di Claudio Ciavarella, sommelier A.I.S.
A pochi passi dal centro di Torino si erge una collina dalla quale si può ammirare la vista sulla città.
Proprio su questa collina si erge una villa sabauda di inizi 1600 voluta dal Principe Maurizio di Savoia chiamata inizialmente Villa Ludovica.
Col passare degli anni fino al 1868 questa fu la residenza di duchesse, principesse e regine del Regno di Sardegna prima e d’Italia dopo. Per questo motivo fu chiamata Villa della Regina.
Danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra, come spesso accadde per tante delle meraviglie di cui l’Italia è piena, la villa è andata in decadenza.
Solo quando nel 1994 diviene proprietà dello Stato iniziano i progetti di restauro. La villa è stata riaperta al pubblico solo nel 2006 e oggi fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco. Anche i giardini sono stati restaurati e nel 2016 sono stati inseriti tra i 10 parchi più belli d’Italia.
Insieme alla villa, nel citato parco, è stato anche recuperato il vitigno presente fin dai primi anni di vita della villa. In realtà è stato completamente reimpiantato con barbatelle, in prevalenza di freisa.
È stato scelto questo vitigno in quanto fino alla fine dell’800 era il più utilizzato nei dintorni di Torino e perché genealogicamente parente del nobile nebbiolo.
Nel 2006 è stata fatta la prima vendemmia e grazie alla famiglia Balbiano, che ha preso la gestione del vitigno, le prime bottiglie a vedere la luce sono datate 2008. Fanno parte della DOC Freisa di Chieri e Collina Torinese. La famiglia Balbiano, attiva da tre generazioni, ha l’attività principale nella cantina di Chieri e la visita alla loro produzione è molto interessante, anche grazie alla loro cortesia e gentilezza.
Essendo i vitigni posti nel suolo urbano di Torino, questo vino può fregiarsi di essere l’unica DOC urbana al mondo. Negli ultimi anni questo vitigno si è gemellato con altri due vitigni urbani: Castello di Schönbrunn a Vienna e il Clos Montmartre di Parigi.
Tra i vari vini prodotti c’è proprio il Villa della Regina, ottenuto con le uve del vitigno della collina torinese.
Al calice si presenta di colore rosso rubino con riflessi aranciati. Dal colore e dall’annata si evince che è un vino maturo ma non ancora vecchio. Infatti al naso si sentono ancora bene i profumi di ciliegia e lampone maturi. In bocca vi è corrispondenza con i sapori fruttati, che continuano a presentarsi anche dopo il primo sorso.
Forse il tannino ha perso la rotondità rispetto alla prima degustazione fatta tre anni fa della stessa annata. Io l’ho degustato con un piatto di pasta al forno con melanzane e formaggio di fossa che hanno assopito il tannino leggermente spigoloso.