e la comunicazione dei suoi prodotti.

 La visita, su prenotazione con guida, è una scelta davvero intelligente perché in questo modo si può davvero capire molto di questa avventura imprenditoriale.
Vedremo come parlare della sede, di Davide Campari e del ricco marketing che ha caratterizzato quest’azienda sia un continuo intreccio, immediatamente comprensibile per chi, come me, ha seguito la visita guidata. Spero di essere altrettanto brava a trasferirne il senso.
Siamo accolti in una reception che accoglie tutte le bottiglie della produzione attuale. Non solo Campari, ma anche, tra i tanti marchi acquisiti, ricordiamo Grand Marnier, AperolSky Vodka, i vini Sella & Mosca, Glen Grant.

 Cominciano quindi dalla storia di Davide Campari. Il padre, Gaspare, liquorista a Torino, dopo aver appreso tecniche e fatto gavetta, decide di aprire una propria attività a Milano.

Nel 1860 crea la ricetta segreta del Bitter Campari (anche oggi sono solo due persone in tutta l’azienda a conoscerne gli ingredienti): una miscela di acqua, alcol, erbe e frutta, dal tipico colore rosso.

A Milano, sceglie con molta arguzia Piazza Duomoe quando i palazzi vengono abbattuti per far nascere la rinnovata piazza e la Galleria Vittorio Emanuele, Gaspare ha il diritto di prelazione e apre la sua caffetteria-ristoro dove oggi si trova Autogrill, più tardi acquista anche il Camparino.

Nello scantinato del bar, Gaspare produce lui stesso i liquori. Con grande capacità e coraggio imprenditoriale, il figlio Davide nel 1919, vende i due bar alla cifra di un milione di lire dell’epoca (non so a quanto corrispondano oggi, ma erano tantissimi soldi comunque) per poter acquistare due stabilimenti: uno a Sesto San Giovanni e l’altro a Parigi.

Nemmeno la posizione della sede di Sesto fu una scelta casuale. La vicinanza con la ferroviarappresentava un fattore strategico di grande importanza.

Scelta altrettanto vincente e strategica da parte di Davide fu quella di ridurre i 20 liquori prodotti dal padre per concentrare la produzione solo sul Bitter, un prodotto unico nel suo genere: una scelta molto azzardata ma che lo ha premiato; é sempre Davide che comincia quello straordinario sodalizio con i migliori e originali artisti dell’epoca.

Facciata della sede storica, inglobata nel nuovo palazzo

Ma veniamo al progetto architettonico attuale. L’edificio storico inglobato in quello nuovo è fatto da mattoni rossi, così la parte nuova ha ripreso gli stessi materiali, abbinandoli ad altri, con un senso di continuità ma anche di proiezione verso il futuro.

Il primo spazio che incontriamo è pensato come una sorta di “agorà” contemporanea, come ci informa la guida, sottolineata dalla pavimentazione tipica da esterno.Le vetrate danno su un giardino in cui sorge la casa dove la famiglia Campari trascorreva le vacanze. Casa e bottega per intenderci.

La torre con il robottino

La casa è ora adibita come scuola di bar-tender e come ristorante. Due torri, destinate a uso residenziale, affiancano il quartier generale. Si intravede nella struttura un robottino, chiaro omaggio di Botta a un disegno del 1924 di Fortunato Depero che tanto ha fatto per questo marchio conosciuto in tutto il mondo. Depero, esponente futurista, lavora per l’azienda dal 1926 al 1936.

Due pupazzi di Depero ci accolgono per farci capire come Campari, insieme a questo artista, fosse già negli anni ’30 molto “contemporaneo” nella visione del marketing aziendale: pupazzi decorativi, oggetti di merchandising staccati dal prodotto, per far conoscere il marchio, come si fa oggi ma che per quei tempi era una cosa assolutamente originale e fuori dal comune.

Depero li chiama arredi pubblicitari.

Forse non tutti sanno che l’iconica bottiglietta del Campari Soda, a forma di calice rovesciato, è stata disegnata proprio da Depero nel 1924. Una forma talmente unica e fortunata che può permettersi di non avere etichetta ma di concentrare le informazioni sul tappo. Il Campari Soda viene messo in commercio nel 1932.

Oggi l’azienda ha circa 50 prodotti in commercio ma fino agli anni ’90 è andata avanti con tre soli prodotti il Bitter Campari, il Cordial Campari e il Campari Soda.

Non a caso campeggia un manifesto con la foto di Davide Campari che recita “Non basta una vita  anche per un solo prodotto”.

Il Cordial Campari, prodotto con cognac e lampone di montagna, era stato introdotto intorno al 1887 per le “signore” o, in generale, per chi preferiva un gusto più dolciastro. La produzione del Cordial Campari è stata abbandonata intorno agli anni ’90, nonostante alcuni ne sentano ancora la mancanza.

Il Campari Soda è la prima bevanda premiscelata della storia, fatta da Bitter Campari e Selz: l’aperitivo per tutti. Una rivoluzione, sia in termini di bevande, sia per il designassolutamente unico e originale della bottiglietta.

La Galleria si apre con una serie di schermi che permettono di vedere la copiosissima produzione pubblicitaria, parzialmente esposta in questo spazio: cartelloni, pubblicità televisive e su carta… alcune delle quali assolutamente meravigliose,  spesso interpretate da grandi star internazionali. In una vecchia pubblicità c’è David Niven, in un’altra più recente Salma Hayek, Benicio del Toro… e via dicendo. Non manca Kelly LeBrock, la donna in rosso, testimonial “obbligato”.
Si possono vedere le molte opere realizzate dai tanti artisti che hanno collaborato con questa azienda; tra di loro, Ugo Nespolo con la sua allegra e coloratissima partita, realizzata per i Mondiali di Italia ’90.

E ancora, gli stupendi e raffinati collage di Mochi, esposti anche al Moma, il suadente e ai tempi scandaloso manifesto di Dudovich con un lato B in primo piano e una donna che si versa da sola il Cordial Campari tra amici e amiche, in un’epoca in cui, nel dopo cena, gli uomini si allontanavano per fumare il sigaro. Nel manifesto vediamo anche che i bicchierini erano già all’epoca brandizzati.

Campeggiano poi tre manifesti che hanno fatto la storia della Campari.

Sono immagini che oltre a reclamizzare il prodotto, ne consigliano l’uso appropriato (il Bitter con il Selz per l’aperitivo e il Cordial per un dopo cena con frutta e biscotti), come succede ormai oggi su tutti i prodotti alimentari (come cucinare la pasta, come utilizzare un certo prodotto).

Fra tutti “Lo Spiritello” del 1921 di Leonetto Cappiello, un artista livornese che operava a Parigi,  internazionalmente conosciuto come modernissimo e originale cartellonista.

Uno Spiritello che, oltre a richiamare l’alcol, si presenta in veste di diavoletto tentatore.

La bottiglia perde la scena principale: la figura deve far ricordare al consumatore il prodotto: “il Bitter è quello del clown che esce da una buccia di arancia” (che per altro sottolinea ancora una volta un consiglio per il consumo). Il giullare come testimonial di un brand.
Sempre attento alla comunicazione, Davide Campari si affida a Bruno Munari e acquista tutti gli spazi pubblicitari della neonata Linea 1 della Metropolitana Milanese: la linea rossa.Un’occasione troppo ghiotta. Munari crea un collage di scritte che seguono il passeggero per tutto il percorso formando sempre la parola Campari.

Al secondo piano della Galleria, si trovano invece oggetti, bottiglie e memorabilia legati al mondo Campari.

 Stupisce vedere come anche l’iconica bottiglietta del Campari Soda sia stata pensata per una efficace ottimizzazione dello spazio nella cassetta di trasporto.

In una cassetta ci stanno 100 bottigliette.

Per non parlare delle maniglie per il trambrandizzate, a cui si affiancano orologi, bicchieri e tanti oggetti che abbiamo imparato a conoscere in tutti questi anni. L’oggetto più strano è senz’altro un automa degli anni ’50.

E tra tutti gli oggetti, uno dei miei preferiti è senz’altro la bellissima lampada di Ingo Maurer.

Alla fine del percorso, l’evoluzione della bottiglia del Bitter Campari, con tantissimi campioni esposti, da quelli degli esordi fino all’attuale.

Tra le tante bottiglie esposte, la più divertente è quella prodotta per il mercato statunitense, negli anni del proibizionismo che riporta la scritta “for medical purpose”.

 Un’idea forse molto italiana per aggirare una legge americana.

E per finire una  buffa curiosità.

Per mettere una sorta di stemma sulle bottiglie di Bitter Campari, per assonanza venne deciso di mettere due CANI PARI.

Io non lo avevo mai notato.

La visita finisce.

Resta l’immagine rossa, gioiosa ma al tempo stesso raffinatissima, innovativa di un marchio italiano conosciuto in tutto il mondo, ma soprattutto lo sguardo visionario e al tempo stesso concreto di un grandissimo imprenditore.

Non credo che sia un caso se ancora oggi, pur essendo una multinazionale, il Gruppo Campari ha mantenuto il nome Davide Campari – Milano S.p.A.

Un solo suggerimento: finire la visita con un bicchiere di Bitter Campari o di Campari Soda sarebbe stato il completamento perfetto!