Ci sono vini che si possono apprezzare solo col tempo e non mi riferisco all’invecchiamento proprio della bottiglia ma alla evoluzione del gusto individuale. Vini “difficili”, timidi se vogliamo, che una volta interpretati correttamente restituiscono gioia e soddisfazione. Vini che non si manifestano subito. Il re dei timidi, per me, è il pinot nero, seguito dal riesling renano. 
La prima volta che “Riesling” appare in una pubblicazione risale al 1552 e fa riferimento a un’uva del Rheingau, da dove si è gradualmente diffuso in tutto il pianeta. L’origine del nome ha diverse versioni: una, la più antica, lo fa risalire al tedesco reissen, che vuol dire “dividere” e fa riferimento a come l’acino si apra in due, schiacciato tra le dita. La seconda versione, meno nobile, fa risalire il nome alla tendenza del riesling all’acinellatura, che in tedesco si dice verrieseln. Una terza versione lo fa derivare dall’espressione reissende tiere, animale selvatico, per via dell’aroma appena muschiato proprio del riesling.


Non è facile declinare il riesling nelle sue molteplici versioni, anche perché quest’uva riporta fedelmente il terroir dal quale proviene; inoltre a rendere più affascinante questo vitigno ci pensa un’altra peculiarità: la longevità, che può giungere a livelli inaspettati per i vini bianchi. Da un punto di vista olfattivo le note comuni a quasi tutti i riesling sono nuances di fiori bianchi e mela renetta in gioventù, fino ai classici sentori di idrocarburi per quelli più evoluti.

Il riesling è resistente al freddo ed ama le escursioni termiche e questo gli permette di adattarsi molto bene in climi continentali non particolarmente miti; ne è testimonianza la meritata fama che gode in Francia (in Alsazia) e soprattutto in Germania (in alcune valli del Reno, come Mosella e Saar): dopotutto è lì che è nato. 
Il grappolo possiede acini rotondi e piccoli: questa caratteristica consente una maggiore esposizione della buccia agli eventi atmosferici e lo rende adatto all’attacco delle muffe nobili. L’ingegno dell’uomo ha capovolto quella che poteva essere una sciagura naturale in un quid plus : specialmente nei vigneti poco areati, infatti, l’attacco della muffa può mettere in pericolo l’intero raccolto. Con l’azione della botrytis cinerea, gli acini perdono volume liquido ed acquistano, di contro, una naturale e benevola concentrazione zuccherina. Il risultato è un vino che raggiunge, in modo naturale, un ottimo equilibrio acidità/alcol, in grado, in certi casi, di provocare nel degustatore la fuoriuscita di una lacrima (di commozione).

Se passate in Alsazia provate a bere un vino appartenente alla Selection de Grain Nobles e fatemi sapere. 

In Italia non si producono vini di questo tipo, tuttavia il riesling renano è diffuso in tutto il Settentrione,  soprattutto nell’Oltrepò pavese. E qui torniamo alla visita fatta all’azienda Conte Vistarino nel maggio scorso (qui maggiori dettagli). In quella circostanza acquistai una bottiglia di Ries 2011, prodotto con riesling renano, ca va sans dire.

Ero davvero curioso di provare questa bottiglia, un po’ perché Conte Vistarino è un’azienda che lavora benissimo, un po’ perché mio malgrado non mi ero ancora imbattuto in molti riesling lombardi degni di nota. Apro quindi il Ries 2011 decidendo di mettere da parte preferenze e pregiudizi.

Ries 2011

Il colore si presenta giallo paglierino scarico, con lievi riflessi verdognoli. 

Al naso mi aspetto il classico sentore del riesling, ovvero lo sbuffo di idrocarburo e mela renetta, e infatti mi sbaglio (pregiudizio!), forse un accenno di mela renetta c’è ma si tramuta presto in un delicato profumo di pera e pesca noce, accompagnato da una piacevole nota di ciclamino.

Mi piacciono i vini sottili, che partono delicatamente per poi esplodere, e il Ries mi sembra proprio uno di quelli; la voglia di provarlo mi fa passare presto al sorso e, qui non me ne voglia nessuno, non posso che sottolineare la corrispondenza “etichetto-olfattiva“. Sul retro della bottiglia infatti si citano acidità, sapidità e mineralità del vino, ed è proprio ciò che riscontro nel bicchiere, in uno spartito di note in equilibrio. E’ forte la nota di gesso, e il sorso è snello e veloce.

Poi mi dedico ai fornelli, lascio riposare il vino qualche minuto nel calice e quando lo riprovo si avvera la magia del vino… il Ries con un paio di gradi in più è cambiato! La pesca noce è diventata percoca e il ciclamino diventa fiore di sambuco, in un tripudio complessivo fatto di equilibrio vitale perché mineralità, fiore e frutto vanno a braccetto come nei migliori ménage à trois vinicoli.  Il tutto per la gioia della bevibilità che non rallenta mai anzi, complice una notevole PAI, aumenta!

Un vino quindi davvero ben fatto e mi sento di dire che ha ancora dei margini di miglioramento; inoltre è interessante da un punto di vista didattico poiché può piacere sia a coloro che non amano i vini sofisticati che a coloro che mirano a una certa ricercatezza di gusto. 
Si abbina ad un aperitivo con crostacei oppure primi piatti con verdure.

82/100

Ha collaborato Gianpaolo Arcobello Varlese