di Stefano Quatrini – Sommelier e Degustatore Ufficiale AIS

 

hai visto le generose montagne siciliane coperte da vigneti. Hai bevuto a Messina, a Palermo e sull’Etna, Catania ti ha riempito il calice.

Jan Andrzej Morsztyn – “Georgiche” – 1643-1644

Arianna Occhipinti

Per varie ragioni, in passato, ho frequentato con discreta assiduità la Sicilia assorbendone profumi e sapori e nei vini di Arianna Occhipinti ne ritrovo tutto il meglio.

Non ho, invece, mai conosciuto direttamente Arianna Occhipinti, che ho solo fugacemente incrociato durante qualche degustazione. Non la conosco, quindi, eppure ogni volta che assaggio i suoi vini mi sembra naturale attribuirne a lei soltanto la maternità: suggestione o meno, non riesco ad immaginare altri a fare i suoi vini.

Il mio è sicuramente un vino naturale, ma ancor prima un vino di territorio. Con queste parole Arianna Occhipinti definisce i suoi vini ed introduce alcuni concetti a fondamento della sua filosofia produttiva: il rispetto per l’ambiente e per il vino che viene prodotto, ma anche per chi lo beve perché avrà un vino sano e sincero. E anche buono.

E buoni sono tutti i suoi vini. Buoni e unici.

Quegli odori di alga seccata al sole e di capperi e di fichi maturi non li ritroverà mai da nessuna parte; quelle coste arse e profumate, quei marosi ribollenti, quei gelsomini che si sfaldano al sole

Dacia Maraini

L’ “SP 68bianco è il vino di quel viaggio iniziato migliaia di anni fa dai contadini che percorrevano le assolate strade della Sicilia per portare uva e vino, in anfore ancora prima che in botti, dall’entroterra al mare. Il nome stesso del vino, “SP 68″, richiama la strada statale 68 che ancora attraversa i vigneti di Vittoria.

Per metà zibibbo e per metà albanello, è un vino giallo paglierino carico (per la macerazione sulle bucce di quindici giorni) e luminoso, dal naso intenso, con sentori di gelsomino, fiori gialli, erbe aromatiche, timo e rosmarino. Il vino assaggiato è un 2015, ed è dotato di buona freschezza e di una pienezza gustativa che lascia soddisfatti. Equilibrio perfetto fra l’austerità dell’albanello e l’esuberanza del moscato. In abbinamento con l’insalata eoliana e poi con le sarde a beccafico con pesto di agrumi ti invoglia a continuare l’assaggio.

Insalata eolianaPoi ci sono i rossi. Vini diversi fra loro, ma assimilati da alcune note comuni che si presentano con sfumature ed intensità differenti: la frutta rossa e, in particolare, il sentore dell’arancia di Sicilia, la nota terrosa, a tratti salmastra, a tratti gessosa, che introduce i profumi tipici della macchia mediterranea, sbuffi balsamici, un caleidoscopio di erbe aromatiche – timo, origano e rosmarino – e di spezie, anche quelle pungenti come il pepe nero.

Sono il “Frappato” 2014, frappato di Vittoria in purezza, che brilla nel bicchiere di un rubino leggermente trasparente, il “Siccagno” 2013, nero d’Avola in purezza, con veste sempre rosso rubino, ma più impenetrabile ed infine il “Grotte Alte” (2012 e 2008), connubio perfetto fra nero d’Avola e frappato.

Quando li bevi non puoi non pensare alla Sicilia: il sorso riempie la bocca, la avvolge e la stravolge. Sono vini selvaggi, ma allo stesso tempo eleganti, sottili, scattanti. Sono il risultato dei terreni calcarei, delle forti escursioni termiche e della costante ventilazione dai monti Iblei.

Questi vini hanno smentito un tenace pregiudizio, durissimo a morire, secondo cui i vini rossi non si sposano bene con il pesce; l’abbinamento con baccalà alla siciliana su letto di fave ha dimostrato che anche i rossi possono accompagnarsi a piatti a base di pesce, purché adeguatamente strutturati, senza prevaricare, né disturbare.

Montalbano a tavolaVini che immagini serviti nell’osteria della Santuzza, luogo di perdizione e vizio de “I Malavoglia”, ma anche a celebrare le raffinate portate messe in tavola a Villa Salina così come descritto ne “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Vini senza tempo che sarebbero stati apprezzati da Federico II di Svevia così come li gradirebbe oggi il Commissario Montalbano.

L’attenzione al biologico, alla valorizzazione dei vitigni locali, l’uso dell’alberello e del guyot, i lieviti indigeni, l’affinamento in grandi botti di rovere di Slavonia contribuiscono al proposito della Occhipinti di realizzare non solo un vino naturale, ma anche un vino buono che non può che essere anche un vino umano.

E con il “Passo Nero” 2013, nero d’Avola in purezza, passito terre siciliane IGT, si completa il recupero della tradizione – i vecchi facevano appassire le uve per poterle meglio conservare durante l’inverno – ma si strizza l’occhio anche all’oggi in cui non si disdegnano vini morbidi, giustamente dolci, intensi e goduriosi. E allora capisci Freud che parla della Sicilia come

la più bella regione d’Italia: un’orgia inaudita di colori, di profumi, di luci, una grande goduria”.