Tra le fortune delle nostra bella Italia vi è quella di produrre ottimo vino, ma (de)scriverla così è decisamente riduttivo. La luce che fa brillare il movimento è particolarmente limpida in virtù di altre considerazioni extra produttive, a partire dal contesto culturale, sociale e finanche geografico che non hanno un rapporto diretto con l’aspetto qualitativo del vino stesso. O forse sì. In certi luoghi dove il vino è storia, fa la storia e la detta da secoli il vino che si produce è sempre di qualità, indipendentemente dal produttore.
La Valpolicella è uno di questi posti magici? Assolutamente sì. La zona classica, ad ovest, è divisa in cinque aree geografiche distinte: Sant’Ambrogio, San Pietro in Cariano, la vallata di Fumane, la vallata di Marano e quella di Negrar. A nord est sorge la Valpantena, dal greco “Valle degli Dei”: ci siamo stati, ospiti della Cantina Valpantena, per una giornata di approfondimento non privo di spunti storici e culturali.
La Cantina
Cantina Valpantena è una bella realtà cooperativa, che da poco compiuto i 60 anni. I soci sono 250 ai quali si sono aggiunte 110 aziende olearie, per un totale di quasi mille ettari e una produzione vinicola annua intorno ai dieci milioni di bottiglie. La linea di punta si chiama Torre del Falasco e prende il nome da una installazione medievale tuttora situata nella frazione di Stallavena, utilizzata come covo da un brigante nel 1600: un simbolo fortemente legato al territorio e motivo di racconto di storie e tradizioni. E tutti sappiamo che quando si parla di storia e tradizioni il vino può ben dire la sua. La Cantina produce anche una linea denominata Alfabeto, oli, grappe e aceti; si è dotata di cinque punti vendita, uno dei quali extraregionale, ad Almè, in provincia di Bergamo.
Il fruttaio
Prima tappa della giornata… in Amarone il fruttaio di Sezano: inaugurato nel 2015, con i suoi 17.000 quintali di capacità è tra i più grandi della Valpolicella. Luca Degani, direttore della Cantina e Stefano Casali, agronomo, spiegano con giustificato orgoglio che il fruttaio è concettualmente di nuova generazione, consente il controllo della temperatura in caso di necessità e riduce al minimo il rischio di muffa. Il fruttaio è pieno, almeno nella zona che attraversiamo, e devo dire che sembra tutto estremamente organizzato: grosse ventole amplificano il ricircolo d’aria mentre personale specializzato verifica con regolarità scaffale per scaffale che tutto proceda liscio. L’uva che riusciamo a scorgere è bella, sana e profumata.
Ci spostiamo in una delle aziende conferitrici, quella di Angelina Anselmi a Grezzana: stanno vendemmiando ed è facile per noi scorgere la sanità del grappolo raccolto. L’azienda conta otto ettari, per lo più uve corvina e rondinella, ma c’è anche qualche filare di garganega, che il presidente della Cantina Valpantena, Luigi Turco, ci fa assaggiare: bella, sana, dolcissima. In questo scorcio di Valle si può osservare tutta la biodiversità che la caratterizza: non ci sono solo vigne ma anche fichi, ulivi e un grande bosco. Quelli di questa zona sono terreni esposti a sud, tradizionalmente coltivati anche a broccoli e verze. Dalla collina si può osservare la Valle degli Dei, bella e immobile alla luce del tramonto.
La Torre del bandito Falasco e la storia di Angiolina Lonardi
Tra le alture Grezzana e Stallavena è ancora ben visibile il simbolo di questi luoghi e di questi vini: la torre del
bandito Falasco. Il professor Bruno Avesani ci ricorda come la Valpantena storicamente è sempre stata sotto il controllo della città di Verona, è una delle valli che mette in comunicazione la città di Verona col Trentino. I resti del castello che si possono ancora osservare, tra cui la torre ancora in ottimo stato, appartengono al maniero fatto costruire nel XII secolo dalla famiglia Turrisendi. Quando il castello non venne più utilizzato le strutture vennero utilizzate da bande di ladri, tra cui Paolo Bianchi di Bregantin: il bandito Falasco. Si narra – è storia ben documentata – che il Conte Provolo Giusti si invaghì sul finire del XVII secolo della bella Angiolina Lonardi la quale, tuttavia, era già segretamente promessa al marchese Sagramoso. Vistosi rifiutato Provolo Giusti si accordò con la banda del Falasco per rapire Angiolina: appena rapita la giovane fu portata a Ferrara, in una zona controllata dallo Stato Pontificio ma il marchese Sagramoso, aiutato dal governatore veneziano, riuscì comunque a rintracciarla e a farla liberare. Provolo Giusti fu arrestato e il bandito Falasco impiccato. Angiolina e il marchese si sposarono ma non c’è lieto fine, in questa storia: dopo appena due anni Angiolina morì.
La degustazione
Il momento finale della giornata è stato scandito dalla verticale di Amarone, con un “intruso”, tenutasi presso l’
Osteria Al Ritorno di Grezzana. Sette vini in degustazione, sei Amarone e un Valpolicella Superiore. Pronti via con l’
Amarone Torre del Falasco 2012, che si presenta di un bel rubino brillante. I colori saranno importanti in questa degustazione poiché – lo scopriremo dopo – sono testimoni di un cambiamento concettuale di interpretare l’amarone. In questo caso il rubino anticipa uno spartito olfattivo declinato su note di frutta sotto spirito, amarene in particolare, e pot-pourri, noce moscata, sbuffi erbacei. In bocca è avvolgente, più fresco che tannico. Croccante.
A seguire l’Amarone Torre del Falasco 2008, decisamente più concentrato e impenetrabile del precedente, ha anche maggiore consistenza. All’olfatto inizialmente è piuttosto scomposto, ma è solo questione di qualche minuto, perché ossigenandolo per bene torna ad acquistare i caratteri che gli sono propri: ciliegia, cioccolato fondente e liquirizia. Il sorso è centrato, maturo, lungo.
È il turno dell’Amarone Torre del Falasco 2006: qui il rosso vira nettamente al granato e i profumi rivelano una bella evoluzione, fondata su sentori di frutti neri su una sinfonia piacevolmente mentolata. La bocca è ben sapida, caratteristica effettivamente comune a tutti i vini in degustazione, densa, appagante. Grande vino! Con l’Amarone Torre del Falasco 2001 facciamo ancora un passo indietro nel tempo, con note ancora più dark: prugne in confettura, timo e note terziarie in evidenza al naso, gusto morbido, maturo, non troppo energico.
Annata 1997 delll’Amarone Torre del Falasco: granato, non molto luminoso. Al naso non è estroverso, anzi è piuttosto timido e occorre qualche rotazione per percepire aromi di viola, cacao, salamoia, arancia sanguinella, felce. Il gusto sfida il palato più di fioretto che di spada, con ritorni coerenti di cioccolato. È maturo, nel senso che il momento migliore di questa bottiglia è già passato, ma è comunque un bel bere.
Chiudono la degustazione due prodotti di
Brolo dei Giusti, una cantina “figlia” della cooperativa, nata nell’anno del sessantesimo compleanno di Cantina Valpantena, con un proprio marchio e concepita per una produzione di estrema qualità: il
Valpolicella Superiore 2013 ha un bel vestito rosso rubino, molto luminoso e sorprende per una precisione olfattiva da campione: fiori di ciliegio, viola, cedro del Libano e pepe bianco. Palato coerente e ben bilanciato, con un bel finale intriso di mandorla amara. E per finire l’
Amarone Brolo dei Giusti 2011, rubino tendente al granato e consistente, manifesta complessità attraverso sentori di agrumi, tabacco biondo e fieno; solo dopo emerge la componente fruttata, con profumi classico di visciola matura. Palato potente, morbido ma non alcolico, ricco, e perennemente danzante tra eleganza e potenza. Chapeau!
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